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Da "Umanità Nova" n. 7 del 24 febbraio 2002
L'Argentina tra miseria e "cacerolazo"
L'analisi della Federazione Libertaria Argentina
La "crisi" in Argentina ha avuto ampie ripercussioni internazionali e, per come stanno le cose, sicuramente continuerà ad averne. Per questo crediamo che l'informazione non sia quello che manca, anche se è sempre difficile distinguere tra quella veritiera e quella distorta, tra quella in buona o in cattiva fede. E questo vale sia per quelli che stanno fuori dall'Argentina sia (e forse in misura maggiore) per noi che ci stiamo dentro. Cosicché tentare un'analisi più o meno azzeccata del fenomeno argentino non è, quindi, compito semplice. In primo luogo perché i fatti passano attraverso molteplici fattori di natura assai diversa - storici, sociali, economici, politici, culturali - che ne rendono impossibile la comprensione se non vengono presi in considerazione nel loro insieme. Però, siccome da qualche parte dobbiamo pur iniziare, crediamo convenga farlo a partire dalle nostre convinzioni (o dai nostri "pre-giudizi" se si preferisce).
Sarebbe semplicista, e inopportuno, cercare di spiegarsi l'esplosione dei giorni dal 18 al 20 dicembre successa come reazione ai provvedimenti che il duo De la Rùa - Cavallo aveva scagliato sul paese nelle ultime settimane o mesi del suo governo. La reazione a queste situazioni è esplosa quando l'ex-presidente De la Rùa aveva creduto di proteggere la società capitalista rinnegando il principio di libertà del paese col decreto di stato d'assedio. Il peso di tale misura, sommato alla fame e alla disperazione, significava che al popolo veniva tolta la massima espressione di dignità: la libertà. Già prima che De la Rùa ultimasse il suo discorso, i cittadini (famiglie intere con bambini, anziani e persino invalidi) occuparono i silenzi autoritari camminando al suono delle pentole già vuote, con obiettivi comuni, gridando: "che se ne vadano tutti, che non ne rimanga neanche uno! Che "'bolidos' lo stato d'assedio se lo mettano nel culo!". I cittadini hanno percorso le strade della città per affrontare il potere esecutivo nella Plaza de Mayo, legislativo nella Plaza de los dos Congresos, e politico-finanziario quest'ultimo rappresentato dalle banche e dalle imprese situate nei pressi della Plaza e Avenida de Mayo. Veramente la "caldaia" della rabbia popolare stava accumulando pressione già da molto tempo. Già durante la sua amministrazione Menem aveva applicato un programma inverso a quello promesso, al posto di un "salariazo" fece un "desalariazo", iniziò a corrompere apertamente tutti gli ambiti disprezzando tutti i principi di umanità. Sono svariati anni che si stanno producendo in diverse regioni del paese manifestazioni sociali, alcune pacifiche e altre violente. Sarebbe lungo enumerarle, però diciamo che le proteste hanno percorso il paese da nord a sud - dalla Quiaca alla Tierra del Fuego, nonostante i 4500 Km che le separano -, sono degni di nota per la loro gravità e per il numero di vittime per mano della polizia i casi di Neuquén, Corrientes, Salta, Ushuaia e, recentemente, nella capitale e nei suoi sobborghi, dove la repressione ha fatto circa 30 morti. Le cause: mancata retribuzione a impiegati statali, disoccupazione incessante (si aggira intorno al 25% senza contare la "subocupaciòn") inadempimento dei cosiddetti "planes trabajar" (circa 150 pesos che non sono sufficienti a coprire una quinta parte del consumo mensile di una famiglia), mancanza di medicinali e investimenti essenziali negli ospedali, infine inattività nelle scuole per scioperi degli insegnanti che passavano mesi senza percepire il loro salario, tutto questo potenziato dal crollo degli introiti - mai ammesso ufficialmente in termini reali.
Il grave non è solo che i soldi non arrivano e l'assistenza neppure, bensì che la maggior parte delle volte, nonostante siano contemplati nei bilanci nazionali o provinciali, essi vanno a finire nei portafogli dei funzionari corrotti e della loro "clientela", che non soltanto si comporta come "forza d'urto" ma in certi luoghi ha rappresentato un fattore preponderante per ribaltare a proprio favore un risultato elettorale. Si da il caso, addirittura, che un politico la cui abitazione era stata incendiata in una "pueblada" risultasse dopo poco tempo eletto governatore con "democratiche" elezioni. Il feudalesimo con il quale ancora si governano molte province in Argentina impaurirebbe più di un osservatore straniero abituato alle regole di quel gioco che si chiama democrazia. Questo unito al narcotraffico ha permesso l'ingresso della mafia politica con la formula elettorale Menem-Duhalde, quella che poi si vende alla fratellanza carnale con gli Stati Uniti e Bill Clinton.
