Da "Umanità Nova" n. 1 del 13 gennaio 2002
Il Robin Hood dei ricchi
Berlusconi all'assalto di TFR e redditi più bassi
Nelle prossime settimane la mobilitazione sociale e
sindacale crescerà significativamente. I sindacati di stato hanno
già indetto alcuni sciopero ed, in particolare, uno sciopero di una
giornata della scuola e del pubblico impiego per il 15 febbraio.
I sindacati alternativi sono attraversati da una discussione complessa sulle
iniziative da prendere. Come contributo alla discussione pubblichiamo due
schede che riteniamo utili alla comprensione delle questioni che si stanno
discutendo.
Breve sintesi della legge delega sulle pensioni
Riduzione 3-5 punti dei contributi
Per incentivare occupazione "con carattere di stabilità" e
incrementare le risorse da destinare ai fondi integrativi il Governo punta a
una riduzione non inferiore a 3 e non superiore a 5 punti degli oneri
contributivi dovuti dall'imprenditore alla previdenza pubblica per i neo
assunti.
La misura valida per coloro che non hanno mai lavorato (privi quindi di
anzianità assicurativa) dovrebbe essere a carico della fiscalità
generale.
Visto che le tasse le pagano i lavoratori si utilizzerebbero le tasse pagate
dai salariati per far pagare meno contributi agli imprenditori. Un buon esempio
di welfare a favore delle imprese.
Liberalizzazione età pensionabile
Il lavoratore che supera l'età di vecchiaia (65 anni per gli
uomini, 60 per le donne) potrà restare al lavoro con l'accordo
dell'imprenditore. Per lui varranno gli incentivi contributivi previsti per chi
resta al lavoro nonostante il diritto alla pensione (esenzione dai contributi
se si lavora ancora due anni).
In pratica, qualche anno in meno di godimento della pensione, meno contributi
per i padroni, meno occasioni di reddito per i disoccupati. Certamente,
però, in questo modo gli anziani privi di una vita sociale decente
potranno "sentirsi utili" e, allungando la propria vita lavorativa recuperare
parte di quello che perderanno con la riforma delle pensioni.
Verso abolizione divieto di cumulo
Si amplierà progressivamente la possibilità di totale
cumulabilità tra pensione di anzianità e redditi da lavoro
dipendente o autonomo "in funzione dell'anzianità contributiva e
dell'età". L'abolizione non si estenderà ai dipendenti pubblici
che comunque non potranno lavorare oltre i 67 anni (70 per i dirigenti).
In pratica, si renderà più facile lavorare legalmente per chi ha
una pensione miserabile, da una parte, e svolgere un'attività ben
retribuita ai dirigenti e quadri.
Certificazione dei diritti acquisiti
Il lavoratore che matura i requisiti per la pensione di anzianità
può avere un certificato dall'ente di previdenza a cui è iscritto
che attesti il diritto alla pensione. Se deciderà di restare al lavoro
potrà ritirarsi dall'attività in qualsiasi momento anche se
cambieranno le regole per l'accesso alla pensione.
Zero contributi se si resta al lavoro almeno due anni
Per chi dopo aver ottenuto i requisiti per la pensione di
anzianità si impegna a restare al lavoro almeno due anni è
prevista l'esenzione totale dal pagamento dei contributi. Questi contributi
saranno destinati "in misura non inferiore al 50%" al lavoratore (che quindi
avrà una busta paga più pesante) e per il resto alla riduzione
del costo del lavoro. L'opzione può essere esercitata più di una
volta (le volte successive alla prima anche per periodi inferiori a due anni).
In pratica, si incentiva la propensione a prolungare la sottomissione al lavoro
grazie alla "busta paga più pesante" nel mentre si riduce il costo del
lavoro.
Aumento contributi parasubordinati
Per il collaboratori aumenta l'aliquota contributiva dal 13% al 16,9%.
Una parte dell'incremento dell'aliquota dovrebbe essere destinata a prestazioni
di carattere sociale e formativo a favore di questi lavoratori. Il popolo dei
lavoratori parasubordinati, i cosiddetti lavoratori anomali, vede appesantirsi
la pressione contributiva in cambio di vaghe promesse.
Sono esclusi dall'aumento gli amministratori, sindaci e revisori di
società e coloro che sono iscritti ad altre forme di previdenza
obbligatoria o già percepiscono trattamenti pensionistici.
Meno contributi sui contratti aziendali
La delega prevede l'aumento fino a un punto percentuale del limite
massimo di esclusione dall'imponibile contributivo delle erogazioni previste
dai contratti aziendali o di secondo livello. Un'altra riduzione della
pressione fiscale sulle aziende.
Adesione automatica a fondi pensione
Il rilancio della previdenza integrativa dovrebbe passare per una
previsione di "silenzio assenso" nel versamento del Tfr da maturare ai fondi
pensione.
In questo mod si creerà un gigantesco mercato coatto per i fondi
pensione.
Il Governo si impegna a garantire che il conferimento del Tfr sia "senza oneri
per le imprese". Dovrebbero quindi esserci quindi, in particolare per le
piccole e medie imprese, compensazioni in termini di accesso al credito,
riduzioni del costo del lavoro e eliminazione del contributo relativo al
finanziamento del fondo di garanzia del Tfr. Ancora una volta a a carico della
fiscalità generale e cioè del reddito dei salariati.
Parità fondi chiusi e aperti
Si punta a una concorrenza tra fondi contrattuali e aperti ma anche alla
"libera circolazione" tra le forme previdenziali integrative. Nella delega si
prevede anche l'ampliamento della deducibilità fiscale della
contribuzione ai fondi e la riduzione dell'imposta sui rendimenti dei fondi
stessi.
Misure contro sommerso
Il Governo punta a far emergere il lavoro sommerso dei pensionati con
misure in linea con quelle previste dalla legge sui '100 giorni' per gli altri
lavoratori e cioè con la liberalizzazione del rapporto di lavoro, una
liberalizzazione che vale, ovviamente, solo per le imprese.
Destinazione risparmi
Il governo punta a destinare i maggiori risparmi e le maggiori entrate
alla riduzione del costo del lavoro e incentivare lo sviluppo dei fondi
integrativi.
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