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Da "Umanità Nova" n. 14 del 21 aprile 2002

Sul carretto di Berlusconi
Il congresso di Alleanza Nazionale

Terminata la kermesse congressuale di AN a Bologna, cerchiamo di tracciare un primo bilancio politico della seconda assise nazionale dei post-fascisti.

Il Congresso, per le diverse ragioni che avevamo avuto modo di anticipare, aveva una sua importanza; sul proverbiale "tappeto" c'erano la conferma della linea e dell'attuale leadership capeggiata da Fini, ritenuta troppo subalterna al Cavaliere, ma anche il ruolo del partito sia nella compagine governativa e la sua collocazione a livello europeo, nonché il rapporto con il passato e l'identità (post)fascista sette anni dopo la "svolta" di Fiuggi.

In realtà, su tutte queste questioni, il confronto-scontro tra le diverse correnti e anime di AN si è concluso con un compromesso e la decisione prevalente sembra essere stata proprio quella di rinviare, dietro il rito demagogico e populista dell'acclamazione, le decisioni che contano, lasciando le scene agli show dei partner governativi, quali Berlusconi, Bossi e Follini. presidente del CCD, che ha tessuto le lodi della destra di governo accreditandola come "moderna, innovativa e generosa, che si è scrollata di dosso la polvere del passato e che si misura col futuro" in evidente contrasto persino con le opinioni della componente di provenienza non-missina che annovera anche cattolici di destra ed ex-democristiani.

Così, in realtà, quello che dovrebbe essere il partito più "decisionista" del panorama parlamentare, per le proprie divisioni interne, è rimasto senza una vera linea politica, legato mani e piedi alle sorti del bastimento di governo della Casa delle Libertà, tanto che sul conflitto sociale innescato dalla volontà di cancellare l'Art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, nonostante l'adesione allo sciopero del 16 aprile dell'UGL (per non parlare delle posizioni del Movimento Sociale Fiamma Tricolore), ha comunque difeso le scelte del governo in materia di mercato del lavoro, citando il defunto Luciano Lama e lo stesso D'Alema, e alla fine la stessa "Destra sociale" di Storace, Alemanno e Alessandra Mussolini si è "allineata" dichiarando che ormai "non c'è più spazio per ripensamenti sull'Art.18".

La carica di segretario ed il ruolo di vice-premier rimangono sostanzialmente nelle mani di Fini, anche se nella difficile posizione di "vigilato speciale" da parte delle varie componenti, ma dietro la facciata si intuiscono diversi malumori, anche perché - dopo aver perduto circa un milione e 400 mila alle ultime elezioni - vi è il rischio reale che in caso di naufragio della coalizione governativa anche AN potrebbe pagare caro il suo appiattimento sulle posizioni di Forza Italia.

Per cui tutti, seppure con il maldistomaco, hanno preferito congelarlo nell'attuale posizione, forse anche nella speranza che nel caso Berlusconi dovesse abbandonare la politica per gravi motivi di salute (come da tempo si vocifera nel Palazzo e nei bar), Fini assumerebbe automaticamente la carica di Presidente del Consiglio e avrebbe tutte le carte in regola per divenire con ogni probabilità il nuovo leader del centro-destra.

Da un punto di vista identitario, AN conserva la sua collocazione di destra nazionale non appiattita sulle posizioni della destra ultraliberista, infatti per bocca dello stesso Fini è stato ribadito che "gli eventi degli ultimi mesi dimostrano che è ancora necessario un ruolo attivo degli Stati, non solo a difesa delle identità e della sicurezza collettiva, ma anche a tutela dell'economia", come ovviamente ben sa la Confindustria. Per quanto riguarda poi il passato, Fini ha escluso "ulteriori svolte" e "conversioni centriste", ribadendo che "AN è un partito di destra che attrae consensi anche al centro della società" e a conferma di tale "fedeltà" la fiamma tricolore del partito di Almirante è rimasta nel simbolo di AN riconosciuta come parte di una storia e di una tradizione che "non è giusto dimenticare o offendere".

D'altra parte, da un attendibile sondaggio, curato dall'Ispo e dall'Istituto Cattaneo (pubblicato su "Il Sole-24 Ore" del 4 aprile), si apprende che sia gli elettori che i quadri dirigenti di AN conservano un giudizio tutt'altro che negativo o dissociato nei confronti del fascismo che va oltre la "nostalgia", tanto da rendere AN, col suo oltre mezzo milione di iscritti e oltre 11.000 sedi, la più importante realtà militante della destra italiana con cui l'opposizione sociale e la sinistra di classe dovranno necessariamente fare i conti molto più che con l'elettorato telecomandato di Forza Italia o con quello aggressivo ma sgangherato della Lega Nord, dato che tra gli obiettivi dichiarati della politica di AN vi è "ridurre al minimo la conflittualità sociale", proposito questo che fece a suo tempo anche la fortuna di un certo cavalier Mussolini.

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