Tradizionalmente, l'Argentina era considerata un paese "potenzialmente" ricco, per le sue risorse naturali, l'estensione del territorio, le praterie, i boschi, il litorale marittimo, il petrolio. La situazione attuale è totalmente differente. Le politiche economiche adottate dai diversi governi a favore di entità come la Citibank, Federal, Boston, HSBC, BBVA (questa francese), Santander, Galicia, e di imprese privatizzate e multinazionali, avvalorate dai legislatori di tutti i partiti politici (con pochissime eccezioni) hanno dato come risultato la distruzione di tutte le imprese nazionali, pubbliche e private. Questa situazione oggi è evidente con maggiore chiarezza nel caso Repsol-YPF: lo stato argentino - per mezzo dei suoi corrotti amministratori e legislatori - ha ceduto le risorse minerali e del sottosuolo favorendo l'impresa spagnola con incredibili esenzioni delle imposte sul reddito, tra le altre cose; soltanto le comunità originarie e il paese dove si trovano i giacimenti difendono l'ecosistema fin dal principio, arrivando a salire sugli alberi per impedire il progredire degli avamposti ove si pretende costruire oleodotti.
Per fortuna, il popolo argentino sembra svegliarsi da questo sogno di grandezza che sono soliti ripetere i manuali scolastici, ed è da tempo che dubita delle promesse pre-elettorali e di chi le diffonde, però fino ad ora aveva adottato un atteggiamento di egoistica indifferenza con la quale godere delle briciole che il viavai della politica gli offriva. Il "si salvi chi può", il consumismo, l'aspirazione a diventare un buon borghese o la possibilità di "estar en la cosa", sembravano essere le parole d'ordine, quando non si offriva loro apertamente la possibilità di privilegi e di far parte di questo show del quale usufruiscono politici e funzionari di ogni tipo e con i quali, a basso costo, la TV riempie i nostri schermi. Il nostro giornalismo, con poche eccezioni, non realizza ricerche indipendenti, ma semplicemente aderisce alle direttive delle imprese mediatiche in connivenza con i poteri politico-finanziari.
Diciamo che il popolo "sembra svegliarsi", però... non dobbiamo abbassare la guardia. Persiste anche nella società argentina una forte presenza di una cultura fascista - della quale il governo è un fedele esponente - e in misura minore di una sinistra autoritaria e verticalista. Non crediamo che ci sia limite per queste esperienze. Però il colonnello Seineldin pretende di mostrarsi come una opzione per i nazionalisti di destra. Dalla sinistra, atomizzata e dissanguata da eterne dispute, non ci si deve aspettare grandi contributi. Come novità, si segnala l'irruzione del partito Autonomìa y Libertad nella scena politica, capeggiato dal deputato Luis Zamora, un tempo leader di un forte gruppo trotzkista - il MAS, Movimiento al Socialismo -, che si presenta con un discorso fortemente critico al sistema.
La confisca dei risparmi, la disoccupazione, la fame e l'abbandono hanno generato una forma di lotta inedita nel nostro paese: i "cacerolazos" e le assemblee di quartiere. Queste assemblee e le loro commissioni raggruppano disoccupati, "subocupados", emarginati e esclusi dalla società capitalista: professionisti, operai, piccoli commercianti, artisti, artigiani, tutti cittadini. Ognuna ha caratteristiche proprie, però non delegare, autogestione, orizzontalità e non voto sono parole d'ordine libertarie che sentiamo di frequenza. A questo punto dobbiamo segnalare che queste assemblee di quartiere, che si riuniscono negli angoli dei vari quartieri di Buenos Aires (Belgrano, San Telmo, Almagro, Caballito, e altri), oltre a realizzare settimanalmente una riunione generale di coordinamento nel Parque Centenario, hanno costituito preziosi spazi di dibattito e deliberazione, non solo per la loro affluenza ma anche per i temi che si mettono a fuoco. Sono aperti e partecipa chiunque voglia farlo, perciò è frequente che qualche dirigente politico o sindacale pretenda di tirar acqua al proprio mulino. Però la gente ha imparato a distinguere quando sente qualche discorso con odore di "cocinado".
Come anarchici, sappiamo che le soluzioni non si troveranno "dentro" al sistema, anche se non dobbiamo scartare il fatto che con un ricambio a tutti i livelli di questa dirigenza la situazione potrebbe normalizzarsi fino al moderarsi delle condizioni attuali.
In un altro ordine di idee, la destituzione della Corte Suprema di Giustizia è uno dei punti che si esigono con maggiore enfasi. Crediamo illustrativo segnalare alcune "prodezze" di questo tribunale: le privatizzazioni di Menem - viciadas de nulidad dalle tangenti che le facilitarono - , il "Plan Bonex" di Cavallo nel 92, la flessibilità lavorativa, l'archiviazione di cause di funzionari corrotti e, come fiore all'occhiello, la liberazione di Menem dalla sua decisiva partecipazione nel traffico di armi - che include l'esplosione della polveriera di Rìo Tercero. Per di più i suoi membri hanno stipendi esorbitanti - che non si possono diminuire secondo la Costituzione - e sono esenti dalle tasse per decisione propria.
Ogni espressione dei nostri cittadini si converte in un pensiero comune carico di domande, dove l'importante giustamente sono le domande e non le loro risposte congetturali. Oggi possiamo dire con gioia che l'azione diretta inizia a coincidere con la parola. Sarebbe da sperare che noi tutti argentini avessimo chiaro chi sono quelli che hanno limitato le nostre libertà, hanno emarginato, escluso e imposto l'esilio ai nostri familiari e amici e ipotecato il futuro dei nostri figli e nipoti.
Oggi la paura nella nostra società si è trasformata in coraggio.
Federaciòn Libertaria Argentina, Consejo Local
Trad. Daniela
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