Da "Umanità Nova" n. 9 del 10 marzo 2002
Italia: la crisi finanziaria dei grandi gruppi
Un puntello dallo Stato?
La presentazione del conto economico aggregato dei principali gruppi italiani nei primi nove mesi del 2001 è stata effettuata da R&S, società di studi e ricerche di Mediobanca, in occasione della pubblicazione dell'annuario sui bilanci riclassificati.
I bilanci presi in considerazione sono, fra l'altro, quelli delle due maggiori
concentrazioni economiche italiane, quelle facenti capo a Pirelli-Olivetti e a
Fiat-Montedison-Italenergia.
Credo che meriti una particolare attenzione le situazione debitoria dei grandi
gruppi.
Dall'annuario si evince che complessivamente sui gruppi presi in considerazione
pesano debiti per 170 miliardi di euro, più precisamente il totale
generale dei debiti è di 169.836 milioni, a fronte dei quali abbiamo
119.702 milioni di capitale proprio e 29.944 milioni di capitale di terzi; il
patrimonio netto è quindi negativo per 20.190 milioni.
In particolare i debiti dei due principali gruppi sono pari a 102.755 milioni,
cioè il 60.5% del campione, loro patrimonio netto è negativo per
49.904 milioni, mentre il rapporto debiti/fatturato è 194,4%.
La situazione finanziaria dei grandi gruppi appare quindi gravemente
compromessa. Già altre volte nella storia d'Italia grandi gruppi
industriali e finanziari hanno attraversato crisi finanziarie, che hanno
coinvolto banche e istituzioni finanziarie. Tali crisi sono state superate con
l'intervento del governo di turno, che ha drenato risorse dal bilancio pubblico
e le ha destinate a coprire le pesanti perdite dei grandi gruppi industriali e
finanziari.
La più grande operazione di questo tipo si svolse all'indomani della
crisi del '29, portò alla costituzione dell'IRI e pose sotto controllo
pubblico l'intero sistema finanziario e gran parte di quello industriale. Le
risorse per questa gigantesca operazione furono trovate nelle casse dell'appena
costruito INPS (allora Istituto Fascista della Previdenza Sociale) che furono
svuotate del denaro che contenevano e riempite delle azioni ormai senza valore
delle aziende sulla via del fallimento. Il presidente del consiglio allora si
chiamava Benito Mussolini.
La situazione concreta dei maggiori gruppi industriali e l'esperienza storica
possono dare un indubbio contributo al dibattito sui fondi pensione.
Più importante tuttavia è comprendere il legame tra grandi gruppi
e governo che periodicamente si viene ad instaurare.
La situazione debitoria dei grandi gruppi è indubbiamente legata alle
operazioni di borsa compiute negli ultimi anni, ma la speculazione sbagliata
non rende ragione completamente di quello che sta succedendo. In realtà
il prezzo pagato per le acquisizioni e le fusioni mostra il fatto che la massa
critica di impianti, fabbricati, materie prime, aree e quant'altro necessario a
mettere in piedi un'attività economica su scala internazionale ha ormai
raggiunto dimensioni gigantesche.
L'acquisizione di quei fattori della produzione su tale scala rende necessaria
la disponibilità di un capitale che nessun gruppo industriale da solo
può raccogliere, e che spesso è anche difficile raccogliere
all'interno del sistema finanziario internazionale. Spetta ai governi allora
intervenire per favorire la grande industria, con aiuti agli investimenti e
all'esportazione, commesse, facilitazioni per il recupero dei siti e, se
necessario, come spesso lo è, facendosi carico dei debiti, magari
indirettamente come è avvenuto in Giappone.
Il capitalismo monopolistico di Stato è il termine che definisce questa
situazione, e rappresenta una forma ben precisa dei rapporti di produzione e di
proprietà, specifica rispetto alla forma generale dei rapporti di
produzione e di proprietà capitalistici; è la forma che esprime
al livello dei rapporti di produzione quello che all'interno del processo di
produzione immediata è l'aumento della composizione organica del
capitale.
Più in generale è l'ennesima dimostrazione che, senza gli
interventi autoritari dei governi, il capitalismo è incapace di
svilupparsi e di garantire margini di profitto.
Tiziano Antonelli
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