![]() Da "Umanità Nova" n. 8 del 3 marzo 2002 La guerra fa bene al capitalismoChe la guerra sia da sempre uno strumento per superare le cicliche crisi economiche è un fatto scontato. Gli Stati Uniti del democratico Roosevelt superarono la depressione degli anni '30 solo con le spese belliche e la Germania del nazista Hitler fece altrettanto con i faraonici piani di riarmo che sfociarono nella seconda guerra mondiale. Più recentemente gli Stati Uniti di Reagan moltiplicarono le spese militari rilanciando, anche con programmi talmente demenziali da essere ben presto abbandonati (guerre stellari), l'economia nazionale. Ma questi sono solo alcuni esempi. Nel suo "piccolo" anche la guerra in Afganistan ha aiutato l'economia americana, in recessione ben prima dell'attacco alle Torri gemelle. Secondo le valutazioni di dotti analisti economici (si veda "Il Sole-24 ore" del 20 febbraio) la situazione economica americana è molto migliorata nel quarto trimestre 2001, cioè nel periodo nel quale si è concentrato il massimo sforzo bellico contro l'Afganistan. Alla faccia dei principi liberisti - che come è noto valgono per i paesi industrializzati concorrenti e per i paesi poveri del terzo mondo ma non quando si tratta di tutelare gli interessi delle multinazionali in difficoltà - fra ottobre e dicembre dello scorso anno la spesa pubblica americana è aumentata del 4,9% ed è solo grazie a questa iniezione di soldi che il Prodotto Interno Lordo americano nel 2001 non è diminuito nei confronti di quello dell'anno precedente. Nell'ambito di questi investimenti una parte cospicua è costituita dalle spese militari (aumentate del 5,6%) che si sono concentrate sull'acquisto di aerei, carburanti, munizioni e logistica di supporto. Insomma, almeno dal punto di vista economico la guerra è stata un indubbio successo. Recentemente il Pentagono ha inaugurato una nuova "sezione operativa" incaricata di seguire la "comunicazione" (termine moderno sinonimo del vecchissimo "propaganda" e del più recente "disinformazione") presso l'opinione pubblica interna ed estera. Secondo le notizie apparse sulla stampa i "cervelloni" del ministero della guerra americano si erano infatti accorti che le campagne propagandistiche tese ad ottenere l'appoggio popolare alla guerra contro il terrorismo internazionale "battevano la fiacca", anzi per dirlo in modo crudo, avevano fallito nel loro obiettivo. Che azioni nefande, come una guerra contro una delle popolazioni più povere del mondo, vengano giustificate con motivi "nobili" è un fatto in se positivo poiché è un segno che certi ideali superiori fanno parte della coscienza universale. Che tutti questi ideali nobili siano solo delle menzogne è sotto gli occhi di tutti coloro che usano il cervello per ragionare e non per servire i potenti di turno o gli aspiranti tali. Dietro le guerre fra gli Stati, dietro tutte le guerre, ci sono motivazioni economiche e di potere alle quali vengono cinicamente sacrificati migliaia di innocenti, colpevoli solo di stare dalla parte sbagliata della barricata. Antonio Ruberti
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