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Da "Umanità Nova" n.40 del 18 novembre 2001

9 novembre
Sciopero generale contro la finanziaria e la guerra

Lo sciopero e la manifestazione del 9 novembre contro la guerra e la legge finanziaria sono stati un significativo momento di discesa in campo, su questioni ben definite, dell'opposizione sociale nell'epoca del governo della destra.

L'opposizione alla Legge Finanziaria è oggi, nei fatti, una forma d'opposizione alla guerra sul terreno pratico sensibile, forse la più significativa tra le forme d'opposizione possibile al di là del grado stesso di maturazione politica su questi temi dei settori di lavoratori che il sindacalismo di base organizza o, comunque, influenza e raggiunge.

Roma 9 novembre, ore 9, 30 - La manifestazione

Alle 9,30 la piazza è ancora semideserta. Girano battute scontate sulla pigrizia dei romani e considerazioni malevole sul ritardo di molti pullman partiti dalle diverse province.

Vi è, non solo da parte mia, una seria preoccupazione. Lo sciopero è stato oscurato dai media, come di consueto, non c'è la presenza di studenti, centri sociali, militanti di partito. È subito chiaro che i manifestanti saranno, al 95%, quelli organizzati dai sindacati di base promotori della manifestazione.

Gli spezzoni della CUB arrivano, l'uno dietro l'altro, nell'arco della prima ora e costituiranno il grosso del corteo.

Lo SLAI Cobas vede una presenza meno significativa rispetto al 20 luglio e la cosa non è strana visto che il suo radicamento è essenzialmente industriale nordista e garantire una massiccia calata su Roma gli è, obiettivamente difficile. Organizza, comunque, un discreto gruppo di manifestanti.

Anche lo spezzone dell'USI Lazio è abbastanza consistente.

Quando il corteo inizia a muoversi si tenta di capire quanti diavolo siamo. I contafile ufficiosi iniziano l'opera loro, i pessimisti parlano di 15.000, gli ottimisti di 20.000.

In una parola. La manifestazione è riuscita decisamente bene. Nei prossimi giorni avremo un quadro realistico della riuscita dello sciopero che, a quanto si può valutare sin da ora, deve avere avuto, sia pure a macchia di leopardo, un'adesione più che discreta.

Parlo con un compagno anarchico iscritto alla CNL di Roma che mi dice che dalla sua azienda sono arrivati in cinquanta aderenti ai diversi sindacati alternativi in un gruppo unitario. È, comprensibilmente, molto contento anche perché i manifestanti si sono trovati uniti, in primo luogo, dall'opposizione alla guerra.

Gli assenti

Come si è detto, mancano, con scarse eccezioni, studenti e centri sociali. Il corteo è di lavoratori in sciopero politico. Non vedo nemmeno una bandiera del PRC o di altre organizzazioni politiche anche se non posso escludere che ve ne fosse qualcuna. L'assenza più singolare è, però, quella del SIN Cobas che pure ha comprato diversi spazi pubblicitari sui giornali della sinistra per dichiarare la propria adesione allo sciopero del 9 novembre. Saprò, poi, che il SIN Cobas ha puntato a garantire una sua presenza alla manifestazione del 10 novembre.

Gli assenti non volontari

Mancano, non per propria scelta, i lavoratori della scuola. La Commissione di Garanzia contro l'esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali ha vietato lo sciopero del 9 novembre nel comparto, come in quello aereoportuale, visto che non vi è la distanza di dieci giorni da quello del 31 ottobre dei Cobas Scuola (la cosiddetta rarefazione oggettiva degli scioperi) e questa deliberazione è stata confermata dal TAR del Lazio.

La CUB Scuola si è trovata di fronte alla poco gradevole scelta di spostare lo sciopero al 12 novembre (cosa che ha fatto) o mantenere quello del 9 pagando, come prezzo, sanzioni decisamente pesanti (blocco delle trattenute sindacali e multe al sindacato ed agli scioperanti). è, comunque, presente una delegazione di lavoratori della scuola

Roma 9 novembre - ore 11,30

Oramai il corteo sfila ed è chiaro che vede una buona presenza. Non si insisterà mai abbastanza che il sindacalismo di base ha costruito, con tutti i suoi limiti, un radicamento proprio, un'area di lavoratori che vi si riconoscono al di là della visibilità mediatica e delle influenze partitiche: non si tratta di una forza "rivoluzionaria", tutt'altro ma certo di un soggetto sociale che pratica una significativa autonomia nelle scelte e nei percorsi e non si tratta di una caratteristica da sottovalutare.

Le parole d'ordine del corteo e dei comizi finali sono chiare. Opposizione alla finanziaria, ai tagli all'occupazione, alla politica di guerra del governo.

Viene posta con forza fra le tematiche centrali della mobilitazione la denuncia della recente sentenza che, a Marghera, ha mandato assolti i dirigenti della Montedison responsabili della morte di centinaia di lavoratori.

Dagli scambi informali di opinioni con i compagni mi pare che molti pensano che dovremmo essere di più, c'è la percezione che la gravità dello scontro sociale in atto dovrebbe muovere le coscienze in misura decisamente maggiore.

Personalmente resto dell'idea che sia andata decisamente bene non per ottimismo ma per ragionevole pessimismo. Non mi sembra, infatti che l'opposizione sociale realmente esistente sia tale da garantire adesioni oceaniche ad una manifestazione sindacale, per un verso, e che il rapporto fra sindacalismo di base e movimento contro la guerra sia sufficientemente solido da determinare significative convergenze. Va considerato il fatto che la FIOM, che non è piccola cosa, gioca un ruolo importante di sponsor nei confronti dei no global e che i sindacati di base hanno difficoltà, anche a causa dell'impegno quotidiano sui posti di lavoro, a costruire un confronto puntuale ed approfondito con i movimenti di carattere generale che si sviluppano nella società.

Come sovente avviene, il buon risultato di un'iniziativa di lotta ci consegna compiti nuovi ed impegnativi da assolvere.

Cosimo Scarinzi



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