unlogopiccolo

Da "Umanità Nova" n. 11 del 24 marzo 2002

inform@zione

Pordenone solidarietà ad Indymedia
Il 14 marzo alcuni compagni del CSOA Gatanegra hanno inscenato un'azione di protesta per la libertà di espressione ed informazione contro le recenti operazioni repressive nei confronti di Indymedia.
Alle dalle 10,30 alle 12 del mattino il viale d'accesso della prefettura di Pordenone è stato simbolicamente bloccato con due striscioni (uno diceva: NON TEMERE L'INFORMAZIONE: FALLA TU STESSO, con accanto il simbolo di indymedia), mentre tutt'attorno alcuni compagni, con la bocca chiusa da del nastro adesivo, in perfetto silenzio, distribuivano volantini.
Gatanegra

Parma nuovi rastrellamenti di immigrati
Questa volta è toccato all'oltretorrente, quartiere storico di Parma.
È successo sabato 16 a poco più di una settimana dall'altro rastrellamento in via XX settembre. Le modalità sono state le stesse: strade bloccate, blindati, carabinieri che sono entrati nei negozi, solo quelli gestiti da migranti, col mitra spianato per "controlli di routine". La solita routine fascista del sindaco Ubaldi evidentemente.
Katia

Carrara: manifestazione contro l'ospedale unico
Data la pericolosità del lavoro di estrazione, trasporto e lavorazione del marmo, è probabile che qualche struttura di soccorso gestita socialmente sia esistita in loco fin dall'epoca pre-romana. A memoria di compagno, il primo ospedale vero e proprio era ubicato nella stradina che dà sulla piazzetta delle Erbe, nel centro antico; poi, dopo l'anno mille, è sorto l'edificio di S. Giacomo, sulla via Carriona, luogo di transito da e per le cave, che ha svolto la funzione di ricovero fino a fine ottocento. Con l'espansione della città in quel periodo, una nuova struttura ospedaliera, più adeguata ai tempi è sorta a Monterosso, ove infine negli anni 60-70 è stato edificato il "monoblocco", brutto a vedersi, mai terminato e non sempre all'altezza delle prestazioni richieste, ma pur sempre un ospedale cittadino.
In tempi recenti, sull'onda della ristrutturazione in materia sanitaria, finalizzata alla riduzione dei costi di gestione (ma non sempre e soltanto a questo, visto che qui si tratta di un fior d'investimento), si è venuto prospettando il progetto di dar vita ad una struttura ospedaliera unica per la provincia di Massa Carrara, che avrebbe liquidato e accorpato gli ospedali di Massa, Carrara e Fivizzano. L'ubicazione del colosso è stata oggetto nei mesi scorsi di interminabili tira e molla fra Carrara e Massa, le quali ostentavano ciascuna di volersi aggiudicare l'insediamento, però sempre evitando di entrare nel merito: la nuova struttura sarebbe sì disegnata da Renzo Piano con inclusione di servizi tipo un supermercato, un nido e locali di svago, si presenterebbe moderna e "razionalizzata", ma avrebbe il difetto di ridurre complessivamente di 250 posti letto la capacità ricettiva attuale dei tre centri, ed ovviamente diminuire considerevolmente anche in personale addetto. Di qui a sospettare il tentativo di favorire, da parte di ASL e Regione, la nascita e la prosperità di strutture "private" per far fronte alle richieste, in linea col reaganismo e thatcherismo imperanti, il passo è breve.
A Fivizzano lo scorso 8 marzo, in occasione della giornata della donna, i giornali hanno dato notizia di una manifestazione contro la smobilitazione della struttura ospedaliera, cui hanno dato vita un centinaio di donne.
A Massa, ove anche esiste un ospedale degli anni 60-70 mai terminato, da qualche anno affiancato dall'O.P.A. all'avanguardia in materia di chirurgia cardiaca pediatrica, visto che la conferenza dei sindaci ha indicato quello come il luogo per il nuovo insediamento, malgrado lo sconcerto non si è manifestata per ora aperta opposizione. Alcuni cittadini di Massa erano comunque presenti alla manifestazione di Carrara, segno che anche lì qualcosa si sta muovendo.
A Carrara invece, che si vede in un prossimo futuro deprivata da una struttura da sempre esistita, è sorto un comitato cittadino che ha esordito con una raccolta di firme e lo scorso 15 marzo ha convocato una manifestazione in difesa dell'ospedale. I Cobas del Marmo hanno aderito con uno sciopero alle cave, altre categorie hanno effettuato brevi fermi, e partendo dal "monoblocco" per arrivare al Comune, un migliaio di persone ha partecipato ad un corteo. Data la trasversalità dei partecipanti, che fanno riferimento sia alla sinistra che al centro-destra, alla gente non schierata ed ai libertari, nessuna bandiera era visibile alla manifestazione, salvo una degli ultras della Carrarese, comparsa alla fine.
Il sindaco uscente (prossime elezioni a maggio) si è trovato un po' spiazzato di fronte all'assemblea che l'ha convocato: aveva ritenuto che sarebbe stato sufficiente aggiudicare l'ospedale unico al territorio di Carrara (magari proprio al confine con Massa, per smussare gli spigoli campanilistici - pazienza se la zona proposta era fortemente degradata dalla precedente presenza di industrie inquinanti), ed ora si è trovato di fronte oltre mille cittadini che reclamano il mantenimento e l'adeguamento dell'ospedale esistente.
Nel frattempo la direzione dell'ASL ha annunciato l'imminente trasferimento di ostetricia, "in funzione della riduzione dei costi" a Massa.
Lo scontento cresce.
A. Nicolazzi

