unlogopiccolo

Da "Umanità Nova" n. 10 del 17 marzo 2002

Guerra in Afganistan
Caccia alle ombre

Che la guerra in Afganistan non si era conclusa con la caduta del regime di Kabul, lo andiamo affermando ormai da mesi in antitesi ai proclami vittoriosi del governo Usa e dei suoi alleati, ben conoscendo l'efficacia della guerriglia in simili territori montuosi, già teatro della storica sconfitta militare delle truppe d'occupazione sovietiche.

Nonostante la censura vigente sulle operazioni belliche in corso, più volte infatti sono trapelate notizie che riferivano di scontri, agguati, sparatorie; gli ultimi due attacchi erano stati compiuti a Kabul alla fine di febbraio da ignoti contro il contingente britannico, composto da paracadutisti che rispondendo al fuoco avevano ucciso un uomo che in auto stava accompagnando in ospedale una partoriente.

Eppure l'ultima offensiva Usa nell'Afganistan sud-orientale sulle montagne a sud di Gardez, al confine col Pakistan, sembra essere combattuta contro delle ombre.

La zona è stata interdetta ai pur allineati corrispondenti di guerra ed i comunicati ufficiali parlano contraddittoriamente di forze talebane, di gruppi di Al-Quaeda, di "combattenti stranieri".

Le poche informazioni diramate dai militari appaiono del tutto vaghe, elusive, approssimative, il che contrasta in modo evidente sia con l'importanza che viene attribuita a tale battaglia "risolutiva" sia con il costo di militari e mezzi pagato sul campo dai reparti speciali americani e dalle truppe filo-governative (in realtà però ostili al ministro della Difesa, il tagiko Gaeem Fahim), il più alto in assoluto dall'inizio di Enduring Freedom.

Vediamo il susseguirsi delle notizie.

- Il 3 marzo, dopo i primi a caduti (1 americano e 3 afgani governativi), vengono annunciati massicci bombardamenti, condotti da B52 ed elicotteri d'assalto Cobra contro cinquemila "irriducibili" che si ritengono asserragliati nei villaggi Gawyana, Sarana e Pakri dove muoiono, per stessa ammissione americana, anche numerosi civili; si accenna anche ad uno scambio di tiri d'artiglieria pesante da entrambe le parti (segno che la guerriglia non è poi così malmessa) e all'impiego di circa mille combattenti afgani "anti-talebani" con l'appoggio di almeno 70 soldati americani.

- Il 4 marzo, l'operazione Usa denominata Anaconda che dovrebbe cercare ed annientare le ultime resistenze filo-talebane in un'area di circa 60 miglia quadrate, popolata dall'etnia pashtun, registra la perdita di 9 militari statunitensi, nonché l'abbattimento di un caccia-bombardiere AC-130 e di un elicottero Chinook MH-47 (mentre un altro risulta gravemente colpito e, secondo altre fonti, sarebbe precipitato anch'esso).

Adesso la battaglia impegna complessivamente 2.400 uomini (1.200 afgani governativi, 1.000 americani, 200 alleati); la guerriglia risulta dotata di artiglieria, mortai, missili terra-aria sia di costruzione russa che americana. Tommy Franks, coordinatore militare in capo per le forze alleate, mette le mani avanti sottolineando le avverse condizioni operative e il segretario alla Difesa Rumsfeld anticipa: "Abbiamo sempre detto che un certo punto avremmo dovuto impiegare le truppe di terra e abbiamo sempre detto che avremmo potuto avere vittime.

Il momento è venuto. Posso dire che non sarà l'ultima volta che dovremo contare vittime tra i nostri soldati."

- Il 6 marzo, il governo provvisorio presieduto da Karzai annuncia che è stato raggiunto un accordo tra i vari "signori della guerra" di diversa etnia, compreso l'uzbeko Dostum e il suo rivale tagiko Mohammed Atta, al fine di costituire un esercito comune per "difendere l'integrità territoriale", con l'appoggio degli Usa e della Gran Bretagna (mentre i carabinieri italiani stanno già addestrando i reparti della polizia afgana in funzione antisommossa); difficile dire se si tratta di un effettivo avvicinamento politico, è lecito dubitarne, dato che la stessa Cia aveva segnalato tale conflittualità intertenica come uno dei principali problemi irrisolti.

- L'8 marzo tocca sempre a Rumsfeld gelare gli entusiasmi, avvertendo che data la pessima situazione ambientale caratterizzata da gelo, tormenta, altitudine, è difficile prevedere i tempi dell'operazione Anaconda che, inizialmente, doveva durare 72 ore. Per consolare gli animi patriottici sostiene sulla fiducia che circa 500 talebani sono stati uccisi, ma sembra che la battaglia più che sul campo sia stata fermata da decisioni politiche, forse non è stata neanche così "infernale": l'ombra del Vietnam è sempre presente e sarebbe controproducente creare il mito di un Fort Alamo islamico.

Uncle Fester



Contenuti UNa storia in edicola archivio comunicati a-links


Redazione: fat@inrete.it Web: uenne@ecn.org