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Da "Umanità Nova" n. 4 del 3 febbraio 2002
Una rivolta di popolo
Cronaca delle giornate di dicembre in Argentina
Vi proponiamo, pur datato al 26 dicembre, un documento redatto dai compagni della Biblioteca Popular "José Ingenieros" di Buenos Aires che offrono un ulteriore spaccato di quelle giornate e di una rivolta che, ancor oggi, continua nelle città argentine.
Uno dei modi di presentare la dimensione dei fatti accaduti in Argentina tra il
18 e 20 dicembre è di dare qualche dato sulla repressione: secondo le
notizie rese dalla stampa i morti sarebbero 29, anche se potrebbero essere di
più; solo nei dintorni di Plaza de Mayo, centro di Buenos Aires,
giovedì furono assassinate 7 persone. I feriti si contano a centinaia e
gli arresti a migliaia - solo in Buenos Aires furono più di un
migliaio.
Alcuni degli arrestati sono stati torturati nei commissariati e nei cellulari.
Sono anche circolate voci sul funzionamento di centri clandestini di detenzione
e sull'esistenza di persone scomparse, ma ciò non ha avuto conferma.
In alcuni commissariati le forze di polizia rifiutato le richieste di habeas
corpus presentate per conto dei fermati, sostenendo che questi non si trovavano
presso di loro. Hanno utilizzato ogni mezzo per annientare gli oppositori.
Sebbene ufficialmente si sono volute ignorare le vittime, i morti sono
lì, una prova in più che la violenza è l'essenza dello
stato. Per quanto il governo neghi che le forze repressive abbiano utilizzato
armi da fuoco, lo stesso i morti sono lì con i corpi, le schiene, le
teste perforati dai proiettili. Uomini, donne, bambini investiti e calpestati
dagli zoccoli della polizia a cavallo, teste e corpi gonfiati dalle
bastonature, corpi irritati dai gas vomitativi e lacrimogeni. Il governo, come
nei tempi della dittatura, ha ammesso che si sono commessi solamente "alcuni
eccessi".
Un altro modo di presentare l'accaduto, almeno nella città di B.A.
è di parlare dei danni distretto finanziario, una sessantina di isolati
dove si concentrano il capitale e le ditte internazionali. Là tutto era
distruzione, vetri rotti, rottami, fuoco. Ciò che è cominciato
come centinaia di azioni di iconoclastia anticapitalista si mutò in
distruzione generalizzata, in cui le migliaia di persone che si erano
impossessate delle strade sfogavano la loro rabbia.
Come è iniziato tutto ciò? Non parleremo delle cause più
profonde che ci porterebbero a risalire vari decenni indietro, ci riferiremo a
fatti immediati che hanno innescato la miccia. Il 3 Dicembre il governo
nazionale ha decretato la "bancarizzazione" dell'economia (obbligando i
pagamenti per mezzo di conti bancari, NdR), e ha trattenuto i depositi,
soprattutto dei piccoli investitori, per adempiere alle richieste della
politica del deficit zero del F.M.I., e per cercare di arginare la fuga di
capitali. Ciò ha paralizzato l'economia familiare ed è stato il
colpo di grazia per i correntisti e per i piccoli commercianti, senza parlare
dei settori emarginati. L'ebollizione sociale era solo questione di giorni.
I primi saccheggi sono avvenuti venerdì 18 a Cordoba e Entre Rios,
mercoledì mattina si allargano al circondario urbano di Buenos Aires (il
Conurbano bonaerense) e ad altre città del paese. La psicosi come una
peste si espandeva in tutta l'Argentina, prendeva piede la notizia che orde di
saccheggiatori - identificati comunemente come "picconatori" (piqueteros
è il nome dato ai contestatori che costruiscono barricate su strade e
ponti per interrompere le attività economiche, NdR) - radessero al suolo
interi quartieri. Si cercava di destabilizzare il governo e al tempo stesso di
mettere poveri contro poveri per disarticolare i settori popolari in lotta per
la costruzione di una nuova società. La destra e i peronisti optarono
per una guerra psicologica che spianasse la strada verso il potere.
