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Da "Umanità Nova" n.39 dell'11 novembre 2001
Fascismi
Il fascino sinistro del razzismo differenzialista
Nell'ideologia e nel comportamento fascista una parte di primaria importanza
è rivestita dai pregiudizi razziali, che appunto vengono imputati ad una
o più razze, come fossero tratti ereditari. In altre parole, se gli
ebrei sono considerati ricchi e immorali, gli africani sporchi e oziosi, gli
orientali infidi ed egoisti, etc. questi pregiudizi vengono attribuiti come
specifici tratti costitutivi razziali, e pertanto inalienabili. Questo di
rimando rafforza i pregiudizi, e la giustificazione dell'etnocentrismo,
cioè dell'atteggiamento razzista che attribuisce al proprio gruppo
etnico una superiorità culturale giudicando gli altri gruppi in base
esclusivamente ai propri valori.
Al contrario vengono esaltati sia i valori della razza dominante, che in tale
visione deve restare incontaminata, sia non di meno i valori delle sue
tradizioni, accettate in modo del tutto acritico e antistorico. Questa
concezione della società ha come conseguenza che ogni cambiamento, ogni
problema, può essere inteso soltanto come corruzione derivante dalla
mescolanza delle razze.
Oggi vediamo questo genere di discriminazione tornare tragicamente ad essere
una delle questioni centrali della politica dopo che, finita la seconda guerra
mondiale, per decenni questa tematica era stata quasi esclusivo appannaggio
della destra neonazi; basta vedere quanto è stato scritto e detto sulla
superiorità culturale occidentale in queste settimane per comprendere
come anche l'ideologia liberal-democratica abbia ripreso buona parte
dell'ideologia razzista nelle sue varianti più moderne ed, in
particolare, quella <<differenzialista>>.
Come già accennato, razzismo è l'atteggiamento - privo di
fondamento scientifico - che attribuisce ai caratteri razziali una rilevanza
politica, sociale o culturale; razzista è dunque chi ritiene che alle
differenze somatiche tra i diversi popoli della terra siano associabili
differenze morali, sociali, intellettuali tali da stabilire una qualche
gerarchia e una distinzione tra razze <<superiori>> e
<<inferiori>>.
Per cui, in altre parole, la pelle nera o gli occhi a mandorla diventano le
prove di una differenza <<biologica>> che implica un giudizio
<<di valore>> con conseguenze sul piano etico, culturale, politico
e sociale come peraltro teorizzato anche da Julius Evola, punto di riferimento
sia dell'estremismo fascista che della destra colta. Egli infatti affermava che
<<La natura umana è profondamente differenziata, e queste sue
differenziazioni corrispondono ai sangui, alle razze. Fra le varie razze esiste
una diseguaglianza fondamentale, una diseguaglianza di natura (...) a ciascuna
di queste differenziazioni razziali del genere umano corrisponde un determinato
'spirito'>>.
Questo paradigma razziale di matrice nazista, in cui il determinismo biologico
si coniuga con una forma di <<spiritualismo>>, negli ultimi anni
è stato sempre più soppiantato da quello
<<differenzialista>>, ossia all'estensione a tutte le razze del
principio della difesa delle rispettive differenze biologiche, spirituali,
culturali, etc. rivalutando le teorie di A. de Gobineau sulla <<decadenza
dei popoli>>, attribuita alla perdita della originaria purezza
razziale.
L'ossessione di de Gobineau per l'orrore del <<meticciato>>, della
commistione del sangue, della rottura dei confini tra unità razziali
diverse, della conseguente perdita di identità comunitaria, è
alla base dell'attuale elaborazione, assai in voga, di Alain de Benoist che da
destra avversa la cosiddetta globalizzazione in quanto questa favorirebbe un
livellamento e un mescolamento tra i popoli; da qui nasce tutta la propaganda
antiglobalizzazione della destra in difesa delle minoranze etniche e nazionali
(pellerossa, palestinesi, indios, irlandesi, scozzesi, curdi, etc.) il cui
linguaggio spesso si confonde con quella di certa sinistra, anche
alternativa.
Dai manifesti e dai giornali di questa destra si leggono in continuazione
proclami, di forte connotazione antiamericana, che urlano: <<Ci vogliono
omologare... la globalizzazione vuole annullare le nostre differenze... la
nostra identità è minacciata...>>; ma in realtà
quello che vogliono combattere è il principio di uguaglianza,
l'abolizione dei confini, l'internazionalismo tra sfruttati, la
possibilità d'incontro tra cittadini del mondo, la reciproca
contaminazione culturale, la società interazziale.
Sovente, l'inganno giunge a sposare posizioni di apparente critica al
capitalismo, come ama teorizzare Alain de Benoist che recentemente ha
provocatoriamente scritto: <<Nel momento in cui il vertice del G8 si
riunisce a Genova, è significativo constatare che l'estrema sinistra e
gli scudieri del capitalismo pervengono, riguardo all'immigrazione, a
conclusioni praticamente identiche - e che una certa sinistra radicale
preferisce sostenere il punto di vista dei padroni piuttosto che solidarizzare
con le opinioni del popolo>>.
Questa però è solo la variante postmoderna del mito del complotto
plutocratico-bolscevico-giudaico contro i popoli usato dalla propaganda nazista
e fascista durante la Seconda guerra mondiale e come tale porta soltanto alla
conclusione che, per il bene della loro integrità culturale e biologica,
è bene che gli africani se ne stiano a casa loro a morire di fame e chi
sostiene il contrario fa il gioco degli sfruttatori globali.
Purtroppo però tale logica è tutt'altro che isolata e trova
sponde anche in ambiti che non si connotano come di destra; inquietante che
David Foreman di <<Earth First>>, dichiarato sostenitore
dell'ecologia profonda, abbia potuto emettere il seguente verdetto ecologico a
proposito del Terzo Mondo: <<Quando dico che la cosa peggiore che
potremmo fare in Etiopia è quella di fornire aiuto (e che la cosa
migliore sarebbe quella di lasciare che la natura trovi il suo equilibrio, che
la gente muoia di fame) mi si risponde che sarebbe mostruoso. Ma l'alternativa
è quella di andare laggiù a salvare bambini mezzi morti, che non
avranno mai una vita piena>>. E su questo non è possibile alcuna
discussione, perché siamo ancora capaci di riconoscere i nostri nemici,
sotto qualsiasi spoglia.
Archivio antifa
Opere e documenti consultati:
- Laura Balbo e Luigi Mancini, Razzismi. Un vocabolario (Feltrinelli);
- Francesco Germinario, Razza del sangue, razza dello spirito (Bollati
Boringhieri);
- Andrea Santangelo, Analisi del comportamento fascista (Mozzi Editore);
- Marco Revelli, Il razzismo lato oscuro dell'<<ideologia moderna>>
(Intervento al convegno di Mondovì del 23 aprile 1993);
- Documento per il dibattito sull'autogestione della Federazione Anarchica
Torinese, Convegno di Livorno del 2 luglio 2000);
- Articolo di Alain de Benoist, Immigrazione e capitale, sulla rivista Area
Luglio/Agosto 2001.
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