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Da "Umanità Nova" n. 7 del 24 febbraio 2002
Ombre afgane
L'evacuazione della Legione Straniera della Jiahd: Accordo tra USA e Pakistan per il ponte aereo
In questi mesi, nel tentativo di de-costruire l'informazione militarizzata che
ha accompagnato la guerra in Afganistan piuttosto che di avere l'illusoria
pretesa di informare su quella che continua ad essere una guerra segreta, sono
via via andate emergendo alcune certezze.
Innanzitutto, l'operazione Enduring Freedom non ha avuto né continua ad
avere gli scopi che erano stati propagandati a seguito dell'11 settembre.
Se gli obiettivi più volte dichiarati dalo stesso Bush erano davvero
Usama bin Laden e il mullah Mohammad Omar, leader politico-religioso del regime
taliban di Kabul nonché genero dello stesso Laden, ci troviamo di fronte
ad una evidente considerazione: o tali obiettivi erano fasulli, volti a
demonizzare e personalizzare la figura del nemico di fronte all'opinione
pubblica americana, oppure tutta l'operazione Usa è stato un
fallimento.
Infatti, i due personaggi non sono stati né uccisi ne catturati, in
Afganistan la situazione appare tutt'altro che sotto controllo ed il "nuovo"
governo di Karzai conta poco più di niente, ostaggio delle varie fazioni
etnico-politiche con le loro rispettive bande armate nonché prigioniero
dei vari compromessi che ha dovuto accettare anche con gli sconfitti,
cioè col precedente regime Talebano.
Un altro obiettivo "strategico" della guerra contro il terrorismo doveva essere
la distruzione dell'organizzazione di Al Quaida (o Al Quaeda o, più
precisamente, al-Qa'ida) e della rete ad essa collegata, ritenuta responsabile
degli attacchi alle 2 Torri e al Pentagono, ma anche in questo caso, dietro i
bombardamenti spettacolari quanto terroristici e le altrettanto spettacolari e
terroristiche immagini del lager di Guantanamo, molte cose non tornano, tanto
da rafforzare molti quanto legittimi dubbi sull'intera operazione che ci
eravamo posti fin dall'inizio.
Per quanto riguarda il regime talebano, divenuto per il governo Usa
improvvisamente terrorista, pericoloso, barbaro, intollerante, estremista,
nemico delle donne, etc., senza parlare degli appoggi economici e militari che
per almeno un decennio gli stessi Usa fornirono ai guerriglieri afgani
(qualcuno ricorda il film "Rambo 3", allora prodotto per evidenti fini
propagandistici?) che combattevano l'occupazione sovietica, basti dire che
ancora nel marzo 2001 l'ambasciatore talebano, Sayed Rahmatullah Hashimi, in
visita negli Stati Uniti si era tra l'altro incontrato con la direzione
centrale della Cia e l'ufficio informativo del Dipartimento di Stato,
rilasciando interviste televisive su l'Abc e la National Public Radio,
nell'ottica di un prossimo completo riconoscimento del regime talebano
dell'Amministrazione americana ben disposta a chiudere entrambi gli occhi su le
ben note violazioni dei diritti umani compiute da questo in nome degli
interessi economici legati soprattutto - ma non solo - alla politica
energetica, nei disegni dell'imperialismo Usa nell'area centro-orientale.
Rispetto invece la sorte dei guerriglieri-terroristi di Al Qaida, il
fantomatico network internazionale guidato da Bin Laden, i punti oscuri sono
tanti e tali da diventare un vero enigma.
Secondo le informazioni veicolate nelle settimane immediatamente precedenti e
successive l'inizio della campagna militare della cosiddetta coalizione
occidentale in Afganistan, questi improbabili guerrieri-ninja dell'Islam
presenti in territorio afgano dovevano essere al massimo qualche migliaio, ma
dopo settimane e settimane di bombardamenti che hanno causato almeno 3.767
vittime civili (secondo i calcoli dell'esperto americano Marc W. Herold), si
è venuti a sapere che alla fine di gennaio vi era ancora un migliaio di
combattenti di Al Qaida asserragliati sulle montagne dell'Est del paese vicino
al paese di Zurmat, senza contare tutti quelli ritiratisi in Pakistan o che si
trovano "imboscati" in altre zone montagnose.
Appare quindi in modo evidente che non solo i servizi segreti americani hanno
protetto e curato Bin Laden in un ospedale da essi controllato sino al 10
settembre, vigilia dell'attacco terroristico all'America, ma hanno pure gestito
e pianificato la fuga di Al Quaida. A sostenerlo, tra l'altro, non sono
più soltanto le solite voci tendenziose, partigiane e disfattiste - tra
le quali volentieri ci iscriviamo - ma vi è pure un accreditato
giornalista, Alberto Negri, che scrive sul Sole-24 Ore.
In un suo articolo del 10 febbraio u.s. ("La grande fuga di al-Qaida") descrive
in modo circostanziato questa connivenza, attingendo da varie fonti anche Usa,
tanto da meritare d'essere almeno parzialmente ripreso per quanto riguarda i
retroscena della caduta della roccaforte di Kunduz e gli accordi che hanno
permesso la ritirata dei talebani e dei guerriglieri di al-Qaida dal Nord
dell'Afganistan evacuati in aereo, nel traffico dei bombardamenti americani,
nell'ambito di "un'operazione di salvataggio che ha svuotato la città e
l'Afganistan del nocciolo duro della Jihad, (che) è stato il risultato
di un accordo tra Stati Uniti e il presidente pakistano Pervez Musharraf che
voleva evitare l'umiliazione di perdere centinaia, forse migliaia, di uomini
dell'esercito e dei servizi di Islamabad impegnati, insieme ai volontari
pakistani, a fianco dei talebani, Un'evacuazione in piena regola (...) per
consentire al generale-presidente pakistano di restare in sella. (...) È
avvenuto così che nelle gabbie di Guantanamo sia stato esposto soltanto
un campione di prigionieri neppure troppo significativo, fatta eccezione per i
sauditi, la maggioranza dei carcerati: una sorta di foto di gruppo segnaletica
di al-Qaida ma dove sono state cancellate migliaia di facce e forse il volto
autentico della guerra afgana. (...) Mentre da giorni le truppe del generale
uzbeko Rashid Dostum e del comandante tagiko Daud trattavano con gli assediati
- contendendosi ferocemente l'onore di entrare per primi in città -
dietro le quinte veniva organizzato il ponte aereo pakistano (...) Di notte gli
americani continuavano a bombardare ma il rombo dei caccia, tre giorni prima
della caduta, veniva intervallato dai motori degli aerei e degli elicotteri
pakistani. Un parte dei talebani aveva già capito quello che stava
accadendo: insieme alla sconfitta del regime del monocolo Mullah Omar, se ne
stava andando la Legione straniera della Guerra. Informazioni queste che
confermano la giustezza delle nostre posizioni, estremamente scettiche nel
considerare l'11 settembre come momento di una guerra santa scatenata contro
l'imperialismo ma anche critiche nei confronti di una certa ambigua
"equidistanza" di quanti dicendo di non stare "Né con Bush né con
bin Laden" in realtà comunque avvaloravano tale falsa
contrapposizione.
Uncle Fester
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