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Da "Umanità Nova" n. 3 del 27 gennaio 2002

15 febbraio. Sciopero generale!

Nessuna riforma (né tantomeno nessuna rivoluzione) potrà essere progettata ed attuata senza il pieno e responsabile coinvolgimento delle parti sociali, in primo luogo di quelle organizzazioni che rappresentano quella parte del mondo del lavoro (e più in generale della società) che non ha le capacità di difesa costituite da redditi elevati e forte capacità contrattuale.
Roberto Maroni, Intervento al XIV Congresso della CISL

È per questo che mi sono parecchio arrabbiato quando Maroni mi ha invitato a dire da che parte sto. A parte il fatto che noi non gli abbiamo mai chiesto con quale sindacato sta lui, il giorno che costringessero il sindacato a schierarsi sarebbe la fine. E questo vale anche per il fronte imprenditoriale".
Savino Pezzotta, Segretario CISL, La Repubblica 18 gennaio 2002

"Il ministro Maroni deve dichiarare la sua disponibilità al confronto. Ripeto, un confronto senza pregiudiziali. Spetta ora al governo decidere come poter uscire da questa situazione dove lui stesso ci ha portato con le sue scelte".
Savino Pezzotta, Segretario CISL,, La Stampa 17 gennaio 2002

La strada per evitare il conflitto è quella della concertazione?
Sì, quella di cercare soluzioni concertate, negoziate. Noi siamo pronti, aspettiamo una risposta.
Da un'intervista a Savino Pezzotta, Segretario CISL, Il Sole 24 Ore, 16 gennaio 2002

Lo sciopero del 15 febbraio si avvicina o, meglio, i due scioperi del 15 febbraio si avvicinano. Si tratta, dal punto di vista sindacale, di una situazione nuova.

Per un verso, CGIL-CISL-UIL hanno indetto per quel giorno uno sciopero della scuola e del pubblico impiego mentre quelli delle categorie del settore privato si vanno svolgendo a livello regionale.

Per l'altro, l'assieme del sindacalismo di base ha indetto uno sciopero generale. Per la prima volta, a quanto io ricordi, CUB, Confederazione Cobas, SLAI Cobas, Unicobas, USI, LAB, CNL hanno concordato uno sciopero. Senza esagerarne il rilievo, un evento interessante.

Sulle pagine di UN ci siamo, nei numeri passati, sforzati di seguire il ridisegnarsi dello scenario sindacale e dei suoi rapporti con il quadro del potere imprenditoriale e politico, è ora opportuno riprendere il filo di una riflessione critica.

Le contorsioni dei sindacati di stato

La scelta di CGIL-CISL-UIL di dar vita a scioperi separati fra settore pubblico e settore privato risponde all'esigenza di tenere assieme la CGIL che non vedrebbe male un affondo contro il governo e la CISL che vuole evitare una "politicizzazione" dello sciopero.

Sul piano strettamente sindacale, ammesso che esista un piano strettamente sindacale, la ricomposizione interna al sindacalismo di stato è, per l'essenziale, il prodotto di una forzatura del governo che ha sviluppato in maniera eccessiva la precedente scelta di giocare sulle contraddizioni fra CISL e CGIL e ha obbligato la CISL ad assumere una linea "unitaria" con il sindacato concorrente.

Affrontare assieme la questione dell'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori e quello delle pensioni e appiattirsi sulle posizioni confindustriali ha dimostrato una rigidità tattica che espone il governo a seri rischi.

D'altro canto, la CISL vuole tenere aperta la possibilità di un dialogo con il governo e non è disposta a bruciarsi i vascelli alle spalle. Lo sciopero generale, senza sopravvalutarne le implicazioni e l'efficacia, sarebbe stato un regalo eccessivo alla CGIL e il buon Savino Pezzotta di regali del genere non è disposto a farne.

Una piattaforma snervata

La piattaforma di CGIL-CISL-UIL per lo sciopero del 15 febbraio è la cartina di tornasole per quanto riguarda lo stato dei rapporti sindacali. Sul piano retributivo, infatti, i lavoratori sono chiamati a scioperare per il recupero del differenziale di inflazione, lo 0,8% del salario, e, quindi, per l'applicazione degli accordi del luglio 1992 e 1993. Si sciopera per restaurare la concertazione, insomma.

Molti compagni tendono a ritenere che le piattaforme sulle quali si indicono gli scioperi siano di limitato rilievo o perché si curano poco della dimensione sindacale o perché sperano che la mobilitazione dei lavoratori forzi la situazione e scavalchi il controllo degli apparati sindacali.

