Da "Umanità Nova" n. 14 del 21 aprile 2002
Il cuneo e il girotondo
Cresce la lotta contro la riforma Moratti
Le ultime settimane hanno visto svilupparsi una crescente mobilitazione contro
la politica scolastica del governo.
È interessante notare che soggetto di questa mobilitazione non è
più solo il sindacalismo di base in categoria.
Un po' in tutta Italia sono nati coordinamenti di delegati sindacali o di
insegnanti al di là delle appartenenze e diverse associazioni di
genitori, studenti, insegnanti hanno lanciato anche nella scuola la pratica del
girotondo sia intorno al ministero che intorno a singole scuole.
Non è necessaria eccessiva malizia per rilevare che i promotori di
queste mobilitazioni sono, sovente, esponenti del centro sinistra e dei
sindacati istituzionali che sembrano essersi convertiti ad una sorta di dolce
movimentismo in salsa moderata. I partiti ed i sindacati sembrano, ripeto
sembrano, fare un passo indietro per lasciare spazio alla
"società civile".
Direi che le cause di questa deriva sono diverse:
- il girotondismo si pone, contemporaneamente, come momento di espressione
dell'opposizione al governo e come tentativo di rigenerare una sinistra sovente
imprensentabile nei suoi abiti tradizionali;
- l'"impoliticità" del girotondismo rende possibile un'operazione
altrimenti improponibile e cioè l'esclusione di ogni ipotesi radicale e
di ogni posizione chiara e distinta. Nei girotondi siamo (sono, visto che io
non ne ho fatti) tutti affratellati e chiunque voglia solo ricordare cosa ha
combinato la sinistra politica e sindacale appare come, nella migliore delle
ipotesi, un maleducato ed un dinosauro. Il girotondo in genere, rinvergina ed
affratella. Non vorrei fare un paragone eccessivo ma il girotondo sembra una
versione laica ed occidentale delle danze sufi, nel girare si perde ogni
identità che non sia quella della "società civile",
- il girotondare piace anche perché da una parziale e facile risposta
alla solitudine del popolo della sinistra e, in particolare, a quella larga
parte di classe media colta e semi colta che costituisce lo zoccolo duro della
sinistra post comunista;
- gli insegnanti, in particolare, costituiscono un segmento importante di
questo mondo. Sono, dal punto di vista della collocazione sociale, sempre
più dei lavoratori salariati sottoposti al dispotismo aziendale ma la,
relativa, autonomia nella gestione del proprio lavoro permette a qualcuno di
viversi come un "intellettuale" e come espressione di un punto di vista
generale sulla società.
- il girotondo, insomma, è la forma fenomenica e spettacolare
dell'antimorattismo, la versione scolastica dell'antiberlusconismo.
Non a caso piace ai dirigenti della CGIL e a quelli DS e attrae molti
orfani della vecchia nuova sinistra.
Naturalmente, i movimenti della "società civile" non vanno liquidati per
i loro caratteri ambigui, al contrario le loro ambiguità possono fornire
l'occasione per rilanciare opzioni radicali ma è, comunque e sempre,
necessario evitare affratellamenti tanto ingenui quanto suicidi.
È, fra l'altro, bene domandarsi, mentre la sinistra girotondeggia cosa
fa la destra? Direi che, se gli antimorattiani sono la versione scolastica
degli antiberlusconiani nel senso che rimpiangono i ministri di sinistra e
rimuovono la mobilitazione dei lavoratori della scuola contro il concorso
indecente ed il riordino dei cicli scolastici di Berlinguer e De Mauro, Letizia
Arnaboldi Brichetto Moratti è la versione scolastica di Silvio
Berlusconi.
Il primo carattere comune fra i due consiste nell'andare al sodo. In pochi mesi
la nostra eroina ha sistemato gli insegnanti di religione cattolica e le scuole
private grazie al riconoscimento della parità del valore del servizio
nelle scuole private rispetto a quello prestato nella scuola pubblica. In
estrema sintesi, si può dire che il governo lavora alla costruzione di
un'area di consenso basata oltre che sui "valori" quali la centralità
della famiglia su precisi e corposi interessi. Il tradizionale materialismo dei
credenti che non manca mai nella tradizione cattolica.
Il secondo è la disarmante demagogia. Quando si fa rilevare, ad esempio,
che la riforma dei cicli scolastici comporterà il taglio di moltissimi
posti di lavoro, lei, algida e sorridente, afferma che non è vero, che
si tratta di menzogne dell'opposizione e chiude il discorso. Si noti bene,
quando fa quest'affermazione non si cura di fondarla in qualche modo su dati
precisi, tutt'altro. Noi, che certo non siamo devoti all'aritmetica, troviamo
che questo modo di fare dei conti sia alquanto singolare e altrettanto avviene
a moltissimi lavoratori della scuola che, limitandosi a calcolare gli effetti
del taglio dei posti già previsto in tre anni (quasi 50.000) ed a
sommarlo a quello derivante dalla riduzione delle ore di insegnamento qualche
dubbio lo mantengono.
Il terzo consiste nell'apprezzare il confronto con chi è già
d'accordo con lei e nell'evitare discussioni noiose con i guastafeste. Basta
pensare ai forum di discussione sul sito del ministero che sono gestiti dal
ministero stesso proseguendo una prassi già inaugurata dai ministri
precedenti che facevano scrivere al sito da funzionari del ministero e del
provveditorato che spedivano regolarmente lodi e domande costruite per
permettere. La nostra può contare, oltre che sui funzionari, sui
militanti di comunione e Liberazione e ottenere così tutti gli applausi
informatici che desidera.
Di conseguenza, la riforma dei cicli scolastici sta iniziando il proprio
percorso parlamentare senza che nemmeno venga eccessivamente simulato un
"confronto democratico".
Come è noto, i punti di crisi della riforma sono due:
- l'anticipo della scuola materna e della scuola elementare che può
piacere a chi conta, per quanto riguarda la materna, di risparmiare i costi
dell'asilo nido, e per quanto riguarda l'elementare di accelerare il percorso
di studio ma che comporta difficoltà notevoli di gestione da punto di
vista del numero di alunni per classe e delle strutture scolastiche;
- la consegna alle regioni di un settore intero della scuola e la
trasformazione dell'attuale istruzione professionale, con tutti i suoi difetti
e limiti, in una formazione professionale che significa avviamento al lavoro.
Mentre, negli anni passati, si è sviluppata una vivace mobilitazione dei
lavoratori e dei genitori della scuola materna ed elementare, non altrettanto
si può dire della secondaria superiore. È persino possibile che
parte degli studenti guardi con interesse ad un percorso di studi più
breve e più "spendibile" sul mercato del lavoro almeno in apparenza.
Credo, però, che proprio l'opposizione alla marginalizzazione della
formazione professionale sia essenziale non solo in negativo e cioè per
quel che riguarda il rifiuto della riduzione della formazione ad addestramento
ma, soprattutto, in positivo come difesa di un diritto generale a percorsi
formativi ricchi per gli studenti di origine proletaria.
Cosimo Scarinzi
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