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Da "Umanità Nova" n.37 del 28 ottobre 2001

Torino: il caso Bouchta
Il valore della libertà

Bouriki Bouchta, macellaio nel popolosissimo quartiere di Porta Palazzo a Torino, è salito nei giorni scorsi agli onori delle cronache nazionali per le sue dichiarazioni innocentiste nei confronti del miliardario saudita Osama bin Laden, che il governo statunitense ha indicato come responsabile delle stragi di New York e Washington. Bouchta, oltre alla bottega di macellaio, gestisce da alcuni anni una delle 7 o 8 moscheee/garage che sono punto di riferimento religioso e politico per gli immigrati di fede islamica. Le dichiarazioni incriminate sono state rese nel corso di una manifestazione pacifista indetta da Bouchta che ha raccolto in piazza circa 500 persone.

Le sue parole che, in altri momenti sarebbero state considerate meramente garantiste, hanno scatenato una canea che ha visto scendere in campo non solo il solito nazileghista Borghezio ma anche il ministro dell'Interno, quello Scajola che abbiamo conosciuto in campo a Genova dove le sue opinioni sul diritto di dissentire sono state sperimentate direttamente sulle schiene e sulle teste da migliaia e migliaia di manifestanti. Su giornali e televisioni sono seguiti una serie di processi sommari dall'esito scontato, sin troppo scontato: condanna esplicita e senza appello di Bouchta e di chiunque si esprima al di fuori di quella che, ormai, è una verità di Stato. Una verità in nome della quale sono morti sotto le bombe algloamericane uomini, donne e bambini afgani. Ma, si sa, in tempo di guerra l'unanimismo è una regola che non si può trasgredire. Pena l'emarginazione, la criminalizzazione, la riduzione al rango di "nemico" della società e della convivenza civile.

L'unico augurio è che il signor Bouchta ne abbia tratto qualche utile insegnamento sul valore della libertà, termine che, non da oggi, sappiamo essergli ben poco familiare. Il suo nome, infatti, dovrebbe essere già noto ai lettori di UN per ben altre, ben poco garantiste, dichiarazioni e prese di posizione. Coccolato e vezzeggiato da rifondati e aspiranti tute bianche che ne hanno fatto punto di riferimento per le loro iniziative e che oggi manifestano un palese imbarazzo di fronte ai suoi "eccessi" verbali, Bouchta si è nel recente passato distinto per la promozione del corteo per il "velo" alle donne, per la partecipazione a riunioni in comune per la costituzione di un comitato di controllo e repressione nell'area di Porta Palazzo, e, soprattutto, per la solidarietà espressa nei confronti della polizia che, nel corso di un arresto di due marocchini accusati di spaccio, ne fece "volare" uno dal quarto piano. In quell'occasione nel quartiere ci fu una rivolta di alcune ore cui il sabato successivo fece seguito un corteo, organizzato dagli immigrati, aperto da uno striscione bianco bilingue con la scritta "Bouchta traditore". A quella manifestazione partecipammo anche noi della FAI e vedemmo le nostre bandiere, bandiere di libertà, simbolo di solidarietà internazionale tra tutti gli sfruttati, sventolare tra le mani di diversi immigrati. Quella volta il signor Bouchta non fece appello al garantismo, non dichiarò che, per l'islam, "un uomo è innocente finché non ne sia riconosciuta la colpevolezza". Evidentemente, per Osama bin Laden deve essersi ricreduto. Speriamo faccia altrettanto quando un altro ragazzo marocchino sarà vittima degli abusi della polizia.

Eufelia



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