unlogopiccolo

Da "Umanità Nova" n.37 del 28 ottobre 2001

Lavoratori in sciopero
Contro la guerra e la finanziaria

Come periodicamente annunciato da più parti, il tanto decantato, e quasi rituale, autunno caldo prova ad affacciarsi sul panorama politico e sindacale nazionale. Carne al fuoco ce ne sarebbe: contratti in scadenza (quello dei metalmeccanici in particolare), elezioni RSU (nel pubblico impiego), solita finanziaria neoliberista, e, non meno importante, la guerra in corso. Parecchie cosette che, nel campo del sindacalismo di base, e più in generale in quello della lotta di classe, significano importanti occasioni di lotta, di intervento e di crescita ma che, paradossalmente, sembrano in queste ultime settimane difficilmente gestibili se non causa di confusione e di ulteriori manifestazioni di debolezza e divisioni all'interno del variegato arcipelago del sindacalismo autogestionario. È chiaro il riferimento agli scioperi previsti, almeno quattro, per le scadenze autunnali che vanno dal 19 ottobre al 16 novembre, più uno virtuale, quello unitario contro la guerra, ancora tutto da decidere. C'è già stato lo sciopero dell'Unicobas, prevalentemente categoriale, del settore scuola, e contro le scelte della ministra Moratti, della finanziaria berlusconiana e, data l'attualità dell'argomento contro la guerra. La riuscita può considerarsi buona, rivelando una partecipazione del 10% nei luoghi dove l'Unicobas è più presente. Seguono poi altri due scioperi, quello del Cobas scuola e della Cub, Slaicobas e Usi-Lazio (cui si dovrebbe aggiungere anche il Sincobas, in contrapposizione con la scadenza data della confederazione Cobas di appartenenza), sempre sulle questioni politiche e sindacali sopra citate, programmati rispettivamente per il 31 ottobre e per il 9 novembre. Ad onor del vero sembra che lo sciopero del 31 sia nato come iniziativa categoriale della scuola, ed in seguito, per motivi "contingenti" allargato agli altri settori, a differenza dello sciopero della Cub che nasce proprio come sciopero generale contro la finanziaria e la guerra. In più, come se non bastasse, a complicare ulteriormente la situazione, c'è lo sciopero della Fiom (che non è di certo un sindacato di base, ma è ancora il più rappresentativo nel settore metalmeccanico nonostante la sua diabolica natura concertativa), che cerca di recuperare consensi attorno a se, e dissensi verso il cattivone governo di centrodestra (dimenticandosi di quello che non ha fatto contro i cattivoni governi di centrosinistra). Una veste "nuova" che la Fiom ha subito incominciato ad indossare all'indomani dell'elezioni politiche e che ha provato a sfoggiare per la prima volta, con i risultati noti, durante le contestazioni contro il vertice del G8 a Genova. È ovvio che la scadenza del 16 novembre rende ancora più difficile da gestire la protesta a livello di base, specie per l'opera di recupero che verrà fatta nel settore privato, dove si metteranno i lavoratori di fronte l'impossibilità di fare nell'arco di una settimana due scioperi filati (erano altri tempi quando ciò non costituiva un problema). Portandoli così a scegliere "quello più sicuro", perché legato alla mai tanto compianta Cgil e ai suoi relativi "patron" politici del Prc e del centrosinistra.Un quadro alquanto composito, che potrebbe creare un susseguirsi di momenti di piazza, di scioperi e di lotte così cadenzate da innescare insperate riprese del movimento operaio, ma che potrebbe anche parcellizzare allo stesso tempo il fronte della protesta, aumentando tensioni e particolarismi interni, a scapito della conflittualità e a favore degli sciacalli di partito e di quelli concertativi in agguato dietro l'angolo (o meglio dietro il 16 novembre).Come uscirne fuori non è facile a dirsi. Dalla Confederazione Cobas in questi ultimi giorni è saltata fuori la proposta di far passare comunque le date dei vari scioperi e di cercare un momento unitario contro la guerra. Richiesta fatta in precedenza anche dall'USI-AIT (e dalla Lab) l'unica a non aver programmato scioperi sindacali per queste settimane, ma pronta a ripetere l'esperienza del '99 e del '91 dello sciopero generale contro la guerra. Certo uno sciopero generale contro la guerra potrebbe essere un'occasione di ritrovata unitarietà del sindacalismo di base, per un dialogo interno e per una conflittualità esterna maggiore. Sul piano politico potrebbe essere una risposta alle manifestazioni guerrafondaie preannunciate dal centrodestra (anche se difficilmente potrà avere lo stesso impatto sui lavoratori dello sciopero generale contro la guerra fatto nel '91), ma sul piano sindacale non risolverebbe i tanti problemi e contrasti interni, nelle e fra le varie confederazioni di base, evidenziati lungo il decennio passato, durante lo sciopero generale contro il G8 di luglio a Genova e durante questi giorni dove la corsa alla protesta si mescola con quella alle RSU. Di certo un ruolo importante lo giocheranno i risultati che si avranno dagli scioperi in programma e la lucidità e l'onestà dei vari lavoratori impegnati nel sindacalismo di base. Per il momento, come abbiamo detto, di carne al fuoco ce n'è abbastanza, non resta che stare a...lottare.

Giordano



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