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Da "Umanità Nova" n.39 dell'11 novembre 2001

L'Italia in guerra... da Marghera a Kabul

Quando lo Stato si prepara ad assassinare si fa chiamare Patria. Mai come in questi giorni questa celebre massima è stata attuale. Nelle stesse ore in cui il Presidente del Consiglio Cavalier Berlusconi annunciava trionfante che l'Italia entrava in guerra, il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi celebrava l'anniversario dei massacri della prima guerra mondiale, divenuto in epoca fascista giornata delle forze armate, invitando gli italiani ad esporre in ogni casa il tricolore. Gli argomenti della più volgare retorica nazionalista vengono rispolverati per definire identità ed appartenenze e segnare in maniera netta i confini tra noi e gli altri. Tra noi ed il nemico. Chiunque si ponga fuori dall'ombra del bianco, rosso e verde della bandiera diviene sospetto, un possibile "traditore", un potenziale nemico. Le truppe sono pronte a partire e la macchina propagandistica va a pieno regime.

Un parlamento sostanzialmente bipartisan si è schierato prontamente a fianco del governo in quest'impresa che, sinistramente, rammenta altre "avventure" oltremare dello Stato italiano: le ambizioni da potenza di medio cabotaggio dell'Italia richiedono la partecipazione alla guerra degli USA contro l'Afganistan. Dopo una lunga rincorsa Berlusconi ha centrato l'obiettivo e raccoglie i consensi anche di Rutelli e D'Alema.

La demente logica dello statalismo celebra i suoi fasti in queste ore difficili dove la destra e la sinistra mostruosamente coniugano morte e giustizia, bombe e libertà. In questa notte della ragione chi si oppone al terrorismo degli Stati è chiamato terrorista, chi si nega alla brutalità della politica di potenza, chi non sostiene un'economia di rapina e sfruttamento indiscriminato è "oggettivamente" un sostenitore dell'oscurantismo religioso di marca islamica. In nome di questa follia, di questo indegno crogiolo di ciarpame nazionalista e bassi interessi di bottega, un po' di ragazzi del Belpaese uccideranno e verranno uccisi.

È tempo che chi di questa follia non vuole esser complice dica con chiarezza: "non in mio nome". Non in mio nome si uccide e si viene uccisi. Non in mio nome si bombarda. Non in mio nome si affama. Non in mio nome si depreda.

Disertiamo.

Disertiamo l'esercito, disertiamo la produzione d'armi, disertiamo le scuole dove si insegna l'odio, il razzismo, la violenza legalizzata, disertiamo i giornali che propagandano la guerra, disertiamo le banche che la finanziano, disertiamo lo Stato che la promuove.

È tempo di ragionevoli follie, di cominciare a vivere senza Stati, senza frontiere, senza bandiere...

senza guerre.

Eufelia



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