Da "Umanità Nova" n.37 del 28 ottobre 2001
Spaghetti e mitragliatrici
Dove c'è Barilla c'è casa
Diabolica Internet! Le informazioni contenute nella rete delle reti, le
possibilità di collegamento che essa permette, i contatti che viaggiano
alla velocità della luce sono un'arma micidiale per chi come noi indaga
sull'operato delle aziende allo scopo di monitorarne il comportamento etico.
Un trafiletto estivo de IlSole24Ore (28/6/2001) si soffermava su una delle
aziende più amate dagli italiani, ma che non essendo quotata in borsa
è circondata da un alone di mistero per quanto riguarda il suo assetto
proprietario. Recitava l'articolo: "La Holding Barilla, contrariamente a
Granmilano (proprietaria dei marchi Le Tre Marie, Panem e gelati Sanson)
è controllata per l'85% dei tre fratelli Guido Maria, Paolo e Luca
Barilla e per il restante 15% dalla famiglia svizzera Anda, rappresentata in
consiglio da Gratian Anda".
Così ho pensato di mettere alla prova la capacità delle Rete, per
capire chi fosse il convitato di pietra che sedeva accanto agli storici
fondatori del gruppo alimentare emiliano, e che nel 2000 ne risultava anche
vice-presidente.
BARILLA IN MANO A PRODUTTORI DI ARMI
È stato facile risalire alla IHAG, holding zurighese di investimenti
(sita in Bleicherweg 18), diretta da Gratian Anda, ultimo rampollo della
famiglia Bührle-Anda. Una notizia, riportata su numerosi siti economici,
affermava che grazie ai buoni uffici della famiglia, la holding aveva definito
nel dicembre 2000 l'acquisto della Pilatus Aircraft assieme ad un manager del
Credit Suisse messosi poi in proprio, un islandese che aveva fatto fortuna con
l'industria del pesce tanto da trasferirsi in Svizzera, e i soldi del fondo
pensioni del gruppo farmaceutico Hoffmann-La Roche.
La Pilatus è una società dell'industria di difesa aerospaziale
svizzera, con filiali negli Stati Uniti e in Australia, che già
apparteneva al gruppo Oerlikon-Bührle (www.obh.ch/english/html/welcome
.htm), leader principale del settore. Il nonno di Gratian Anda, Emil Georg
Bührle, fondò questo gruppo che durante la Seconda Guerra Mondiale
si distinse nel rifornire di armi la Wehrmacht. Il dizionario storico della
Svizzera, ospitato sul sito della biblioteca nazionale svizzera in una pagina
ad accesso riservato ma non troppo, stima che nel solo periodo che va dal
giugno 1940 al settembre 1944, il patrimonio personale della famiglia
passò da 140.000 franchi svizzeri a 127 milioni grazie a questo
deplorevole commercio (www.snl.ch/dhs/externe/protect/textes/ D27701.html),
mentre un'inchiesta condotta dal periodico francese L'Hebdo nel 3 settembre
1998 (www.webdo.ch/hebdo/hebdo_1998/hebdo_36/armes_36.html) dimostrava
l'esistenza di commesse per l'esercito tedesco in guerra pari ad un miliardo di
franchi.
Gli anni del dopoguerra segnarono l'inizio di una saga familiare irresistibile.
Nel 1956, i figli Hortense (la madre di Gratian Anda) e Dieter ereditarono
azioni e metodi spicci dal fondatore: Dieter e tre suoi collaboratori furono
condannati dal Tribunale federale nel 1970, per vendita d'armi al Sudafrica e
alla Nigeria, paesi in guerra, mentre l'European Network Against Arms Trade
(www.antenna.nl/enaat/switzerl.html) documentò vendite di fucili
d'assalto, razzi e missili contraerei all'Indonesia per 1,8 milioni di franchi
svizzeri tra il 1982 e il 1993 attraverso la controllata Contraves, nonostante
l'embargo in corso per violazione dei diritti civili.
Le vendite proseguirono nello stesso 1993, per importi pari a 10 milioni di
franchi, grazie alle forti pressioni che il gruppo mise in atto per convincere
il Parlamento Svizzero ad autorizzarle.
Nel 2000 il gruppo Oerlikon-Bührle si è dato un nuovo look
cambiando il nome in Unaxis (www.unaxis.com/) e diversificando gli investimenti
nei modi più vari, come ad esempio un grazioso hotel sul lato svizzero
del Lago Maggiore, e appunto l'attuale partecipazione in Barilla.
