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Da "Umanità Nova" n. 13 del 14 aprile 2002
Palermo: conferenza dell'e-government
Il cavallo di Troia dell'IBM
Il Forum Sociale Siciliano, in occasione della conferenza internazionale dell'e-government del 10 e 11 aprile ha promosso e realizzato una serie di iniziative di cui riferiremo sui prossimi numeri. Di seguito il documento prodotto e fatto circolare in occasione delle scadenze palermitane.
La Conferenza internazionale dell'e-government che si terrà a Palermo
nei giorni 10 e 11 aprile prossimi è un precipitato del Convegno Ocse
tenutosi a Napoli nel marzo 2001. Essa avrà l'ambizione, non del tutto
disinteressata, di dotare i paesi poveri di nuove tecnologie con le quali
sganciarsi dal destino di povertà e salire sul potente vettore della
globalizzazione. Ma sarà così? È lecito avere numerosi
dubbi.
Si discuterà di piani fantascientifici di informatizzazione pronti ad
attraversare le pubbliche amministrazioni di mezzo mondo, a partire da alcuni
progetti pilota avviati (giusto per far vedere quanto sono buoni i Paesi
ricchi) in Albania, Giordania, Tunisia, Mozambico e Nigeria, con finanziamenti
e assistenza tecnica da parte dei Paesi a tecnologia più o meno
avanzata, Italia in testa. E naturalmente con la partecipazione di importanti
imprese interessate alla posta in gioco, come IBM, Microsoft, Telecom Italia,
Canal +, Tele +, Enel e l'Ong Movimondo. Si discuterà anche
dell'informatizzazione di numerosi servizi pubblici anche nei Paesi dove
l'informatizzazione "privata" è più avanzata.
L'idea era stata discussa a Genova, durante il "glorioso" G8 di cui si è
tanto vantato Berlusconi, che adesso incalza: "Stiamo mettendo a punto quello
che io chiamo il modello universale per la gestione digitale delle principali
funzioni della pubblica amministrazione e contiamo di presentarlo al prossimo
G8 che si terrà in Canada". Insomma un roseo futuro di Paese-guida per
l'Italia, nella direzione di un "nuovo ordine mondiale" che metta ordine e
detti ordini alle pubbliche amministrazioni dell'intero pianeta, naturalmente
col beneplacito (non certo incondizionato...) di certe multinazionali
d'oltreoceano, come la Microsoft (già distintasi per aver negato il
libero uso nel terzo mondo di software fuori commercio come Windows 95) e
l'IBM.
Come mai proprio IBM? La risposta sta nel curriculum vitae del ministro per
l'innovazione tecnologica (ricordate le tre "i"? ci mancava solo la "i" di
IBM), Luigi Stanca, instancabile promotore dell'evento e reduce da numerosi e
suadenti pellegrinaggi nei Paesi "da aiutare": è stato per molti anni
presidente di IBM Italia, per poi passare alla presidenza di IBM Europa. Quanto
alla Microsoft, è chiaro che la sua minacciosa e ingombrante presenza
servirà a stroncare qualunque tentazione degli Stati più poveri a
risparmiare su sistemi operativi (vade retro Linux) e applicativi (niente
shareware, freeware, open source o altra roba che metta in discussione le
regole di un mercato monopolistico).
I generosi aiuti dei Paesi del G8 nel campo dell'informatizzazione saranno
l'ennesimo cavallo di Troia, dentro il quale si nasconde la futura dipendenza
degli Stati "aiutati" da imprese che sono già ben più potenti di
loro per fatturato e, come adesso appare chiaro, peso politico. Basti pensare
alla sola dipendenza dai costosi aggiornamenti puntualmente resi "inevitabili"
da quelle aziende, paragonabile alla dipendenza già innescata dalle
multinazionali agroalimentari, con la vendita imposta di sementi geneticamente
modificate per far crescere piante "infertili".