Il governo nazionale ha risposto alla profonda crisi nazionale dichiarando il
coprifuoco per trenta giorni. Le rivendicazioni sociali erano nuovamente
criminalizzate e soffocate con la forza. Il decreto presidenziale fu annunciato
ufficialmente intorno alle 23 di mercoledì. Da quel momento, migliaia di
persone uscirono per strada attuando una delle maggiori azioni di disobbedienza
civile dal ritorno della democrazia rappresentativa. Il rumore di centinaia di
migliaia di casseruole e di clacson e una quantità di bandiere argentine
riempirono i quartieri del porto e la gente si diresse camminando verso il
parlamento e la Casa Rosada (il pelazzo del governo, NdR). Quando uomini e
donne, bambini e anziani riempirono la Plaza de Mayo la polizia iniziò a
sparare con i gas lacrimogeni sulla folla. La risposta in generale fu pacifica,
anche se già qualche gruppo scaricò la sua furia su banche,
cartelloni pubblicitari, telefoni pubblici e locali di Mc Donald's. Alla fine,
nonostante fossero passate le tre di notte, con la folla che respingeva partiti
politici e sindacati, permaneva per le strade il coprifuoco ed era scarsa la
presenza della polizia.
La notizia delle dimissioni del ministro dell'economia, per primo, e del resto
del governo, più tardi, incoraggia la forza popolare. Ma intorno alle 4
del mattino iniziano gli attacchi della polizia con gas lacrimogeni e
proiettili di piombo - alcuni anche di gomma - Sulla scalinata del Parlamento
(Congreso), a 1500 metri da Plaza de Mayo, cadde la prima vittima. Nonostante
la repressione alcuni gruppi rimanevano e resistevano per le strade. Alle 12 di
giovedì, la polizia caricò violentemente i manifestanti in Plaza
de Mayo. La gente fu investita e buttata a terra dai cavalli della polizia,
intossicata dai gas, bastonata, ferita a colpi di arma da fuoco. La piazza fu
sgomberata, ma iniziarono le lotte di strada per tutto il centro della
città. La resistenza popolare, che contava solo su pietre e poche
molotov, per 8 ore innalzò barricate impedendo l'avanzata della
polizia.
Col trascorrere delle ore, la notizia dei compagni uccisi accresceva l'ira.
Intorno alle 19, quando si seppe ufficialmente delle dimissioni del presidente,
la polizia cominciò a scagliarsi violentemente sui manifestanti che
ancora resistevano nei dintorni dell'Obelisco. Anche nel resto del paese
seguivano degli scontri. A Panama, capoluogo della provincia di Entre Rios, la
gente tentò di bruciare la sede del governo.
Anche nella città di Cordoba si cercò di ridurre in cenere il
municipio. A La Plata, capoluogo della provincia di B.A., i manifestanti
cercarono di occupare la legislatura provinciale.
Parallelamente a ciò che accadeva nelle strade, la classe politica, in
generale improvvisava per riempire il vuoto di potere generato dalla patetica
fuga in elicottero dell'allora presidente dimissionario Fernando De La Rua.
Questa notizia fu considerata come una vittoria dalla convenzione dei
governatori giustizialisti, che si teneva in quel momento nella provincia di
San Luis. Ricordiamo che il giorno prima questi si erano rifiutati di
concordare un governo di coalizione per accelerare così l'inevitabile
svuotamento di potere del governo radicale. In questo modo il governo,
rovesciato dalla lotta popolare, fu rapidamente sostituito dai peronisti. Come
ha detto Ramon Puerta, che, essendo il presidente del senato, subentrò a
De La Rua, "in nessun momento ci fu acefalia istituzionale".
Gli ultimi atti del governo di De La Rua furono di togliere il coprifuoco,
persistere nella parità peso/dollaro e dichiarare che le sue dimissioni
non si dovevano alla lotta popolare, ma al vuoto di potere provocato dai
peronisti.
Il coprifuoco fu imposto nuovamente da Puerta per le province di Entre Rios,
San Juan e B.A., anche se fu revocato alcune ore dopo.
Anche la mobilitazione popolare ebbe i suoi lati oscuri: la gente respingeva
non solo la classe dirigente (politici, sindacalisti) e il piano economico
dettato dagli organismi finanziari internazionali, ma anche la politica intesa
come possibilità di creare un progetto sociale differente. Tutti i mezzi
di informazione presentarono queste giornate storiche come un trionfo della
società civile delegittimando la gente e gli emarginati che nelle strade
hanno lasciato la vita. Tuttavia, aldilà delle manovre realizzate dalla
destra e dai peronisti per fomentare la destabilizzazione politica, l'uscita di
scena di De La Rua è stata una vittoria popolare.
Compañeros de la Biblioteca Popular "José Ingenieros", trad. di
Milena Andrioco
Buenos Aires, 26 de diciembre de 2001
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