Da "Umanità Nova" n.40 del 18 novembre 2001
Roma 10 novembre
Non in mio nome
Il mio nome é mai più
Questo era il titolo di una canzone "di sinistra" contro la guerra. Quella
precedente. Ora la guerra é tornata d'attualità, una tremenda
attualità. Ed il movimento contro la guerra é tornato in piazza
per dire "non nel mio nome".
Può sembrare banale ma é un'affermazione carica di significato.
È diserzione dal coro patriottardo e statolatra. È una diserzione
che é stata, finalmente!, evocata nella piazza romana popolata di oltre
100.000 persone.
La portata politica della manifestazione di sabato 10 novembre che si é
svolta a Roma potrebbe essere condensata in queste poche righe. Ma il
significato positivo di quest'evento non si ferma qui.
Vi era in contemporanea, com'è noto, la manifestazione del governo a
sostegno della guerra che ha visto meno di 40.000 persone in piazza del Popolo,
persone pagate (ci possiamo permettere di dirlo) per scendere in piazza, con i
nostri soldi, mentre gli oltre 100.000 manifestanti contro la guerra (forse
anche 150.000, moltissimi i giovani) il viaggio se l'erano pagato. La
manifestazione guerrafondaia del governo aveva avuto il sostegno dei media
mentre la manifestazione contro la guerra era stata minacciata e criminalizzata
dal governo, dalla questura, dai mass media, con evocazioni di una replica dei
massacri di Genova.
Bene, é domenica: movimento batte governo 3 a 1.
E non sono solo Berlusconi, Bossi e Fini (con il loro guardaspalle Casini) che
masticano amaro ma anche i loro compari (di voto) Rutelli, D'Alema e Fassino
che non hanno saputo fare di meglio che andare a benedire le spedizioni
militar-umanitarie.
Tutto questo fa ben sperare, senza euforia, sulla tenuta di un movimento che
voglia effettivamente costruire un altro mondo.
Un altro elemento di rilievo é, infatti, l'assenza delle
ambiguità che hanno caratterizzato la marcia Perugia-Assisi con preti e
onorevoli a dettare le agende. La manifestazione romana, probabilmente
più numerosa della marcia pacifista, ha avuto caratteristiche
decisamente più significative sia nei contenuti che nella
rappresentazione politica e sociale. Una manifestazione decisamente
caratterizzata a sinistra con le componenti del movimento operaio, antagonista
e rivoluzionario in prima fila.
Una manifestazione che si accompagna agli scioperi contro la guerra che si sono
svolti nelle settimane scorse e rilancia, con forza, l'obiettivo di uno
sciopero generale e unitario contro la guerra, il governo, le politiche di
annientamento sociale che si realizzano nel quotidiano del fronte economico,
politico e militare.
La stessa manifestazione di venerdì 9, in occasione dello sciopero
indetto da Rdb-Cub, ha visto oltre 20.000 lavoratori sfilare nelle strade di
Roma su parole d'ordine di netta alterità alla politica istituzionale
che vuole piegare gli interessi e le aspettative dei lavoratori alla logica
della guerra.
Nelle ultime settimane, inoltre, si moltiplicano le iniziative a livello
locale, nei paesi come nelle città, di contestazione alla guerra, alla
finanziaria di guerra, a sostegno delle lotte sociali, per l'allargamento degli
spazi di libertà contro le politiche razziste e xenofobe che lo stato di
mobilitazione decretato dal governo comporta.
Le stesse, povere, cronache di Umanità Nova, danno il senso ed il segno
della mobilitazione in corso.
Una riflessione sul piano progettuale si impone.
La consapevolezza che questa sia la prima guerra mondiale del 21mo secolo
é diffusa. Il movimento si radicalizza di fronte alla chiusura degli
spazi di mediazione che le sinistre di governo potevano garantire. A questo
movimento é necessario uno sbocco che non sia la mera testimonianza
dell'avversione etica e politica alle logiche di dominazione e di sterminio che
caratterizzano i governi mondiali.
Va da sé che la scelta della guerra totale adottata dal governo degli
Stati Uniti ed accettata da pressoché tutti i governi del globo é
una risposta che tenta di anticipare i tempi e di spiazzare gli esiti di una
crisi che vede l'ordine mondiale incapace di dare risposte ai bisogni ed alle
aspettative di 6 miliardi di persone.
È forse tempo di inedite utopie? Chi scrive é convinto di
sì. Questa guerra e la politica che la sostiene non può essere
fermata se non da un sollevamento mondiale di carattere rivoluzionario e
planetario.
Dovremo fare tesoro delle teorie e delle esperienze dei movimenti di
emancipazione e fare ricorso a tutte nostre intelligenze per essere al passo
con i tempi. Dovremo moltiplicare l'impegno per una presenza sempre più
significativa ed efficace dell'anarchismo in questo contesto.
Afone Oscar
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