Tutte le statistiche sui dati globali percepibili a livello economico, sociale
e tecnologico dei paesi ricchi del nord del pianeta e dei paesi poveri del sud
della terra - reddito pro-capite, Pil come misura quantitativa della ricchezza
e della dissipazione di una nazione, disponibilità di risorse vitali
quali acqua, terre fertili, ossigeno, accesso ai servizi pubblici per
eccellenza quali sanità e istruzione - ci inducono a ritenere
fondatamente come il digital divide che separa 1/5 della popolazione mondiale
dai 4/5 restanti non sia riconducibile e riducibile ad una mera questione di
dotazione tecnologica.
Essa ha invece a che fare con una drammatica differenza di peso politico che a
cascata investe il predominio sfacciato di poche potenze economiche,
commerciali, industriali, ma anche e soprattutto militari, sul resto del mondo.
Tale squilibrio non ha origini tecnologiche né potrà essere
colmato attraverso l'informatizzazione dei paesi poveri, sui quali l'impatto di
tali strumenti avrà l'obiettivo di allargare al loro interno la forbice
tra élite dominante e cittadini assoggettati, tra sfera politica e
amministrativa e società civile, tra centro e periferia, tra
città e campagne.
Concepire le tecnologie informatiche non come strumenti funzionali ad una idea
e pratica di sviluppo autocentrato e eco-sostenibile, bensì come mera
finalità di dotazione strutturale nasconde ben altri intenti che
rafforzeranno la dipendenza micidiale dei sud del mondo nei confronti dei
ricchi-e-potenti della terra.
Innanzitutto, informatizzare un paese significa regalare risorse pubbliche a
imprese transnazionali private tipo Ibm, Microsoft, Mediaset, Telecom e altre
già citate le quali, contrariamente alle ideologie svianti del
neoliberismo di mercato privo del sostegno statale, non esitano minimamente a
ricorrere al foraggiamento del potere statale pubblico per reperire risorse
finanziarie e opportunità di espansione di mercato in aree vergini del
mondo, al di là degli impatti culturali e dell'assenza di infrastrutture
capillari e diffuse utilizzabili da intere fasce di popolazioni. Immaginatevi
l'informatizzazione di un paese del Sahel africano dove manca l'energia
elettrica quasi dappertutto: significherà semplicemente regalare
computer ai dirigenti ed ai politici del paese!
In secondo luogo, l'intervento della World Bank dà la misura degli
interventi previsti e prevedibili: finanziamenti per dotazioni tecnologiche che
produrranno ulteriori debiti non colmabili in assenza di investimenti
produttivi sul capitale umano - come si dice con orribile espressione - e sulle
risorse esistenti nei sud. L'impatto tecnologico è funzionale solamente
ad una intensificazione della concentrazione industriale, anche nei settori
dell'agribusiness, i cui effetti di impoverimento degli strati maggioritari
delle popolazioni sono già all'opera da oltre vent'anni, senza che le
politiche di aiuti pubblici allo sviluppo abbiano fatto segnare una marcia
diversa rispetto al passato. E non lo sarà certamente il cablaggio delle
pubbliche amministrazioni.
In terzo luogo, l'e-governmnent risponde ad una concezione dell'appropriazione
di saperi da parte di una élite che viene dotata di risorse comunicative
dalle quali i più sono esclusi proprio perché gli investimenti
non vengono indirizzati, come in ogni progetto non governativo,
sull'acquisizione di competenze e capacità umane, bensì solo sul
capitale fisso che può essere utilizzato da chi ha già acquisito
per circostanze privilegiate un sapere relativo alle tecnologie.
In quarto luogo, il cablaggio delle amministrazioni pubbliche ha immediati
risvolti di omologazione ai sistemi di controllo planetario: banche dati,
controllo dei processi di migrazione internazionali, ipertecnologizzazione
delle frontiere, possibilità di interloquire istantaneamente tra le
varie polizie e i vari corpi d'armi del mondo. Queste sono le reali poste in
palio degli accordi di trasferimento e di finanziamento dell'e-government
nell'era di globalizzazione e di guerra duratura!
