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Da "Umanità Nova" n.41 del 25 novembre 2001

Nuovi teatri di morte
La prossima guerra: Somalia, Colombia, Indonesia?

Il 4 novembre scorso, il Washington Post, autorevole quotidiano della capitale americana, esce con un articolo dal titolo significativo: "Somalia draws Anti-terrorist Focus". Le firme sono di David B. Ottaway e Thomas E. Ricks.

L'articolo dice a chiare lettere che la Somalia sarà il prossimo obiettivo militare della lunga e devastante guerra antiterroristica promossa dalla NATO contro quegli stati che ospiterebbero le basi di integralismi e radicalismi di ogni genere e sorta e non solo di tipo religioso. All'interno della nuova dottrina Statunitense, la "vecchia" portavoce del Pentagono, Victoria Clarke, ribadisce che "la guerra contro il terrorismo è contro il terrorismo in tutto il mondo e non riguarda un solo uomo ed una sola organizzazione". Più chiara di così si muore. La guerra duratura è appena iniziata e già si stanno valutando le nuove tappe di una interminabile escalation militare.

Perché la Somalia. Vediamo i pretesti:

Perché è base di Al Qaeda dal 1993, ed il suo leader somalo, Mohamed Farah Aideed, riceve cospicui finanziamenti da Bin Laden.

Perché la Somalia viene usata nel 1998 dai militanti di Al Qaeda per preparare l'attentato all'ambasciata americana di Nairobi in Kenya.

Perché vi risiede un altro gruppo radicale islamico che è finito nel libro nero dell'amministrazione statunitense: al-Itihaad.

Perché il centro nevralgico della base di Al Qaeda, Bosaso, situato nel Nord-Est del paese, è un centro di reclutamento militare e di rifornimenti alimentari per la guerriglia talebana.

Perché la al-Itihaad Somala ha basi anche in una zona del sud estremo, denominata Ras Komboni Island, dalla quale partirebbero rifornimenti in armi, beni e denaro per diverse formazioni terroristiche localizzate in diversi luoghi geografici del pianeta.

Queste le posizioni ufficiali della Casa bianca e del Pentagono esternate in più di una occasione e riprese in maniera dettagliata dai giornalisti del W. Post.

Intanto l'Etiopia ha già dato la sua piena disponibilità a riaprire un conflitto che si è chiuso, anche se mai del tutto, con la vicina Somalia, attraverso la fornitura di un sostegno militare diretto e delle basi per attaccare i nemici di sempre. Staremo a vedere.

Il secondo elemento qualitativo evidenziato dai giornalisti è che la Somalia farebbe compagnia ad una serie di nazioni contro le quali gli States avrebbero preventivato un attacco militare: Iraq, Indonesia e Filippine.

Il terzo elemento fornito dall'amministrazione americana, in linea con le leggi fasciste sull'antiterrorismo di casa propria (restrizione di libertà personali, indagini e processi sommari, delega di giudizio ai tribunali militari...), è che la lotta per la pulizia del mondo riguarderebbe anche formazioni storiche della guerriglia di sinistra. Non a caso, gli articolisti citano espressamente le FARC (Forze armate rivoluzionarie della Colombia), come altro obiettivo possibile della guerra antiterroristica.

Gli obiettivi strategici dell'imperialismo occidentale si rivolgono, quindi, in maniera sempre più esplicita a contrastare, con tutte le opzioni possibili, ogni forma di dissenso interno ed esterno: il vero centro dell'azione, che si affianca alla necessità di un controllo efficace (soprattutto dei prezzi) delle risorse primarie (petrolio, acqua, metano, eroina, armi), è quello di impedire ogni forma di radicalizzazione dello scontro sociale e politico all'interno dei paesi guida delle politiche economiche neo-liberali. Il capitalismo, ha bisogno, in questa fase di espansione, di non avere alcun intoppo significativo sul proprio cammino: che, poi, ogni realtà (Europa, Stati Uniti, Cina, Giapone...) abbia un suo modello di cammino e che questo non necessariamente coincida con quello degli altri partner, ma, anzi, possa entrarvi in collisione, ebbene questa sarà una faccenda da risolversi in un secondo momento.

E l'Italia?

Baldi giovanotti patriottardi sono salpati dalle coste pugliesi per dare manforte alla grande campagna internazionale di "ripulitura" del mondo: a loro il compito di portare il vessillo nazionale, lasciapassare di vecchi e futuri ardimenti criminali. Ma, si chiede un giornalista di "http://www.analisidifesa.it" cosa servono i bombardieri Tornado e i jet Harrier della portaerei Garibaldi, se non occorrono più offensive aeree?: e si risponde così: "Un'altra ipotesi concerne invece il coinvolgimento di forze italiane in operazioni contro il terrorismo estese a teatri diversi da quello afgano (Yemen, Somalia, Iraq?), nel qual caso lo strumento militare nazionale messo a disposizione di "Enduring Freedom" potrebbe rivestire un importante valore operativo soprattutto nell'area somala ben nota alle nostre Forze Armate"[*] aggiungerei "tragicamente ben nota" a causa delle loro Forze Armate.

La speranza è che tutto ciò rimanga su carta, ma nulla mi stupirebbe se all'interno nuovo "imperialismo neocoloniale" ci fossero dei pezzettini di torta anche per il Belpaese: Albania docet.

Pietro Stara


[*] "Il crollo del fronte Talebano e la caduta di Kabul" in analisidifesa, anno 2, numero 19, p.2



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