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Da "Umanità Nova" n.42 del 2 dicembre 2001
Guerra infinita
Viva la civiltà occidentale!
Il collasso del regime dei Talebani non coincide con la
fine della guerra, se non altro perché è difficile valutare i
danni materiali subiti dalle rete di bin Laden, della cui sorte niente importa,
dato che i fanatismi religiosi politicamente manipolati fanno presto a ridarsi
un leader se persisterà il flusso finanziario che alimenta al Quaeda.
Che l'obiettivo degli Usa sia lo smantellamento della centrale terroristica
è lecito dubitare, visto che essa permea incredibilmente 60 paesi del
pianeta, ossia circa un terzo, contro i quali è poco probabile scatenare
una guerra ogni sei mesi per i prossimi trent'anni, anche perché
ciò significherebbe dichiarare guerra ai paesi arabi moderati della
coalizione, alle piazze finanziarie dei paesi alleati e, per ultimo, alla
stessa famiglia Bush!
L'attacco all'Afganistan risponde alle istanze geopolitiche di porre un
tassello preventivo sul fronte pakistano-indiano, in modo da controllare
direttamente dal posto le evoluzioni delle condotte dei tre colossi dell'area:
la Russia, la Cina e l'India. Che ciò passi attraverso una classe
dirigente - si fa per dire - composta da mercenari e da fondamentalisti
islamici facenti capo all'Alleanza del nord, già nota per i suoi
misfatti e per le acute divisioni tribali interne, è indice soltanto del
vecchio detto della realpolitik, secondo il quale l'etica dei comportamenti
nulla vale in relazione al fine da raggiungere. Diritti umani, prigionieri da
rispettare, donne da liberare definitivamente, infanzia da alimentare, feriti
da curare, povertà da sfamare, sono fattori inessenziali dal punto di
vista politico reale, mentre lo sono come elemento di contorno mediatico per
mobilitare le opinioni pubbliche a sostegno dell'intervento bellico.
Ovviamente, gli impegni sono tutti politici e militari, mentre rimane
inverificabile la politica globale sulla povertà, sull'educazione a
tutti/e, sulle libertà complete, ecc.
Qualunque sia il regime che si proporrà per il nuovo-vecchio Afganistan,
siamo certi che poco o nulla cambierà quanto alle condizioni
esistenziali della popolazione, che anzi andrà incontro a ulteriori
vittime, sia per lo scatenamento della guerriglia che verosimilmente i talebani
superstiti e i sostenitori interni di bin Laden lanceranno al momento
opportuno, sia perché il territorio era ed è ulteriormente
disseminato di mine antiuomo che non mancheranno di farsi sentire con effetti
drammatici. Già abbiamo rilevato come uno dei primi effetti collaterali
dei bombardamenti Usa sia stato la distruzione del presidio Onu per lo
sminamento delle guerre degli ultimi vent'anni. E comunque, sminare costa tre
volte di minare il terreno, con beneficio spesso delle stesse imprese che
assicurano il servizio completo, per così dire.
Quale sarà l'evoluzione del conflitto globale? Da ogni parte si levano
voci dissenzienti nei confronti di Bush rispetto alla prospettiva di un secondo
momento dell'escalation militare, questa volta scagliata contro l'Iraq di
Saddam Hussein. Per convincere il resto dei paesi, occorrerà forse una
contropartita efficace: una pace definitiva in Medioriente, convincendo la
restia Israele ad accettare un programma di pacificazione forzata alla
mercé degli estremismi di ciascuna parte che si sono rafforzati grazie
alle politiche dissennate locali e globali; oppure un ulteriore "evento
planetario" da far ricadere con "evidenze inoppugnabili"... di ordine mediatico
su Saddam. Anche perché già tutti i giorni, da anni, prosegue la
guerra a bassa intensità dei caccia anglo-americani sulla popolazione
irachena e su quanto resta in piedi dell'apparato militare, almeno se crediamo
a quanto ci viene raccontato.
A differenza delle guerre televisive degli anni '90, infatti, quest'era
militarizzata ha già assassinato l'informazione, e non solo per mano dei
killer che uccidono giornalisti e cameramen ormai in decine e decine all'anno,
come testimonia il triste elenco di Reporters sans frontières. Quanto
sappiamo è nulla rispetto alle intenzioni, alle vittime, agli effetti,
ai dati di fatto, alle indagini, alle trattative sotto banco. Semplicemente
nulla, se non racconti vuoti, ossia senza dati rilevanti ma con abbondanza di
voci non riscontrabili. La censura in tempi di guerra non è né
nuova né limitata agli eventi militari, come ci viene ripetutamente
detto. L'ipotesi di tribunale militare per cittadini non americani da arrestare
e far arrestare all'estero e poi estradare negli Usa dove finiranno davanti
alla corte marziale con pena di morte sicura, non ha scatenato reazioni
sdegnate se non in minima parte. Presupposto di tutto ciò è la
segretezza delle operazioni, l'opacità delle indagini, la sottrazione
alla vista degli imputati, l'ignoranza totale della procedura penale nel suo
complesso, esattamente come ha fatto Cosa nostra nel suo stile nudo e crudo di
violenza pura, seppure rituale. Esattamente come Bush intende fare nella patria
del Padrino (parte IV?) contro i cittadini del mondo a cui applicare la sedia
elettrica che già applica in abbondanza contro i "propri".
Viva la civiltà occidentale!
Salvo Vaccaro
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