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Da "Umanità Nova" n. 3 del 27 gennaio 2002

Letture
Max Hölz, "Un ribelle nella Rivoluzione Tedesca 1918 - 1921"

Max Hölz, "Un ribelle nella Rivoluzione Tedesca 1918 - 1921", BfS-Collegamenti Wobbly, Pisa 2001. Pagg. 160, euro 13

"Max Hölz fu considerato dai socialdemocratici un avventuriero pericoloso, dai comunisti ufficiali un irresponsabile e un traditore, dalla sinistra comunista un anarchico e dagli anarchici un leninista."
Paco Ignacio Taibo II, "Arcangeli"

Le memorie del rivoluzionario ed irregolare comunista Max Hölz, pubblicate dalla BfS e da Collegamenti Wobbly, meritavano davvero di essere conosciute anche in Italia, sia per l'indubbio interesse storico che queste rivestono sia come diretta e coinvolgente testimonianza su quanto profondamente l'esistenza di una persona può identificarsi, attraverso le sue conseguenti scelte di campo, con le lotte della collettività proletaria.

Quanto avvenne in Germania, durante gli anni della Repubblica di Weimar, ha finito per assumere un carattere epocale tutt'ora presente nell'immaginario politico: crisi economica, disoccupazione, scioperi operai, aspri conflitti di classe, sovversione armata, tentativi di colpi di stato, reazione, terrorismo determinarono una situazione insurrezionale contro il potere costituito che fu sul punto di realizzare quella rivoluzione tedesca che Marx aveva vaticinato circa mezzo secolo prima.

Anni in cui si scontrarono senza quartiere radicali ideali pratiche di liberazione umana e la più spietata controrivoluzione borghese; da un lato la rivolta spartachista e il comunismo dei consigli operai e contadini, dall'altro il compromesso governo socialdemocratico e il nascente fascismo tedesco al soldo dei grandi industriali come Krupp, dei latifondisti e delle dinastie imperiali, tutti accomunati dall'odio antiegualitario per il potere "rosso" e l'anarchia sociale.

Nemico delle mediazioni politiche e insofferente verso la disciplina di partito, Hölz trasformò la sua stessa vita in una continua insurrezione verso le autorità dominanti, divenendo una popolarissima figura di agitatore e capo-popolo sulla cui testa arrivarono a mettere una taglia di 185.000 marchi per alto tradimento, turbamento della pace sociale, sequestro di beni, detenzione di ostaggi, attentati, omicidio di un possidente, reati per cui fu processato e condannato all'ergastolo, dato che forse la sua condanna a morte lo avrebbe reso un simbolo ancor più bruciante di ribellione.

Memorabile la sua autodifesa di fronte agli inquisitori di Stato, durante la quale affermò: "Ho già detto che non voglio rispondere alle accuse. Non riconosco le conclusioni del pubblico ministero, non riconosco il verdetto della giuria. Per me si tratta soltanto di chiarire alla classe operaia i motivi delle mie azioni (...) La vostra condanna non varrà per me più di un esame scolastico (...) Vi ho rivolto accuse pesanti, sebbene per principio non sia mia intenzione rivolgervi la parola"; d'altra parte di fronte a dei giudici che in nome della legge - autentico terrore fatto parole - colpirono in modo feroce l'insubordinazione operaia incarcerando migliaia di lavoratori insorti, legalizzando al contempo la stragi compiute dai mercenari dei FreiKorps durante la guerra civile, quale altra dialettica poteva esserci se non quella dettata dall'antagonismo proletario?

La vita come sovversione, la sovversione come vita.

Lettura davvero consigliata per chi vuole avvicinarsi alla storia sociale senza annoiarsi, ma anche un bel saggio per chi è interessato all'approfondimento degli eventi della società tedesca antecedenti all'affermazione del nazismo, grazie anche all'introduzione di Bruno Bongiovanni e alla postfazione di Marco Balusci, anche se purtroppo non è stato possibile inserirvi un Indice dei nomi.

Erremme



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