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Da "Umanità Nova" n. 3 del 27 gennaio 2002
Dall'Afganistan alla Somalia
Contro tutti gli eserciti!
È da un po' di tempo oramai che si rincorrono voci sui prossimi attacchi NATO ad altri "stati canaglia", quegli stati che, secondo un'improvvida classificazione
statunitense, coprirebbero o fomenterebbero il terrorismo internazionale. Da
parte nostra, credo si possa tranquillamente sostenere che tutti gli stati, con
maggiore o minore intensità, sono "terroristi", ovvero siano quei
soggetti preposti e legittimati ad esercitare l'uso della violenza all'interno
di una entità territoriale data (i confini nazionali), grazie ai reparti
di polizia, l'esercito, le carceri, i tribunali..., e all'interno del quadro
internazionale, nel confronto con gli altri soggetti giuridici preposti ad
usarla: le guerre ed il terrorismo (per definizione) sono gli strumenti di
eccellenza di tale contesa.
Per noi è altrettanto chiaro che nel computo di questi "stati canaglia"
sfuggano per ovvie ragioni di comodo, siano esso geo-strategiche, economiche,
religiose o altro, tutte quelle nazioni che non possono o non debbono
rientrarvi: non sarebbe pensabile, almeno per ora, che il primo fornitore
mondiale di greggio, l'Arabia Saudita, venisse annoverato tra gli stati
punibili con rappresaglia militare, né tanto meno l'alleato Egitto,
dalle cui lande infuocate proviene la quasi totalità degli attentatori
dell'11 settembre. Questo determina, sul piano internazionale, una evidente
disparità di trattamento - e che dire di Israele e della Turchia? -
rimarcabile tra nazioni e nazioni che produce, all'interno di quei luoghi, un
odio profondo, intenso, non soltanto verso le nazioni occidentali, ma anche
verso coloro che vi alloggiano e sul piano delle relazioni tra soggetti sovrani
(gli stati) questo significa la totale scomparsa di ogni qualsivoglia
riferimento giuridico-formale (il cosiddetto diritto internazionale) e
l'avvento dell'arbitrarietà limitatamente contrattabile tra
entità forti (la Nato ad esempio) ed altre entità meno forti (il
Pakistan ad esempio), oppure la non-negoziabilità di fatto (Stati Uniti
vs Afghanistan) e quindi la guerra.
Nessuno più di noi sarebbe felice della scomparsa di qualsivoglia
diritto internazionale e nazionale, ma sembra che, al contrario, si stia
procedendo verso una civiltà della supremazia, un nuovo fascismo
internazionale ammantato da "ingerenze umanitarie"[1] e da blitz di polizia.
Questo sistema internazionale, per chi non se ne fosse ancora accorto, produce
effetti con ricadute locali significative:
Ogni sistema statuale si regge, di fatto, su di un impianto giuridico formale e
sostanziale che considera la legge come elemento strutturale fondante e
costitutivo dei poteri stessi: il crollo del sistema giuridico - formale
internazionale comporta, di fatto, la non-efficacia o la parziale inefficacia
dello stesso ordinamento nazionale. Il riferimento più ovvio è
legato all'articolo 11 della costituzione italiana ed all'uso difensivo
dell'apparato militare.
Con effetto domino, parte della legislazione locale perde di efficacia
giuridica, non dal punto di vista formale, ma sostanziale: vengono "svuotate",
ovviamente, quelle leggi legate ai diritti civili ed alla difesa di classe. Al
contrario il garantismo del potere ritrova rinnovato vigore e sostegno da
deroghe locali ed internazionali: l'attuale dibattito in corso sul caso SME non
è che un pallido esempio di ciò che è in corso da alcuni
anni.
