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Da "Umanità Nova" n. 15 del 28 aprile 2002
Una bella famigliola
Silvio, il fratello scemo e la libertà d'informazione
Nel lodevole intento di evitare una lunga permanenza nelle patrie galere, il
dottor Paolo Berlusconi, fratello cadetto del più noto dottor Silvio, ha
deciso di patteggiare con il tribunale di Milano una sentenza che prevede
l'esborso della non indifferente somma di 50 milioni di euro (all'incirca cento
miliardi di lire) a fronte di una condanna inferiore ai due anni di carcere.
Accusato infatti di peculato, appropriazione indebita e corruzione, per aver
truffato ingentissime somme alla Regione Lombardia e al Comune di Milano,
tramite la gestione di una discarica di rifiuti, e avendone i giudici
dimostrato la piena colpevolezza, il patteggiamento gli ha permesso, come
previsto dalla legge, di rendere più mite, ma definitiva, la condanna.
Dopo aver espresso le nostre felicitazioni al cittadino che ha evitato la
prigione (essendo, come è noto, nei nostri sogni una società
senza galere), non possiamo comunque esimerci dal fare alcune considerazioni su
questa vicenda.
La prima, la più ovvia, è che non basta essere fratello di Silvio
per avere successo nel difficile mestiere dell'imbroglio: è un'arte che
richiede doti non comuni, ed è evidente che, anche se si chiama
Berlusconi, il giovane Paolo non possiede le capacità del fratello a non
farsi prendere con le mani nel sacco. La seconda è che, se ha accettato
di pagare senza battere ciglio tale somma, non è difficile immaginare
quanto denaro sia riuscito a truffare prima: come sospettavamo, nel caso della
famiglia Berlusconi il delitto paga. La terza è che il capitale di
famiglia, costruito con le "doti imprenditoriali" testé evidenziate,
deve essere mostruoso: centomila milioni sono pur sempre centomila milioni
tanto più che seguono gli altri settantaseimila che altre toghe rosse
avevano precedentemente estorto al povero Paolo per evasione fiscale. La quarta
considerazione è che il cav. Silvio è davvero un uomo fortunato
se, oltre a tutto il resto, può permettersi anche il lusso del fratello
cretino a cui, quando serve, appoggiare simili maroni. Del resto si sa
che la sua è una famiglia unita, e le "famiglie", nel Belpaese, sono una
risorsa che il mondo intero conosce e ci invidia. Basti ricordare che fu
proprio per questo suo attaccamento alla "famiglia" che in Sicilia, alle ultime
elezioni, il cavaliere è riuscito in quello che neppure Andreotti
poté: 61 deputati, diconsi 61, su 61.
Nonostante la proverbiale faccia tosta e la sperimentata possibilità di
ricorrere al solito escamotage delle persecuzioni "comuniste", il
cavaliere Berlusconi si è comunque preoccupato, e non poco, per le
ricadute che la condanna del fratello avrebbe potuto avere in una opinione
pubblica non ancora immune da nostalgie giustizialiste. Non potendo nascondere
che il patteggiamento equivale a un'ammissione di colpevolezza e che è
un passaggio obbligato per non finire in galera, è corso subito ai
ripari, per far passare in secondo piano la notizia. Ecco dunque l'immancabile
colpo di genio, i classici due piccioni con una fava: distogliere l'opinione
pubblica dalle disavventure del fratello scemo e, al contempo, affondare il
coltello su un tema a lui carissimo: quello del controllo dell'informazione. In
una delle abituali sceneggiate nelle platee estere, nelle quali spande urbe
et orbi quel sorriso da pataccaro impunito che ben si accoppia con
l'immancabile doppiopetto, Berlusconi si è "lasciato andare" alle ormai
note affermazioni su alcuni programmi Rai. Affermazioni tali che, se non
avessero avuto anche l'obiettivo di funzionare da diversivo, le avrebbe potuto
fare solo un cretino e non il Presidente del Consiglio. E noi non possiamo
pensare che il nostro Presidente del Consiglio sia anche un cretino!
Pur senza sottovalutare la pericolosità insita nelle sue bulgare
minacce, minacce del resto più volte reiterate e che, prima o poi, in
qualche modo si avvereranno, non riusciamo comunque a capire se la sinistra
abbia abboccato all'amo così platealmente per complice calcolo o per
stupida ingenuità. Sommando oltretutto sceneggiata a sceneggiata, come
ci pare sia stato il grottesco peana santoriano in diretta resistenziale.
È chiaro che il cavaliere ha un concetto della libertà di
informazione del tutto personale, che non può conciliarsi con quello
delle persone oneste o di buon senso, ed è chiaro che spesso questa sua
originale interpretazione del pluralismo provoca sacrosanti sussulti nel paese,
però non è detto che, quando interviene al riguardo, lo si debba
prendere necessariamente alla lettera. Ci sembra, infatti, che ormai sia una
tattica, questa sua, di sparare provocatori sproloqui sull'argomento, per
mascherare o far passare in sordina ben altre delle sue tante, inconfessabili,
marachelle. E la sperimentata sicurezza di trovare nella nomenclatura di
sinistra un'utile spalla, prontissima a immolarsi nella difesa ad oltranza di
Sciuscià, ma molto meno disponibile a impegnarsi, ad esempio, nella
difesa di sciocchezzuole come i diritti dei lavoratori e i loro posti di
lavoro, gli garantisce che i suoi sketch avranno sempre un'ottima riuscita.
MoM
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