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Da "Umanità Nova" n.41 del 25 novembre 2001

Immigrazione
Razzisti in nome della legge

La proposta di legge sull'immigrazione, significativamente firmata da Fini e Bossi, ossia dai principali imprenditori del razzismo nostrano, coniugandosi con la presunta superiorità culturale occidentale professata da Berlusconi nella sua veste di capo del governo, determinerà per i migranti in Italia un ulteriore restringimento dei residui diritti e delle ultime libertà, al fine di rendere i lavoratori immigrati manodopera selezionata, a basso costo e ultraflessibile, destinata a soddisfare le richieste e le esigenze padronali.

In particolare, con questa legge la "clandestinità" tende a divenire un reato penale, con pene detentive alquanto severe (sino a 4 anni anni di detenzione in caso di recidiva) ed espulsioni forzate; il permesso di soggiorno viene concesso come un "contratto di soggiorno" direttamente legato alla durata del contratto di lavoro per un periodo massimo di due anni; la reclusione nei kampi di detenzione viene protratta fino a due mesi; mentre la carta di soggiorno sarà concessa soltanto dopo 6 anni di permanenza regolare in Italia e i ricongiungimenti familiari diverranno ancor più problematici e il diritto d'asilo per i profughi sarà ulteriormente limitato.

In seno alla maggioranza governativa di centro-destra esistono alcune contraddizioni, determinate sia dalla necessità di soddisfare le fobie xenofobe istigate nell'elettorato sia di conciliare razionalmente le richieste confindustriali e le pretese ultraliberiste dei padroncini delle piccole aziende cresciute proprio sul lavoro nero e col sudore degli immigrati, senza deludere neanche le aspettative di parte del mondo cattolico; ma, nonostante tutto, è facile prevedere che il governo riuscirà ad accontentare le parti in causa e ad approvare la legge, ovviamente sulla pelle di chi non può difendersi.

Coniugando così discriminazione e interesse economico, oltre ad elargire finanziamenti alle associazioni del volontariato e delle imprese sociali per la gestione delle strutture connesse alla legge (centri di detenzione, campi d'accoglienza, sportelli immigrati, uffici di collocamento), il governo potrà dire di aver mantenuto le promesse elettorali contro l'immigrazione "selvaggia" e allo stesso tempo assicurarsi contingenti di forza-lavoro, già selezionata e qualificata, da sfruttare liberamente in Italia.

Ulteriori facilitazioni economiche si prevedono invece per le aziende italiane che sceglieranno di trasferire i propri cicli produttivi all'estero assumendo sottocosto manodopera locale, dato che "più impresa italiana, o per meglio dire padana, significa meno immigrazione" (La Padania, 15.11.01).

Come se non tutto ciò non bastasse, discriminazione nella discriminazione, Fini accogliendo le indicazioni di taluni settori della maggioranza (CCD, Lega Nord) intenzionati a impedire la presenza di immigrati di fede mussulmana, ha affermato in Parlamento che nel determinare le quote per i flussi programmati "particolare attenzione sarà riservata a quei cittadini che provengono da Paesi che hanno più forti legami con la cultura europea" (Il Secolo d'Italia, 15.11.01).

Contro tale involuzione legislativa purtroppo l'opposizione della sinistra politica appare debole e incoerente, in quanto la legge Fini-Bossi non è altro che un complesso di modifiche, emendamenti e aggiornamenti peggiorativi apportati alla legge Turco-Napolitano varata proprio dal passato governo di centro-sinistra che introdusse la politica dei flussi contingentati, ossia del numero chiuso per i disperati, ed anche l'orrore dei campi di permanenza temporanea.

Emblematica in tal senso la posizione di Rifondazione Comunista che, dopo averla a suo tempo votata, oggi riconosce che quella legge "conteneva in sé i germi repressivi che oggi la destra si impegna a far sviluppare, mettendo le basi per un sistema di apartheid ed una sorta di nuova schiavitù di marca neoliberista" (Liberazione, 15.10.01), esattamente come gli antirazzisti hanno sempre denunciato.

La difesa dei "diritti di cittadinanza", per di più in un contesto politico ed economico come quello attuale, appare per questo un'illusoria affermazione propagandistica che elude il fatto che lo Stato e il Capitale non possono riconoscere ai migranti la libertà di varcare le frontiere nazionali in quanto essere umani. Per questo oggi solidarietà vuol dire farsi complici dell'autorganizzazione degli immigrati, nella convinzione che l'unica società senza discriminazioni sarà quella senza leggi.

ANTI



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