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Da "Umanità Nova" n.43 del 9 dicembre 2001

Nigeria: condannata alla lapidazione per adulterio
Salviamo Safya!

Safya Husseini Tungar Tudu è una donna di poco più di trent'anni accusata di adulterio e condannata a morte per lapidazione: la sentenza è stata emessa dal tribunale islamico a Gwadabawa, nello Stato di Sokoto, nel nord-ovest della Nigeria.

La condanna a morte per lapidazione è ammessa nei paesi che adottano la "sharia", la legge coranica, come legge di stato. Nel mondo sono più di 40 paesi: per fare alcuni nomi è in uso negli Emirati Arabi, Iran, Afganistan, Somalia....

Si arriva al paradosso che la pena capitale è facoltativa nei casi di omicidio, ma è obbligatoria in caso di adulterio. I reati sessuali infatti sono considerati un reato contro Dio e, facendo a gara in efferatezza, la punizione per la omosessualità maschile prevede di essere arsi vivi o gettati da una rupe. L'idea che un uomo possa essere trattato come una donna appare incomprensibile.

L'accusa di "fornicazione" (zinaâ) è talmente grave che deve essere provata da quattro testimoni e, se non fosse tremendo farebbe anche ridere, la testimonianza della donna vale metà: pertanto occorrono quattro testimoni maschi, o due donne e tre maschi e così via.

Morti tremende, compiute in un clima di violenza inaudita: attraverso questa crudeltà si vuole affermare che tutto ciò che non è "norma" è perverso.

E così Safya, se non interverrà un vasto movimento per salvarla, morirà. Sarà seppellita viva nella sabbia: resterà fuori solo la testa per vedere le pietre che la colpiranno. La sharia fissa anche la grandezza delle pietre che non devono essere né troppo piccole né troppo grandi.

E noi in occidente parliamo di queste perverse normalità, raccontiamo gli omicidi come si racconta un aneddoto dell'ufficio.

Ogni giorno notizie di morte ci sommergono: ormai abbiamo costruito delle fortissime barriere per difenderci. È l'unico sistema per sopravvivere, per non soccombere. E se pure ci sentiamo estranei in questo mondo che semina morte, continuiamo a viverci dentro, con la sofferenza di non riuscire a modificarlo come vorremmo, ma ci sorregge la speranza che questo è possibile.

La condanna a morte di Shayfa sta passando sulle coscienze come una fastidiosa foglia secca: una morte in più o in meno cosa cambia?

Ma nella nostra coscienza pesa come una montagna intera.

Rosaria



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