unlogopiccolo

Da "Umanità Nova" n.42 del 2 dicembre 2001

La guerra nutre se stessa

Teoricamente se le cose in Afganistan stessero come ci stanno raccontando i media, dopo la caduta di Kunduz e Khanabad e quella ormai imminente di Kandahar, Bush e il governo USA dovrebbero cantare vittoria; se lo fanno molto sommessamente e promettono invece al popolo americano un futuro di guerra, lacrime e sangue vuol dire che il conflitto è davvero agli inizi.

Infatti la "liberazione" dovuta a forze irrisorie e raccogliticce quali quelle dell'Alleanza del Nord non permette un effettivo controllo del territorio, dando la possibilità a Russia, Cina e Pakistan di reclamare un proprio ruolo delle rispettive zone "liberate" dai loro rispettivi alleati.

Sul campo i 15.000 miliziani di diverse e avverse etnie dell'Alleanza del Nord non possono controllare un territorio come quello afgano, per cui il vero controllo torna nelle mani delle tribù e Rabbani ipotizza anche una partecipazione talebana nel nuovo governo a Kabul.

All'orizzonte si profila quindi una balcanizzazione afgana, e già iraniani, russi, turkmeni, tagiki, cinesi, pakistani, senza appunto contare le tribù guerriere dell'interno, rendono la scacchiera un labirinto di conflitti, tatticismi e interessi economici che vanno da quelli connessi al petrolio e ai gasdotti continentali a quelli del capitale illegale legati alla produzione dell'oppio.

Da parte loro i 30 mila combattenti talebani, dietro qualche scontro di retroguardia, sembrano dissolversi, ossia si nascondono sulle montagne, si rifugiano in Pakistan, entrano in combutta coi vincitori, fanno parte di governi locali; così, come già successo coi Vietcong, tutti gli Afgani diventano potenziali nemici.

Di bin Laden al contrario si parla sempre meno, dato che una volta catturato od ucciso, il governo statunitense si brucerebbe il principale alibi propagandistico con cui ha motivato, davanti all'opinione pubblica sotto shock per l'11 settembre, l'avvio di una costosissima guerra globale.

In simile scenario per il governo USA appare sempre meno evitabile dover giungere ad una propria stabile forza militare, dotata anche di armi nucleari tattiche, sul territorio afgano; una volta raggiunto tale obiettivo, proprio come nel risiko, passerebbe ad estendere la propria offensiva per il controllo strategico dell'area scegliendo il prossimo nemico tra Iraq, Sudan, Yemen o Somalia, tutti sospettati o di produrre armi batteriologiche (vedi l'allarme antrace per l'Iraq) o di fornire appoggio al terrorismo islamico.

In questi giorni nelle sale cinematografiche è possibile rivedere la versione integrale di Apocalypse Now; basta riascoltare le parole del colonnello Kurz, per capire che neanche al Pentagono e a Wall Street sanno quanto durerà questo incubo.

Uncle Fester



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