Da "Umanità Nova" n. 7 del 24 febbraio 2002
Traffico, inquinamento e profitto
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Inquinante | Parametro di valutazione | Livello di attenzione | Livello di allarme |
Biossido di azoto (NO2) | Concentrazione media oraria | 200 ug/m3 | 400 ug/m3 |
Monossido di carbonio (CO) | Concentrazione media oraria | 15 mg/m3 | 30 mg/m3 |
Monossido di carbonio (CO) | Concentrazione media su 8 ore | 10 mg/m3 | - |
Biossido di zolfo (SO2) | Concentrazione media giornaliera | 125 ug/m3 | 250 ug/m3 |
Polveri sospese totali (PTS) | Concentrazione media giornaliera | 90 ug/m3 | 180 ug/m3 |
Ozono (O3) | Concentrazione media oraria | 180 ug/m3 | 360 ug/m3 |
Particelle sospese con diametro inferiore a 10 micron (PM10) | Concentrazione media giornaliera per 7 giorni consecutivi | 50 ug/m3 | 75 ug/m3 |
Il ug è una unità di misura che corrisponde a 1/1000 di mg
Nella gestione delle situazioni di rischio gli enti comunali, provinciali e regionali devono predisporre piani d'azione da attuare nel breve periodo per ridurre il rischio del superamento dei valori limite e delle soglie d'allarme e per cercare di conseguire un miglioramento della qualità dell'aria.
Ho preferito analizzare solo gli aspetti specifici legati alla diffusione di PM10, le cosiddette micro-polveri, per diverse ragioni: si tratta dell'inquinante al centro delle cronache giornalistiche, è da poco tempo che si ricerca la sua presenza, è quello che supera con maggior frequenza le soglie di attenzione e di allarme ed è uno di quelli per cui si determina il blocco totale del traffico.
Ecco cosa prevede la normativa nel caso in cui vengano superati i limiti per il PM10.
Occorre che il superamento del livello di attenzione o di allarme sia misurato in un numero di stazioni pari o superiore al 50% del totale delle stazioni attivate nella zona critica con un minimo di due stazioni, i dati devono essere validati dall'Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente (ARPA) della Lombardia.
Al raggiungimento dello stato di attenzione (dopo 7 giorni consecutivi di superamento del livello di attenzione) salvo che le condizioni meteorologiche attese consentano di prevederne la cessazione, dal giorno successivo l'autorità competente adotta i seguenti provvedimenti:
È interessante, a questo punto, dare un'occhiata ai dati relativi agli ultimi due mesi (dal 1al 31 dicembre e dal 4 al 31 gennaio) nella zona critica di Milano. In dicembre il limite di attenzione è stato superato complessivamente in 22 giorni, per 15 di questi (ovviamente non consecutivi) è stata superata abbondantemente anche la soglia di allarme. L'aria risultava, secondo normativa, accettabile solo in 6 giorni.
Per il periodo relativo a gennaio il limite di attenzione è stato superato complessivamente per 26 giorni, in 21 di questi veniva superato anche il limite di allarme. Dai dati in mio possesso, l'aria risultava accettabile solo il 25 gennaio.
In pratica oltre al danno subiamo la beffa, infatti il "governator Formigoni" si presenta come paladino della salute dei "lumbard" con una normativa che recepisce le più severe direttive CE, però dall'analisi dei dati si verifica che la tutela dei nostri polmoni è più di facciata che reale. Di fatto, nel caso a noi più sfavorevole, potremmo respirare aria densa di micro-polveri per 7/9 giorni consecutivi, senza che nulla accada, basterebbe poi un giorno di valori entro i limiti per garantirci altri 7/9 giorni del venefico aerosol e cosi via...
I blocchi del traffico di domenica 13 e 27 gennaio non hanno modificato in misura significativa la situazione, dopo 24 ore i valori erano già sopra il limite di allarme. L'unico giorno, il 25 gennaio, di "aria pulita" non si aveva come conseguenza del provvedimento straordinario che permetteva la circolazione a targhe alterne, ma era frutto dell'attesa pioggia caduta nella giornata precedente.
Pioggia e vento sono in realtà, a mio parere, gli unici eventi che possono alleggerire in tempi brevi la presenza di questo tipo d'inquinante nei periodi d'emergenza e sono, fino a prova contraria, indipendenti da qualsiasi maggioranza governativa.
Dagli studi finora fatti si ipotizza che il traffico veicolare sia responsabile per il 65% circa della diffusione del PM10, la rimanenza sarebbe da addebitare agli impianti di riscaldamento e alle attività industriali. Quello che non risulta ancora chiaro, per le informazioni a disposizione, ammettendo come valide queste percentuali, è quanto la presenza del PM10 sia legata al tipo di combustibile utilizzato dai motori dei veicoli, quanto all'usura delle parti frenanti, dei pneumatici, dell'asfalto e quanto, infine, alla turbolenza determinata dal semplice passaggio degli automezzi.
Purtroppo non possiamo dimenticare che in questo contesto siamo, contemporaneamente, vittime e carnefici (mi riferisco in particolare a chi usa riscaldare la propria abitazione e a chi utilizza un mezzo di trasporto con motore a combustione), questa è senz'altro una posizione scomoda che ci dovrebbe far riflettere ma che potrebbe anche divenire peggiore. Ad esempio, qualcuno potrebbe avere l'idea di vendere "aria buona" in bottiglia come già succede per l'acqua, o, più verosimilmente, potremmo veder aumentare le spese relative alla cura di malattie dell'apparato respiratorio; magari a tutto vantaggio di qualche struttura privata.
Il modello socioeconomico dominante propone sempre la soluzione "giusta" per ogni problema, l'importante è che la "pezza del momento" garantisca sempre e comunque un profitto a qualcuno... ma i conti chi li paga?
Gli amministratori di turno si preoccupano di mostrarsi sensibili alla salute dei cittadini senza compromettere il modello economico che è invece il primo responsabile della situazione; credo che Milano rappresenti chiaramente questa contraddizione.
L'unica reale via d'uscita è quella di non delegare a nessuno la gestione del nostro futuro, costruire nuove forme di autorganizzazione sociale, per non correre il rischio che, prima o poi, l'autorità democraticamente eletta ci ordini di "respirare a giorni alterni".
MarTa
I dati sono stati ricavati da www.ambiente.regione.lombardia.it