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Da "Umanità Nova" n. 5 del 10 febbraio 2002

Livorno 2 febbraio: manifestazione antimilitarista anarchica
Un altro "modo" è possibile

A Livorno verso le 15 c'è un sole che batte ed una Piazza Magenta gremita di manifestanti venuti da tutta la penisola. Molte bandiere, striscioni, tamburi ed un nutrito numero di pentole e padelle battute a dovere da gruppi di compagni e compagne nel tentativo di abbracciare la rivolta dei Piqueteros argentini e legarla all'antimilitarismo e all'opposizione alla guerra che caratterizzano la manifestazione.

Quando il corteo parte, scandito dal sound-system del furgone d'apertura, si è già più di un migliaio ma la gente continua ad affluire durante la strada.

A ritmo di balli, slogan e cacerolazo il serpentone colorato arriva a contare quasi 3.000 persone prima di concludere il percorso nella piazza finale.

In una città e in un territorio deturpati, grazie anche a decenni di connivente politica Pci-Pds-Ds, da un'estesa militarizzazione che vede la presenza vergognosa delle caserme della divisione paracadutisti Folgore, dell'Accademia Navale con l'Istituto Guerra Marittima, della base USA di Camp Darby e del porto utilizzato dalla NATO, la persistente cultura antifascista ha mostrato un'accoglienza insolita di questi tempi per chi manifesta dissenso e in particolar modo ostenta e rivendica la propria appartenenza libertaria.

Infatti, lungo tutto il percorso del corteo, non solo le persone che l'hanno incontrato non sono affatto apparse intimorite ma hanno dimostrato attenzione, simpatia e condivisione verso gli anarchici ed antimilitaristi; significative ed ampie anche le adesioni livornesi alla manifestazione, dal Csoa Godzilla al Social Forum, dai lavoratori dell'ex-Borma ai Giovani Comunisti/e.

A metà corteo, importante anche l'intervento di un rappresentante, a nome degli immigrati presenti, della comunità senegalese.

Ma assieme al carattere festante e comunicativo, oltre che negli slogan urlati e scritti sugli striscioni, il corteo ha espresso la sua radicalità attraverso numerose scritte, soprattutto sulle sedi delle banche, ma pure sulle auto dei Vigili Urbani che a Livorno sono normalmente impiegati in funzione di ordine pubblico e sulla facciata delle Amministrazioni comunali e provinciali.

Infine da segnalare, quale atto dimostrativo certo non frequente nelle manifestazioni pacifiste, un tricolore dato alle fiamme, a sottolineare che la nostra opposizione è anche internazionalismo.

Il comizio finale è una staffetta d'interventi dei vari gruppi che hanno partecipato e delle varie componenti anarchiche e libertarie, ognuno rilevando le specificità che l'antimilitarismo porta in essere ovunque, dai luoghi di lavoro alla scuola di stato e di chiesa, dallo sconvolgimento dei territori alle relazioni sociali. L'intervento più lungo e appassionato è del compagno Giordano che non manca di ribadire le contraddizioni che spesso un certo pacifismo generalista evita accuratamente di trattare e cioè la continuità della politica guerrafondaia dei rispettivi governi in apparente opposizione (centrosinistra e centrodestra) dove, anche nella recente ed importante manifestazione di Roma contro il Ddl Bossi-Fini, si è veduta la presenza di loschi figuri diessini, e di affine compagine, sfilare assieme alle decine di migliaia di migranti e antirazzisti. Ma i contenuti degli interventi sono molti e mentre si denuncia l'attuazione delle leggi liberticide che, col pretesto della lotta al terrorismo, investono tutti, lavoratori, studenti, disoccupati dando linfa vitale alla militarizzazione interna della società, si punta l'indice sul carattere permanente di questa guerra. Una guerra che facendosi chiamare pace o "giustizia infinita" (NATO) cerca di normalizzare lo stato di aggressione esterna e repressione interna così da portarci immediatamente dall'Afganistan ai prossimi obiettivi strategici che potranno essere la Somalia, il Sudan, l'Iraq ecc. e farci accettare sempre più limitazioni delle libertà.

Una tappa importante questa di Livorno che si unisce alle parallele manifestazioni contro la NATO a Monaco, dove forte è stata la repressione messa in atto dal governo tedesco, ed a New York contro il WEF dove mi giungono notizie di una presenza di 20.000 persone.

Importante soprattutto perché rimarca come le istanze di liberazione dal sistema gerarchico non possono fermarsi ad una denuncia della guerra ma devono correre i binari dell'autorganizzazione sociale scevra da ogni compromesso istituzionale e partitico, legalitario ed opportunistico.

Significativa a questo proposito l'oscena kermesse di Porto Alegre dove un tavolo tematico è stato gestito da qualche centinaio di parlamentari liberali e socialdemocratici (compresi Folena & C.), gli stessi che nei rispettivi stati hanno votato per le varie guerre umanitarie in nome della Santa Alleanza Atlantica.

In compenso è stata votata l'esclusione dei delegati di alcune guerriglie come le FARC (Colombia) e l'ETA (Paesi Baschi) con la motivazione che al Forum non sono ammessi gruppi che operano la lotta armata... peccato che, oltre all'eccezione nei confronti dell'EZLN, non abbiano considerato che i signori parlamentari legittimi interlocutori di "un altro mondo possibile" abbiano utilizzato migliaia di soldati armati fino ai denti per massacrare intere popolazioni.

Se a Livorno si è riusciti ad affermare con determinazione l'irriducibilità dell'approccio libertario alla guerra e pur vero che in tutta l'Argentina l'estensione di questa pratica è stata assolutamente diffusa. Nessun partito o sindacato poteva sventolare una bandiera, nessuna istituzione ha potuto cavalcare la tigre.

Ancor più dell'ormai abusato "un altro mondo è possibile" diventa necessario "un altro MODO possibile" per costruirlo.

Stefano Raspa e M. R.



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