Da "Umanità Nova" n.43 del 9 dicembre 2001
La guerra continua...
Scacchiera afgana: lo stallo e l'arrocco
Va' un po' a costruire teorie sulla pretesa esperienza dei fatti quando le vere
cause, i profondi moventi ti sono altrettanto nascosti quanto il volto di Iside
sotto il suo velo di pietra!
L. Pergaud, La guerra dei bottoni
Nel momento in vengono scritte queste righe a Bonn la conferenza sul dopoguerra
in Afganistan non si è ancora conclusa, mentre la cosiddetta roccaforte
talebana di Kandahar risulta sotto assedio e sotto bombardamento e i marines
stanno costruendo trincee; arduo prevedere quanto si protrarrà l'attuale
stallo politico-militare, ma di certo gli esiti sul piano politico del
confronto tra le diverse componenti dell'Alleanza del Nord, gli Stati Uniti e
la Comunità Europea, saranno decisivi anche sul campo di battaglia.
Mai come adesso appare fondato il rischio che chi vince una battaglia
può perdere la guerra e viceversa; i fragili equilibri etnico-politici
di una possibile coalizione governativa a Kabul che potrebbe persino
comprendere anche rappresentanti dell'ex-regime talebano, la contrarietà
afgana nei confronti di una significativa presenza militare straniera americana
sul proprio territorio, la prevedibile guerriglia talebana e il perdurante
banditismo tribale fuori dai centri urbani che rendono già problematica
una qualsiasi normalizzazione interna, nonché i concorrenti interessi
economici e politici dei paesi confinanti (in particolare Russia, Pakistan,
Iran), fanno apparire come un labirinto mortale ogni possibile disegno per il
futuro dell'Afganistan ad esclusione della prosecuzione di una guerra
prolungata.
Per questi motivi difficilmente a Kandahar ci sarà una vittoria
schiacciante e risolutiva come vorrebbe buona parte della drogata opinione
pubblica americana, semplicemente perché Bush e il suo governo non
possono permetterselo.
Trasformare infatti Kandahar in una nuova Berlino, con gli ultimi reparti di
volontari "arabi" fedeli a bin Laden votati a combattere sino alla morte e il
mullah Omar suicida nel suo bunker, vorrebbe dire produrre un nuovo potente
mito e nuovi martiri da vendicare non solo per la futura resistenza afgana
anti-Usa ma anche per il fondamentalismo islamico presente in tutti paesi
arabi.
Inoltre gli Usa non possono permettersi neppure che ad annientare le ultime
resistenze a Kandahar siano altri afgani, delegati a svolgere il ruolo di boia,
sia perché altri massacri comunque renderebbero poco presentabile la
bandiera di civiltà con cui è stata ammantata l'intera operazione
Enduring Freedom, sia perché una simile eventualità
complicherebbe a dismisura la formazione di governi transitori interetnici a
Kabul in nome di una improbabile pacificazione nazionale; interessante a
riguardo un'affermazione dell'esperto di strategie Charles Heyman
dell'accreditato "Jane's World Armies" che, riferendosi all'avvenuta
individuazione del rifugio del mullah Omar, ha ipotizzato che le forze
statunitensi non l'hanno voluto colpire perché "magari non intendono
ancora prendere il mullah, sanno dov'è, lo controllano", attendendo con
tutta evidenza gli sviluppi della situazione.
E se neanche Bush, con il suo governo e i vertici militari divisi sulle
strategie imperialiste future, è in grado di prevedere e pianificare gli
esiti della guerra, lo è ancora meno il governo italiano che da un lato
ha ufficialmente chiesto al Kirghizistan di ospitare le forze aeree tricolori
(oggi le basi, domani chissà...) ed ha avvicinato la "nostra" flotta
alla zona d'operazioni, mentre il ministro degli Esteri Ruggero colto da
improvvisa prudenza ha raffreddato i bellicosi ardori di parte della sua stessa
maggioranza affermando che sulla base di "considerazioni di pericolosità
in assenza di un'autorità politica in grado di gestire la situazione
(...) sarebbe molto grave se inviassimo i nostri soldati in questo momento, in
una situazione in cui non ci sono garanzie, a fare un'operazione che
probabilmente andrebbe al di là dell'ordine pubblico e potrebbe avere
elementi di gravissima pericolosità".
Evidentemente, l'interventismo del governo Berlusconi così ansioso di
"fare la nostra parte" agli ordini dell'alleato americano contemplava la
possibilità di andare ad ammazzare qualcuno per i valori della
civiltà e della democrazia, ma non comprende quella di trovarsi sul
serio dentro una guerra non-virtuale.
Non è più tempo di eroi...
Uncle Fester
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