Per parte mia, non escludo che un movimento spontaneo possa forzare una piattaforma ma ritengo che non si possa fare finta che una mobilitazione deve vedere una certa coerenza fra rivendicazioni e modalità di lotta adottate. Chiedere ai lavoratori di scioperare e, quindi, di perdere giornate di salario per aumenti irrisori rischia di depotenziare il movimento o di portarlo allo snervamento.

Se, poi, teniamo conto del significato politico di una rivendicazione economica, appare chiaro che uno sciopero volto a restaurare la concertazione è inadeguato a porre all'ordine del giorno la questione salariale, quella dell'opposizione alla precarizzazione, quella della ricomposizione di un fronte di classe che la massiccia partecipazione degli immigrati alla manifestazione del 19 febbraio dimostra possibile se non di facile realizzazione.

Lo sciopero del sindacalismo alternativo

Il solo fatto che sette soggetti sindacali si siano trovati d'accordo sulla data di uno sciopero, sulla piattaforma, sulla gestione dell'iniziativa è un fatto positivo da assumere nella sua rilevanza.

Non si è certo realizzato, nell'area del sindacalismo alternativo, un rapporto di fraterno amore ma il solo fatto di operare assieme può mettere in moto energie interessanti e spostare gli equilibri.

Gli elementi caratterizzanti dell'iniziativa di quest'area sono precisi. Vale la pena di ricordarne i principali:

- La rivendicazione di retribuzioni europee e quindi il porre in maniera chiara la questione salariale

- L'opposizione netta alla precarizzazione del lavoro e, di conseguenza, non solo la difesa dell'articolo 18 ma la volontà di estenderlo alle piccole aziende, alle cooperative, al lavoro anomalo

- La difesa delle pensioni ed il rifiuto di qualsiasi mediazione su questo terreno

- L'opposizione alle politiche di guerra

Se si considera il carattere generale dello sciopero e il conseguente coinvolgimento dei lavoratori del settore privato, si coglie la differenza progettuale fra le due iniziative.

Due scioperi coincidenti e concorrenti?

Il fatto che i due scioperi cadano nello stesso giorno risponde a dinamiche non semplici.

Indubbiamente la legislazione anti sciopero ha pesato, sarebbe stato impossibile fare uno sciopero legale nei giorni immediatamente precedenti e seguenti e accelerare o ritardare troppo l'iniziativa era impensabile per motivi politici mentre, la cosa va serenamente riconosciuta, non vi è, ad oggi, la forza per lanciare uno sciopero illegale.

Ritengo che la scelta del 15 febbraio non risponda solo a ragioni di questo genere. La pressione "unitaria" ad opera sia di settori di lavoratori che di diverse forze politiche e sindacali è forte ed attraversa, con maggiore o minore incidenza, il sindacalismo alternativo. Basta pensare al ruolo del PRC e della sinistra CGIL per cogliere la rilevanza d questa pressione.

Sarebbe, però, una lettura tutta politicista e, di conseguenza, povera e riduttiva quella che non cogliesse il fatto che i lavoratori più combattivi chiedono oggi iniziative larghe e per ragioni non ignobili quando guardiamo alla durezza dell'attacco che il governo ed il padronato stanno portando al mondo del lavoro.

La dialettica fra sindacalismo di stato e sindacalismo alternativo, di conseguenza, non si giocherà sulle date o, per l'esattezza, si giocherà solo parzialmente sulle date mentre saranno rilevanti la capacità di mobilitazione e di chiarezza nelle assemblee, nell'attività di preparazione e nelle mobilitazioni pubbliche.

Nelle settimane che precedono il 15 febbraio ed in quelle che lo seguiranno, si giocherà molto per il movimento di classe, una riuscita dello sciopero renderà non impossibile ma certo difficile ai sindacati di stato un cedimento secco e una sconfitta sul campo del governo, non facile ma non impossibile, potrebbe essere un segnale importante.

Si tratta di lavorare in questa direzione con molta determinazione, con una forte capacità di iniziativa nelle aziende e sul territorio, con una politica capace di coinvolgere i settori del movimento di opposizione che non affrontano con chiarezza la contraddizione capitale lavoro.

In questa dialettica giocheranno un ruolo i diversi soggetti politici, sociali e sindacali e, come sempre, dalla loro capacità di iniziativa dipenderà anche il radicamento che svilupperanno e l'efficacia delle loro proposte.

Questa considerazione vale, a maggior ragione, per un'area come quella libertaria che, grazie alla sua naturale internità al conflitto ed alla mancanza di ambiguità istituzionali, può esprimere meglio di altre i caratteri più radicali della mobilitazione che si va sviluppando.

Cosimo Scarinzi



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