OPERE D'ARTE FRUTTO DI SPOLIAZIONI
Un risvolto inquietante della fornitura di armi al III Reich fu il sistema di
pagamento stabilito dal feldmaresciallo Hermann Göring durante gli anni
della seconda guerra mondiale. Un comunicato stampa del gennaio '99 dall'Ente
opere d'arte frutto di spoliazioni (www.kultur-schweiz.admin.ch/bak/medi_i.htm, ma la pagina è stata rimossa nel settembre scorso),
insediato presso l'Ufficio federale svizzero della cultura, insinuava che una
parte dei quadri appartenenti alla famosa Fondazione E. G. Bührle
provenisse da un traffico illecito organizzato da Theodor Fischer, un mercante
d'arte attivo a Lucerna ed in gran confidenza con l'establishment nazista,
assieme a Rudolf Ruscheweyh, spia dei servizi segreti tedeschi e legale
rappresentante della Oerlikon in Germania.
Fin dalla sua fondazione nel 1960, la sede della Collezione Bührle
è a Zurigo. La sua sezione più apprezzata è quella
dedicata all'Impressionismo francese: Cézanne, Monet, Renoir, van Gogh,
Gauguin, Braque, Picasso; ma trovano posto anche i maestri veneziani del 18deg.
secolo come quelli olandesi del secolo precedente, oltre ad un importante
gruppo di sculture medievali.
Proprio la sezione francese è sospettata essere quella rubata dai
comandi nazisti alla Collezione Israelita di Parigi, e un'inchiesta effettuata
dal periodico francese L'Hébdo il 27 maggio 1999
(www.webdo.ch/hebdo/hebdo_1999/hebdo_21/dossier3_21.html; altri dossier vennero
pubblicati con i numeri 36 e 49 del 1998) documenta come, tramite triangolazioni
con il Liechtenstein, il commerciante d'armi svizzero riuscì ad
impossessarsi di preziose opere d'arte frutto della rapina in corso in Francia
da parte degli invasori tedeschi.
CONTAMINAZIONI DA URANIO IMPOVERITO
Come se non bastasse, il Corriere del Ticino del 15 gennaio scorso
(www.cdt.ch/online/ news/15012001/15012001150456.asp) riportava la notizia
secondo la quale erano in corso accertamenti su circostanze e possibili
conseguenze dei test con munizioni all'uranio impoverito effettuati negli anni
Settanta dalla Contraves, nel comune svittese di Unteriberg. L'attuale
direttore del poligono di tiro della Contraves a Unteriberg è malato di
leucemia, e questo ha fatto scattare i controlli sull'area in cui è
insediata l'azienda di armi.
Già nel 1997 la commissione del Consiglio nazionale per la politica di
sicurezza si era fatta informare dal Dipartimento della difesa in relazione
all'acquisto di munizioni per carri armati contenenti wolframio (o tungsteno),
un altro metallo pesante. L'allora capo dell'armamento Toni Wicki aveva
spiegato per iscritto che il wolframio non presentava alcun pericolo.
Il quotidiano spagnolo El Mundo, il giorno successivo, riprendeva la notizia
secondo cui Javier Solana, responsabile della politica estera della Unione
Europea, chiedeva approfondimenti su quanto veniva denunciato relativamente al
conflitto in Kosovo appena terminato; secondo il Dipartimento Federale della
Difesa Svizzero infatti, i bombardamenti con munizioni contenenti uranio
impoverito furono rese possibili dalla produzione negli anni '70 di tali
ordigni dalla Contraves, settore militare della impresa Oerlikon Bührle.
Nessuno sapeva però precisare chi avesse autorizzato la produzione, e
soprattutto chiarire come i residui delle munizioni fossero stati eliminati.
IL MULINO BIANCO È UNA CIMINIERA NERA (Beppe Grillo, spettacolo 1995)
Qualcuno dovrebbe spiegarci perché una azienda come la Barilla, condotta
da una famiglia molto nota in Italia per l'approccio moderno e dinamico
all'economia, abbia deciso di ammettere in casa propria un investitore come
questo. Sicuramente appropriato risulta il famoso detto "pecunia non olet", ma
forse a monte vi è una fortissima intenzione del mercato bellico ad
impiegare gli enormi profitti lucrati in questi anni di guerre fredde e calde,
ovvero il tentativo di trovare sbocchi meno impopolari a questi flussi di
denaro sporco di sangue.
In Italia anche l'azienda leader del settore, Finmeccanica, tenta di
diversificare le sue attività nei rami tecnologici più avanzati
(telecomunicazioni, microprocessori); in Francia il gruppo
Matra-Lagardére ha acquistato in questi anni
Hachette-Filipacchi-Gallimard, il più grande editore francese
(proprietario anche dell'italiana Rusconi), mentre per alcuni mesi il secondo
operatore italiano di telefonia, Omnitel-Infostrada, è stato posseduto
dalla tedesca Mannesmann, che nello stesso periodo tramite una sua controllata
riforniva il governo turco dei carri armati utilizzati nella repressione
curda.
Rimane comunque difficile continuare a far colazione con le famose merendine
del Mulino di fronte alla prospettiva di ingrassare questo mercato. (...)
Paolo Macina
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