A tal proposito sarebbe opportuno intervenire sulle miserie
dell'antiberlusconismo, che ben si accompagna alla ripugnanza del berlusconismo
stesso, che parrebbe darsi forza in nome e per conto di un inesistente diritto
ed ideologia delle genti, quello del liberalismo internazionale s'intende (la
legislazione statunitense sull'antitrust, "in Spagna non avverrebbe mai una
cosa del genere"...), che esso stesso (il centrosinistrismo nazionale)
è disponibile a mandare in soffitta ogni qual volta se ne renda
occorrenza per ragioni di stato. Per capirci: non possono rivendicare una
legislazione internazionale a cui il cavaliere si dovrebbe attenere, per poi
fottersene quando si deve andare a bombardare in giro per il pianeta. Problemi
di coerenza loro, ovviamente, ma ricadute sul groppone di tutti, almeno a me
sembra.
Saltando l'impianto bellico internazionale, bisognerebbe capire in che modo, le
leggi sui diritti umani, sull'equa redistribuzione delle risorse (pensiamo ad
esempio alle contese sull'acqua) etc potrebbero avere una qualsivoglia sorta di
influenza locale, a meno che queste non vengano benevolmente imposte con una
contrattazione armata, non volta certamente a favorire il cambiamento dei
"costumi" locali quanto all'accaparramento delle risorse stesse.
Questi ragionamenti, ma altri ancora si potrebbero fare, mi sono saltati in
mente mentre mi stavo approssimando alla tastiera per scrivere un articolo
sulla Somalia. Dopo aver girovagato per un po' di giorni in cerca di risorse
fruibili per documentare lo stato di quella miserrima nazione, tanto da
permettere di capire una serie di perché e di percome sulle ragioni di
un altro possibile ed imminente attacco militare, mi sono chiesto, a che pro?
Ovvero il fatto di sapere che l'Occidente gradirebbe bombardare nuovamente
l'Iraq, e poi la Corea del Nord, il Sudan, l'Indonesia, l'Iran...(?), ma che
probabilmente dovrà iniziare dalla Somalia perché tra tutti
è lo stato che crea meno problemi internazionali e, una volta conosciuto
questo, apprendere la geografia somala, la divisione in gruppi tribali, la
povertà endemica, l'intervento criminale (1992-1995) sotto egida
internazionale denominato Restore Hope, dove "italiani brava gente" hanno
continuato le nefandezze dei loro avi colonizzatori e fascisti, gli interessi
delle multinazionali della frutta, le esplorazioni petrolifere e di altri
preziosi minerali[2], i gruppi combattenti musulmani, cosa aggiungerebbe alla nostra inveterata ignoranza? Non sono certo contro un'informazione seria e documentata, ma, mi pare che continuare a ripetere che le guerre sono economiche, politiche e religiose, quand'anche ideologiche, non tolga ed
aggiunga nulla a quello che già sappiamo: siamo contro le loro guerre,
il loro militarismo, il loro sfruttamento!
Pietro Stara
Note
1 Il termine "ingerenza umanitaria" venne
coniato per la prima volta da papa Woytila in merito alla missione italiana in
Somalia del 1992 - 1995.
2 Dopo le prospezioni della metà degli anni Ottanta, un
primo accordo tra il governo somalo e la Conoco fu siglato il 10 ottobre del
1988 per l'esplorazione petrolifera nelle regioni centrali e nord-orientali.
Giacimenti importanti di altri minerali tra i quali tungsteno, manganese,
cromo, titanio e nichel furono segnalati nello stesso periodo a sud di
Mogadiscio (Africa Research Bulletin, 30 novembre 1988, p. 9341). Mark Fineman,
The Oil Stakes Factor in Somalia, in Los Angeles Times, 18 gennaio 1993, p. 1,
ricorda che, nei suoi ultimi anni di dittatura, Barre concesse due terzi delle
risorse petrolifere somale a quattro multinazionali petrolifere statunitensi:
Conoco, Amoco, Chevron e Philips. Secondo Fineman, nel 1992 il quartier
generale della Conoco a Mogadiscio fu "trasformato di fatto in un'ambasciata
americana, qualche giorno prima dello sbarco dei marines nella capitale somala".
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