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Da "Umanità Nova" n. 11 del 24 marzo 2002
La guerra dell'energia
In barba ad ambiente a salute delle popolazioni
Per il controllo dell'energia si sono fatte negli ultimi anni molte guerre:
in Iraq, nel Kosovo, in Afganistan. Anche nel nostro paese l'energia sta
provocando una guerra, quella dei gruppi industriali del settore energetico
contro l'ambiente e la salute delle popolazioni.
Il decreto "sblocca centrali"
Il 12 marzo il Senato ha dato un primo "si" al decreto governativo dell'ottobre
2001, definito "sblocca centrali" perché fra le tante misure prevede
anche di semplificare l'iter autorizzativo per la costruzione di nuove centrali
elettriche attraverso una drastica limitazione dei poteri degli enti locali. Il
decreto prevede che "il parere non favorevole, congruamente motivato, deve
indicare, a pena di inammissibilità, le condizioni e le modifiche
progettuali che si reputano necessarie per un parere favorevole". Come su altri
temi anche qui la strada al centro destra è stata spianata dal centro
sinistra il cui ministro dell'industria Letta aveva presentato un analogo
progetto e che nel 2000 aveva fatto approvare dal parlamento la legge sulla
"semplificazione amministrativa" che prevedeva una misura simile (art. 12). In
definitiva lo "sblocca centrali" piega le amministrazioni contrarie ai progetti
di nuove centrali agli interessi degli industriali: se un progetto viene
presentato l'ente locale deve comunque trovare una maniera per autorizzarlo! Si
tratta di un modo farneticante di legiferare, giustificato solo dalle pressioni
della lobby energetica che vede impegnati i numerosi gruppi industriali
italiani e stranieri: ENEL, ENI, FIAT, Edison, Lucchini, Merloni-Foster
Wheeler, Sondel, Southern Energy, ecc.
Anche il metano inquina
La liberalizzazione del mercato dell'energia - che avrà come effetto
principale la limitazione della quota dell'ENEL al di sotto del 50% della
potenza nominale installata - ha scatenato gli appetiti di una moltitudine di
gruppi industriali, piccoli e grandi. Il "gestore di rete", la Spa pubblica che
regola i flussi di energia ad alta tensione, ha ricevuto richieste di
connessione alla rete per 646 nuovi impianti per una potenza complessiva pari a
114.600 MW, circa il doppio dell'attuale capacità produttiva italiana,
che viene valutata attorno alle 55mila MW. Anche se le richieste effettivamente
accettabili dovrebbero attestarsi attorno al centinaio, si tratta comunque di
un numero notevole di impianti - tanto per fare un esempio ricorderemo che la
sola Edison progetta di costruire nuove centrali per una potenza di 14mila MW,
pari al 26% dell'attuale capacità produttiva nazionale - che avranno un
impatto ambientale non indifferente. Numerosissimi progetti di impianti
termoelettrici sono a gas metano, per lo più cicli combinati o
cogenerativi. Per favorire lo sviluppo delle centrali a metano i maggiori
gruppi energetici stanno propagandando la favola che il metano sia una fonte
energetica "pulita". Siamo di fronte ad una grande falsità: il metano
è inquinante anche se "meno sporco" di carbone e petrolio. Secondo Marco
Caldiroli di Medicina democratica, un impianto capace di produrre 400 MW di
elettricità a ciclo combinato emette ogni anno 840 tonnellate di ossido
di azoto, 200 tonnellate di monossido di carbonio, 1184 tonnellate di biossido
di carbonio, il gas serra per definizione. Tanto per rendersi conto: una di
queste centrali produrrebbe da sola un centesimo della riduzione di questo gas
che l'Italia si è impegnata a effettuare nell'ambito dell'accordo di
Kyoto. Bisogna poi aggiungere le polveri (15 tonnellate) e l'ossido di zolfo
(30 tonnellate). In definitiva si tratta di valori alti, anche se inferiori a
quelli emessi da una centrale a combustibili fossili. Bisogna poi aggiungere
l'areosol (goccioline di vapore acqueo, circa 1 metrocubo all'ora), il consumo
di acqua per il raffreddamento (circa 450metricubi all'ora l'equivalente del
consumo medio di una cittadina di 31mila abitanti) e l'impatto acustico. Per
valutare l'influsso complessivo di questi impianti sul territorio occorre poi
considerare anche le infrastrutture di servizio: metanodotti, strade e,
soprattutto, elettrodotti. Ci vuol poco a capire che siamo di fronte ad una
vera e propria offensiva contro l'ambiente!
