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Da "Umanità Nova" n. 6 del 17 febbraio 2002

La lotta di McDonald's ci interessa
La forza della solidarietà

È risaputo che i sindacati cosiddetti "rappresentativi" sono piuttosto tiepidi quando si tratta di impegnarsi in settori ingrati come quello della ristorazione rapida: imprese dai metodi spicci, che detestano ogni forma di organizzazione dei salariati, in cui il precariato, il turn-over spinto ed i bassi salari sono la regola e rendono aleatoria la prospettiva di una sindacalizzazione stabile, con contributi d'adesione elevati. Tant'è che persino quando i salariati entrano in lotta da soli e vanno a bussare alla porta dei sindacati per ottenere un sostegno ed una copertura, la maggior parte delle volte si scontrano con l'atteggiamento distante ed educato dei responsabili che a chiare lettere vuol dire: ma che ci andremmo a fare noi in quest'inferno? Un atteggiamento che spiega la presenza dominante in questo settore di delegati sindacali ligi al padrone, eletti (quando lo sono...) in condizioni più che discutibili.

Al Mc Donald di Strasbourg-Saint-Denis le relazioni di lavoro erano più o meno le stesse che nel resto del settore: forme di super-sfruttamento (tempo parziale pagato sulla base dei minimi intercategoriali, orari flessibili in modo da permettere una costante massima intensità del lavoro, condizioni lavorative spesso pericolose) ma con un potenziale di rivolta smussato dallo spirito di squadra ("se sei lento sono i tuoi compagni che pagano per te") e dei rapporti diretti, quasi come in famiglia, fra salariati e responsabili, che favorivano l'arrangiamento individuale e rendevano difficile la presa di distanza psicologica necessaria al salariato per difendere i suoi interessi. Un insieme di metodi che hanno fatto ritenere, ad alcuni osservatori esterni, come molto poco probabile la comparsa di lotte in un contesto simile...

Ciò nonostante, il miracolo si è prodotto... "grazie" all'arroganza di un nuovo gestore che ha preso a pretesto un ammanco di cassa per licenziare cinque "manager" (sostanzialmente dei capi squadra, considerati un po' come fratelli maggiori) troppo ingombranti, il che ha provocato la rivolta dell'insieme dei salariati, scatenando uno sciopero in massa per il reintegro di tutti senza condizioni. Ovvero, come il sentimento d'ingiustizia può far fallire le strategie padronali più collaudate.

Parte allora un processo di sindacalizzazione. Gli scioperanti vanno a bussare a diverse porte per ottenere una copertura ed un sostegno sindacale, e finiscono per trovare un orecchio attento alla federazione del commercio CGT. Una sezione sindacale CGT viene dunque costituita e, grazie ad alcuni militanti CGT decisi e convinti dell'importanza simbolica di questo sciopero (loro stessi assai poco sostenuti dall'apparato), nasce un collettivo di solidarietà. Vi si ritrovano militanti di diverse tendenze, fra cui una forte componente libertaria (anche se la CNT, che in altre occasioni si era mostrata capace di impegnarsi in situazioni difficili, questa volta ha perso il treno), come pure alcuni aderenti alla CGT di altre imprese del commercio impegnati nelle lotte in corso.

Una dinamica interessante si mette in moto. Gli scioperanti, molto giovani per la maggior parte, scoprono la lotta ed imparano ad auto-organizzarsi. Se profittano dell'aiuto di militanti più sperimentati, e del sostegno giuridico e logistico della CGT, sono loro a decidere - a loro modo, poco convenzionale rispetto alle abitudini sindacali - del proseguimento della lotta e della conduzione delle trattative. D'altra parte, il dibattito e le iniziative del collettivo di solidarietà (la tradizionale lunga lista di organizzazioni che lo compongono non deve trarre in inganno: nella pratica è sempre un nucleo relativamente ridotto di militanti decisi a fare le cose) contribuiscono ad allargare e rendere popolare la lotta, in particolare grazie alla regolare organizzazione, tutti i sabati da tre mesi, di blocchi agli altri Mc Donald. In queste occasioni gli scioperanti entrano in contatto con altri salariati e tentano di convincerli a scendere in lotta (il che è avvenuto diverse volte), mentre i membri del collettivo fanno il lavoro, non sempre facile, di propaganda, di discussione e di raccolta fondi presso i clienti delusi ed i passanti.

A che punto siamo oggi? Lo sciopero regge da più di tre mesi, grazie anche al sostegno finanziario fornito da alcune strutture della CGT da una parte, dalle varie collette dall'altra. Tre dei cinque licenziati sono stati reintegrati per via giudiziaria (uno dall'ispettorato del lavoro e due, poco tempo fa', dalla magistratura del lavoro) e questa è una vittoria psicologica importante per gli scioperanti. Inoltre, questa lotta ne ha indotte delle altre: delle fermate sono avvenute nei diversi Mc Donald visitati, quasi sempre disinnescate da rapide trattative; è iniziato uno sciopero al Quick di Barbes, in solidarietà con un dipendente perseguitato, e dura da una settimana. In senso generale, la cultura della lotta rivendicativa auto-organizzata ha l'aria di fare il suo percorso in questo mondo della ristorazione rapida, in cui i padroni avevano scommesso che non sarebbe mai penetrata. E si può scommettere che siamo soltanto all'inizio.

Il 2 febbraio si è svolta una manifestazione che può essere considerata un successo sul piano numerico. I media continuano ad interessarsi alla lotta, ed il fatto che il clima pre-elettorale incoraggi i tentativi di recupero non deve farci dimenticare l'altro aspetto della questione: la gente che si incontra ha sentito parlare della lotta, e assai spesso mostra interesse, comprensione, solidarietà.

La direzione Mc Donald (che sostiene il gestore in questione) continua a puntare sullo sfaldamento del conflitto, mostrando un incrollabile disprezzo verso quei pochi salariati che osano sfidarla. Eppure, vari segni indicano che sta cominciando a mordersi le mani per aver scelto una strategia tanto disastrosa per la sua immagine, in particolare in un momento segnato dalla diminuzione del suo volume d'affari. In fondo tutto lascia pensare che la mayonese ha preso e che la lotta del Mc Donald di Strasbourg-Saint-Denis potrebbe avviarsi verso una vittoria totale. Ma, che ciò si verifichi o meno, tutti quelli che sono rimasti implicati nella lotta sentono che non bisogna disperdere il bagaglio di esperienze, di relazioni, di amicizie che si sono allacciate attraverso di essa, e che bisognerà metterlo al servizio di altre lotte di precari che non mancheranno di presentarsi, in questo o in altri settori.

(trad. Aenne)



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