Occorre pertanto, da un lato, svelare i reali obiettivi delle strategie di
e-government nel rafforzamento delle asimmetrie di potere politico, economico e
sociale tra nord e sud del mondo, e dall'altro inviare segnali di
progettualità alternativa da costruire insieme ai partner sociali dei
sud del pianeta. Le opportunità che i movimenti di radicale opposizione
all'egemonia planetaria da parte del sistema statuale di dominio e del capitale
globale integrato in logiche neoliberiste hanno saputo strappare con forza da
alcuni anni in qua, per adesso limitatamente alle aree ricche della terra,
vanno socializzate con le società sottoposte maggiormente agli effetti
deleteri e mortali. La moltiplicazione di contatti e la costruzione di momenti
di confronto dal basso con le istanze più vivaci e dissenzienti dei
paesi del sud del mondo è un passaggio ineludibile per chi, come noi
siciliani, vive in uno spazio geopolitico e geoeconomico di soglia tra nord e
sud, tra rive contrapposte dell'area mediterranea, che il partenariato
Euromediterraneo è assolutamente incapace per deficit culturali e per
tipologie di interventi statuali ad avvicinare senza attriti. Anzi, le
politiche sulla scia degli Accordi di Schengen stanno divaricando, sino a farli
confliggere, gli interessi comuni tra popolazioni mediterranee.
Ecco perché è prioritaria, innanzitutto, una mobilitazione nelle
giornate palermitane del'e-government, non solo per rivoltare tali strategie e
denunciarle pubblicamente, non solo per rendere visibile una presenza
intelligente e avvertita che non subisce il fascino della seduzione mediatica e
spettacolare tipica delle Conferenze internazionali, ma anche per consentire
uno spazio libero di espressione alle voci del dissenso e a quelle martoriate
dagli attuali assetti del dominio planetario: ai migranti attualmente presenti
sul territorio siciliano, ai quali si prospetta contemporaneamente il
respingimento verso paesi dilaniati da impoverimento e da guerre endemiche e un
futuro di operatore al computer!
La presenza del Premier Berlusconi per la chiusura della Conferenza
giovedì 11 aprile rappresenterà oltremodo una opportunità
per innestare nelle iniziative previste anche un preciso segnale di attenzione
alla conflittualità sociale in corso in Italia che culminerà
nella tappa importante dello sciopero generalizzato del 16 aprile
immediatamente successivo. La mobilitazione regionale, pertanto, servirà
a lanciare con forza l'organizzazione su scala regionale dello sciopero che
vedrà insieme sindacati confederali e organizzazioni di base, movimento
dei forum sociali e associazioni dei migranti, affinché il senso del 16
aprile sia più ampio e più in sintonia con i conflitti diffusi su
scala globale.
Il Forum Sociale Siciliano in tutte le sue componenti si impegna quindi a
perseverare nella costruzione di uno spazio di liberazione e di libertà
nell'ambito della nostra terra di frontiera, che possa essere propedeutico per
la costruzione di ponti di comunicazione e di confronto con le popolazioni
vicine del Mediterraneo per pervenire in tempi ragionevoli ad un Forum Sociale
Mediterraneo che dia il segno palese di un'altra possibilità di
relazioni internazionali, non più fondate sull'egemonia politica e sul
ricatto incrociato tra élite statuali, bensì su rapporti paritari
di confronto e di scambio equo.
Anche nell'area mediterranea, un altro mondo è possibile!
Soggetti promotori:
Forum Sociale Siciliano (comprendente individui e associazioni quali Ciss,
Cobas, CSOA ex-carcere, Laboratorio Z di Palermo, nonché Taz 22 di
Agrigento, Federazione Anarchica Siciliana e altre realtà isolane),
Social Forum di Catania, Social Forum di Messina
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