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Da "Umanità Nova" n. 5 del 10 febbraio 2002

L'ombra del quarto uomo
Omicidio Giuliani: una verità "inconfessabile"

Le risultanze delle perizie e delle deposizioni riguardanti l'uccisione di Carlo Giuliani appaiono in modo sempre più evidente contraddittorie, tanto da far fortemente ritenere che si stia da più parti cercando di nascondere una verità "inconfessabile".

La dinamica degli scontri in piazza Alimonda in quel pomeriggio del 20 luglio, le perizie balistiche sui due bossoli di pistola rinvenuti, l'autopsia sul corpo della vittima, le foto ed i filmati, le dichiarazioni dei carabinieri coinvolti fanno infatti pensare alla presenza di un quarto misterioso agente a bordo del Defender da cui sarebbe partito il colpo che freddò Carlo; su questa presenza ci sono pure le testimonianze di alcuni manifestanti, ma soprattutto ad accreditare tale ipotesi vi sono alcune considerazioni quasi elementari.

Basta aver fatto il servizio militare per sapere quanto sia difficile colpire un bersaglio con una pistola, anche a breve distanza; partendo da questo dato, la mortale precisione del colpo che avrebbe sparato contro Carlo il giovane carabiniere di leva (sottolineiamo di leva, quindi non particolarmente addestrato ed esperto), Mario Placanica, risulta davvero sconcertante. Il contesto vede infatti lo sparatore fare fuoco, essendo contuso, gassato, sotto stress e in preda al panico, a bordo di un mezzo - il Defender - scosso da urti, sassate e tentativi di ripartire, inoltre al suo fianco c'era almeno un commilitone che tentava di ripararsi dalla rabbia di un manifestante che brandiva un asse di legno.

A questa instabilità del mezzo, si aggiunga anche la distanza - circa quattro metri - a cui si trovava Carlo che costituiva peraltro un non facile "bersaglio in movimento"; infine, come se non bastasse, il colpo di pistola - una Beretta calibro 9 di ordinanza - sparato da Placanica avrebbe centrato la testa di Giuliani, ossia la parte più piccola del suo corpo.

Forse neppure il leggendario sceriffo di Tombstone, in tali condizioni, sarebbe stato in grado di colpire un simile obbiettivo, figuriamoci un Placanica che, pur avendo sparato, ben difficilmente appare come l'effettivo killer di Giuliani.

Ed infatti, si comincia ad intravedere un altra verità.

Il proiettile che uccise Carlo, trapassandogli la testa, non è stato mai ritrovato; ma dalle macabre relazioni autoptiche sui fori di entrata ed uscita emerge che ben difficilmente doveva essere un calibro 9, ma uno più piccolo (anche se con una certa potenza), quindi le Beretta d'ordinanza appaiono già fuori causa, indipendentemente dalle contrastanti perizie sui due bossoli calibro 9 presi in esame.

La faccenda del calibro più piccolo non è marginale; un 22 Lungo, per esempio, non avendo praticamente alcun rinculo permette un tiro molto più preciso, ma soprattutto indica la presenza di un arma per il tiro di precisione (pistola o carabina), un'arma non di ordinanza più adatta ad un agente dei corpi speciali che ad un carabiniere di leva che, forse per un ordine ricevuto o in buona fede, si è addossato una colpa che non ha per "coprire" altre responsabilità.

Immaginiamo infatti che, oltre ai tre inesperti carabinieri di leva su quel Defender ci fosse anche un agente speciale, magari con licenza di uccidere, pronto a sparare e non certo per sbaglio o per paura, tutta la tragica vicenda assumerebbe così ben altro aspetto e le responsabilità politiche sarebbero, con tutta evidenza, di altro genere.

Altra Informazione

(Documentazione tratta dal Dossier pubblicato su "La repubblica" del 19 gennaio 2002 e dal sito www.misteridiitalta)



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