Diritto d'asilo calpestato in Puglia e Calabria
Sono stati scarcerati dopo sette mesi di detenzione e un lungo sciopero della fame, due profughi curdi accusati di complicità nel traffico di immigrati.
Tahir Erdogan e Ercan Karatas erano stati fermati dopo lo sbarco sulle coste calabresi lo scorso 28 agosto, perché avevano preso il controllo di una nave carica di profughi dopo la fuga dell'equipaggio. Si erano dichiarati innocenti ed avevano intrapreso un lungo sciopero della fame in carcere. Il 13 marzo gli avvocati Crisci e Petitto hanno esibito al tribunale di Crotone le carte che provano la loro detenzione in Turchia per oltre otto anni per motivi politici, per la loro militanza nella sinistra turca, ed hanno ottenuto la revoca delle misure cautelari.
Il diritto d'asilo in Italia resta una sorta di roulette russa in cui pochi se la cavano. A Lecce, il 13 marzo la questura ha consegnato i permessi di soggiorno "per motivi umanitari" imposti dal Tar, che aveva annullato gli illegali decreti di "respingimento con accompagnamento immediato alla frontiera" per i quali 52 profughi curdi, dopo il rigetto della richiesta d'asilo, rischiavano il rimpatrio in Turchia. I permessi rappresentano però l'ennesima beffa di questo governo razzista. Infatti hanno una durata di appena una settimana invece della durata annuale prevista dalla legge per i soggiorni di questo tipo. Si prolunga dunque l'odissea burocratica di queste persone, detenute da oltre un mese nei centri di Melendugno e poi di San Foca, nel Salento.
Sempre il 13 marzo, la Commissione centrale per l'asilo ha iniziato le audizioni di centinaia di profughi srilankesi all'interno dell'aeroporto di S. Anna a Crotone, dove ai 150 cui due settimane prima era stato evitato il rimpatrio solo per un soffio, si sono aggiunti altri profughi cingalesi e tamil, sbarcati successivamente. I profughi rischiano una nuova audizione sommaria, con raffiche di rigetti e conseguente tentativo di deportazione nello Sri Lanka in guerra. Il governo italiano è stato denunciato tre volte nelle ultime settimane dai giuristi dell'Asgi dinanzi alla Corte di Strasburgo per la tentata deportazione dei curdi e degli srilankesi e l'avvenuta deportazione di 120 ragazze nigeriane.
Euf.

Pietrasanta prove tecniche di revisionismo
Atto primo. Il sindaco Mallegni, a capo di una giunta di centro-destra (Forza Italia, AN e CCD), si fa trovare con un busto di Mussolini nell'ufficio in cui è solito ricevere i suoi concittadini. Dice di averlo rinvenuto (il busto) nei magazzini comunali e di averlo fatto mettere nel suo ufficio per valutarne il valore artistico. La polemica scoppia e il neoesperto d'arte Mallegni dopo alcuni giorni di scrupolosi studi ed esami della grande opera fortunatamente ritrovata è costretto ad interrompere il lavoro (si fa per dire). Mussolini esce dal palazzo comunale e viene portato nella sezione '900 del museo dei bozzetti. Le maledette malelingue locali ci suggeriscono che il sindaco, nel posare il busto del duce nella sua stanza, non abbia fatto altro che acconsentire alle richieste dei suoi alleati nazionali o quali, stanchi di vedere la sola foto del Berlusca già presente nell'ufficio, volevano anch'essi essere degnamente rappresentati (e chi meglio del duce poteva farlo?). Ma, come dicevo sopra, queste sono le solite maledette malelingue che non hanno altro da fare che parlar male di chi sta al governo...
Atto secondo. La giunta rimuove i "Pugni" di Alberto Cortina, scultura in marmo sgradita agli attuali amministratori per il suo evidente riferimento alle lotte dei lavoratori e pertanto giudicata non adatta a rimanere nella centrale piazza Statuto. Al posto dei "Pugni" avremo tra qualche giorno i buoi realizzati da Pietro Cascella, scultore, targato Berlusca.
Atto terzo. In una lettera pubblicata sulla stampa locale esponenti di AN tra cui il vicesindaco (che in seguito si dissocia) propongono di cambiare nome a strade e piazze di Pietrasanta che sono dedicate a figure e vicende dell'antifascismo e della resistenza, come Antonio Gramsci o Brigate Partigiane. Forza Nuova propone la stessa cosa per la vicina Massa. Evidentemente gli alleati nazionali pietrasantini si sono ispirati ai nazifascisti massesi. O viceversa.
Sembra quasi che Pietrasanta sia stata scelta per provare a spingere al massimo con quelle pratiche di spregevole azzeramento della memoria storica e di infame revisionismo che la destra al potere attua un po' ovunque. C'è da dire che a questo stato di cose siamo giunti anche grazie alla politica della sinistra istituzionale che non ha fatto altro che favorire il riemergere in superficie delle carogne delle fogne. Che solo l'antifascismo militante può spazzar via.
Giros



Contenuti UNa storia in edicola archivio comunicati a-links


Redazione: fat@inrete.it Web: uenne@ecn.org