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Da "Umanità Nova" n.41 del 25 novembre 2001
La finanziaria e la guerra
Negli USA e in Italia aumenta la spesa militare
Come aumentare la spesa militare in tempi di vacche magre
Mentre con la conquista di Kabul la guerra sembra entrare in una fase ancora
più cruenta, nelle retrovie dei paesi della santa alleanza si stanno
costruendo le trincee del compattamento ideologico (sul piano mediatico) e non
si trascura di badare agli affari (sul piano empirico). Come ho già
avuto modo di sostenere dalle colonne di questo giornale, l'America di Bush
cerca di trarre vantaggio da questa assurda situazione (creata dai soliti
apprendisti stregoni che si lasciano sfuggire dalle mani qualche allievo
particolarmente efficiente), rilanciando i suoi temi prediletti: la riduzione
delle tasse per i ricchi e l'aumento della spesa militare. Con un consenso
ampio e trasversale, il Congresso ha votato sì alla richiesta del
Presidente di finanziare una manovra straordinaria per risollevare le sorti
dell'economia, eccedendo addirittura sulla cifra: a fronte di una richiesta di
intervento per 60-75 miliardi di dollari, il Congresso munifico ha approvato il
piano per 100 miliardi di dollari, lasciando magari al Senato (più
bi-polare) l'onore e l'onere di sfrondare la spesa qualora la ritenga
eccessiva. Intanto Greenspan ha abbassato i tassi per la decima volta, e siamo
ormai al 2% sui "fed funds" e al 1,5% sul tasso di sconto. Di armi pesanti,
dunque, ne restano poche. Sarà per questo che è andata
(casualmente?) a buon fine un'asta che si protraeva dal 1995 quella per
scegliere il nuovo caccia "Jsf" destinato a mandare in soffitta i vecchi F-16 e
F-18. Ha vinto la Lockheed sulla concorrente Boeing e si è portata a
casa un appalto da 200 miliardi di dollari (oltre 400.000 miliardi di lire) per
progettare e costruire nei prossimi 40 anni ben 3.000 esemplari del nuovo aereo
(costo medio 38-40 milioni di dollari, una sciocchezza, miracolo delle economia
di scala). Pare che la partita sia stata vinta per intervento inglese. Infatti
nel progetto Lockheed ci sta una quota di lavoro importante (15%) per le
inglese Bae Systems e Rolls Royce, in cambio della quale la RAF è
disposta a comprare 150 velivoli, abbassando ancora il costo medio di ogni
esemplare. Una bella commessa che farà andare ancora più in alto
il titolo Lockheed (e poi dicono che le guerre deprimono le borse...).
Stando ai guai di casa nostra, bisogna riconoscere ai politici europei una
buona capacità di sopportare in silenzio, perché avrebbero una
gran voglia di imitare i colleghi americani, ma si trovano alle prese con una
ben diversa situazione di bilancio pubblico. Rimbrottati per anni dai banchieri
europei per la scarsa capacità di risanare i bilanci pubblici, pressati
dalla richiesta americana di provvedere da sé alla propria difesa,
richiesti di intervenire a sostegno delle produzioni nazionali di ogni settore
in crisi, avviliti dalla rigidità del mercato del lavoro e
dall'incombente catastrofe delle pensioni pubbliche, i politici europei non
sanno proprio come fare a rilanciare l'economia e contemporaneamente fare la
guerra.
Con la dovuta applicazione, comunque, le soluzioni si trovano. I principali
paesi europei (Italia, Francia e Germania) sono in fase di forte rallentamento
(come gli Usa), ma hanno i bilanci in disavanzo e una pericolosa tendenza ad
aumentarlo ancora. Si tratta di fare i conti con il patto di stabilità e
trovare il linguaggio giusto per allontanarsi dai parametri senza essere presi
per le orecchie dai banchieri centrali. L'eccezionalità della situazione
si presta bene a questo scopo: l'escamotage è fare riferimento alle
grandezze strutturali anziché quelle nominali. In questo modo posso
giustificare un aumento del disavanzo, poniamo dello 0,5% rispetto agli
obiettivi, come frutto di una misura straordinaria di sostegno all'economia in
una fase di recessione (per esempio aumentando i sussidi pubblici di
disoccupazione). Insomma, continuiamo a predicare bene senza sputtanare tutto
l'impianto su cui si basa l'Unione Monetaria, ma faccio partire un intervento
anti-ciclico che mi permette di mantenere un certo equilibrio sociale e
finanziario (sostenendo la produzione, l'occupazione, i consumi e le borse).
Quale occupazione e quali consumi, chiederanno a questo punto i meno fessi. E
la risposta in tempi di guerra è scontata: la produzione militare, la
spesa militare, i consumi del personale dell'apparato militare. La finanziaria
2002 in corso d'approvazione aumenta gli stanziamenti per la Difesa di almeno
3.000 miliardi, proseguendo nel cammino degli ultimi governi ulivisti. La
tabella della spesa militare degli ultimi anni parla da sola:
Bilancio Difesa.
1997: 31.060 miliardi
1998: 30.987 miliardi -0,23%
1999: 30.854 miliardi -0,43%
2000: 32.845 miliardi +6,45%
2001: 34.234 miliardi +4,23%
È evidente che ai primi anni di generale restringimento dei cordoni
della borsa, conseguente alla fase cruciale di osservanza di Maastricht, la
compressione sui bilanci della difesa si va allentando, in coerenza con il
ruolo da "protagonista" che si intende ritagliare al paese sullo scacchiere
internazionale. Va detto che in questo totale è annoverato anche il
costo dell'Arma dei Carabinieri (7.559 mld nel 2001), ma l'incremento di spesa
per la sola Funzione Difesa (forze armate) è ancora più
significativo se isolato dal resto, essendo cresciuto del 12,94% nel biennio
2000-2001.
L'investimento sulla guerra afgana da solo, si dovrebbe aggirare sui 2.500
miliardi, ma sono conteggi alquanto provvisori. Di certo nel 2002 dovranno
essere stanziati 2.000 miliardi per il rinnovo dei contratti del personale
militare e di 1.000 miliardi per il rinnovo del contratto di Carabinieri,
Polizia Giudiziaria, Guardia di Finanza, ecc. Da soli, gli aumenti, possono
riassorbire tutte le nuove risorse del Ministero.
È urgente dunque reperire soldi freschi. Il conflitto sull'Airbus
europeo A400M si spiega anche così: l'Aviazione lo ritiene inutile e
vuole continuare a comprare i C130 Hercules della Lokheed quando andranno in
disuso quelli appena acquistati nel 1999; Fiat Avio e Alenia invece vogliono
partecipare al consorzio per assicurarsi una quota importante di lavoro (8%)
per i prossimi 20 anni. Entro il 16 novembre occorre decidere: l'Italia ha
un'opzione per comprarsi 16 velivoli (costo unitario 150 miliardi), da
progettare e costruire da qui al 2007 e da ritirare tra il 2017 e il 2020.
Spesa globale prevista: 2.500 - 6.000 miliardi, a seconda delle fonti,
più o meno interessate all'adesione. Soluzione: per non stornare soldi
dalla Difesa, si ripiegherà probabilmente sulla legge 808, finanziata
dal Ministero delle Attività Produttive Salveranno capra e cavoli, i
generali dell'aviazione, i motori della Fiat Avio, le fusoliere dell'Alenia.
Chi pagherà il conto? Si accettano scommesse. Personalmente punto sui
Ministeri della Sanità e della Previdenza sociale, cioè i malati
e i pensionati italiani. Stai a vedere che stavolta vinco...
Renato Strumia
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