A volte ritornano: il nucleare
Sono proprio le preoccupazioni ambientali che vengono propagandisticamente
agitate per riproporre la scelta nucleare. Uno dei paladini della nuova
crociata è la responsabile per l'energia della Commissione europea,
Loyola de Palacio che in più di una occasione ha ripetuto che "l'Europa
non può rinunciare al nucleare perché altrimenti non riuscirebbe
a rispettare gli obiettivi del trattato di Kyoto". In Italia le fanno eco in
molti come l'amministratore delegato dell'ENEL, Tatò, che ha dato la
colpa del caro-bollette alla scelta antinucleare effettuata dopo il disastro di
Chernobyl e ha sostenuto che l'energia prodotta da una centrale nucleare costa
un terzo di quella prodotta da un impianto a ciclo combinato. Si tratta di
cifre fasulle che non considerano i costi totali per l'ammortizzamento
dell'impianto, per non parlare di quelli - enormi - necessari per la sua messa
in sicurezza dopo la chiusura. Nell'aprile 2001 l'I.E.A. ha pubblicato uno
studio da cui risulta che le spese per la progettazione di una centrale
nucleare sono di circa 2mila dollari al kw contro i 1200 per il carbone e i 500
per il gas. D'altra parte la miglior risposta ai nuclearisti come Tatò e
compari l'ha data Mark Bernstein, economista della ultraconservatrice Rand
Corporation: "L'energia nucleare è cara, e infatti l'elettricità
prodotta da centrali nucleari costa il doppio di quella prodotta da centrali a
carbone o gas. I sussidi e gli incentivi non possono rendere competitiva una
industria che non lo è".
La lobby nucleare ha cavalcato le questioni legate al protocollo di Kyoto
diffondendo notizie false, come quella dell'esistenza di almeno 50 reattori in
costruzione. In realtà attualmente nel mondo sono in costruzione 31
reattori, specie in alcuni paesi dell'Europa dell'Est (Russia 3, Ucraina 4,
Slovacchia 3 e Cechia 2) e dell'Asia (Cina 7, Corea del Sud 4, Giappone 4,
India 3) ma nessun nuovo reattore è in costruzione nell'Europa
occidentale, nel Canada e negli Stati Uniti, dove l'ultimo ordinativo risale
addirittura al 1978! Non si capisce che senso abbia riproporre il nucleare
mentre la scelta di uscirne, sia pure gradualmente, coinvolge nazioni come la
Svezia e la Germania e mentre la stessa Gran Bretagna sembra rivedere la sue
scelte energetiche.
Il nucleare è una tecnologia nata morta che produce morte e distruzione
non solo per il rischio di incidenti ma anche per la scia di inquinamento che
essa produce - si pensi solo agli effetti delle basse dosi di radiazioni
emanate dagli impianti.
Fonti rinnovabili e risparmio
Non si può seriamente sostenere che per combattere una forma di
inquinamento occorre incentivarne un'altra... Secondo stime generalmente
accettate nel 2040 il prezzo del petrolio raggiungerà livelli che
provocheranno una rottura energetica. Fin da oggi occorre prepararsi a
quell'evento: modificare profondamente i trasporti, diversificare le fonti di
energia puntando sulle energie rinnovabili a basso o nullo impatto ambientale
e, soprattutto, razionalizzare i consumi di energie privilegiando il risparmio
poiché come è universalmente noto "è meno costoso
risparmiare energia che produrla".
Per questo, diversamente da quanto sostengono gli ambienti legati agli
interessi industriali, la questione energetica in Italia non si risolve
costruendo una miriade di nuovi impianti, per quanto essi possano essere meno
inquinanti di quelli a combustibili fossili, ma riconvertendo e migliorando
l'efficienza degli impianti esistenti, incentivando le varie forme di
produzione energetica con fonti rinnovabili (eolico e solare soprattutto),
adottando misure efficaci di risparmio energetico.
Maurizio Zicanu
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