![]() Da "Umanità Nova" n. 15 del 28 aprile 2002 Sanità. Piovono pietrePiovono pietre, dicevamo qualche mese fa... ebbene, eravamo troppo ottimisti: oggi come minimo cadono frane e lastroni. Il loro obiettivo, naturalmente, è ben identificato, e è sempre lo stesso. La testa dei salariati costretti a ricorrere alle cure della Sanità o dell'Assistenza pubbliche, in assenza di conti cifrati o fortune ereditarie, non meno di coloro che in tali comparti lavorano, si riempe ogni giorno di nuove piaghe. Uno degli ultimi decreti governativi ha, di fatto, deciso che la Sanità pubblica non esiste più come diritto, bensì come "gentile concessione" dei pubblici poteri, rivolta esclusivamente a chi rischia di crepare davanti a un Pronto Soccorso. Per il resto, nisba... Per non trasformarci di colpo in rincretiniti sostenitori dei tangheri ulivisti, spieghiamo subito che il "merito" di quest'ultima svolta, non è tutto da ascrivere all'attuale Presidente del Consiglio, dato che i precedenti governi avevano già individuato i criteri di massima per accedere alle prestazioni sanitarie. Il decreto tagliasanità, quindi, non è esclusivamente figlio delle eccelse menti che, oggi, siedono a Palazzo Chigi. Destra e Sinistra unite nella lotta... ma contro chi? Contro di noi, è chiaro, sia in qualità di utenti di servizi pubblici, sia di lavoratori in appalto degli stessi. Non contenti di taglieggiare il nostro stipendio con ritenute tra il 24 e il 32% (a livello nazionale, a queste cifre, infatti, si dovranno aggiungere quote sempre più alte di taglieggiamenti regionali, provinciali e comunali: questo è il bello del federalismo!), lorsignori ci informano che non abbiamo più nessun diritto a quei servizi che pure già paghiamo. I salariati, quindi, si troveranno a pagare due volte i servizi sanitari e quelli assistenziali, mentre gli stanziamenti per le imprese continuano a crescere indefessamente (+37,8% dal 1991 a oggi). Ma, veniamo al dunque: il decreto Berlusconi stabilisce i LEA, ossia i livelli essenziali minimi delle prestazioni sanitarie. Al di fuori di questi (che riguardano, per l'appunto solo i Pronto Soccorso e le terapie d'urgenza), la Sanità non pagherà nulla. Il colpo più grave, però, non riguarderà chi deve entrare in ospedale, vuoi per un intervento, vuoi per un esame sanitario (ci troveremo, comunque, a pagare sbalordate di ticket che neanche le cliniche svizzere), bensì quelle prestazioni dove vi è un'integrazione tra servizi sanitari assicurati dalle ASL e servizi sociali assicurati dai Comuni e dai Consorzi socio-assistenziali. In altre parole, tutte le situazioni nelle quali ci troviamo a lavorare in appalto, convenzione o come fornitori di servizi. Spieghiamoci meglio: oggi il mantenimento di un disabile non autosufficiente è assicurato (per una retta giornaliera di 38,73 euro) dalla Sanità per 23,24 euro, e dal comune per 15,49; da domani, l'intero costo sarà a carico del Comune e della famiglia del disabile. Nella psichiatria, oggi le rette medie per comunità e simili sono di 103,29 euro al giorno, totalmente a carico della sanità; domani la sanità ne pagherà solo 41,32, mentre il comune e la famiglia dovranno sborsarne 61,97. L'assistenza domiciliare integrata, ricadrà sul paziente per il cinquanta per cento dei costi, così un infartuato o una persona colpita da ictus, dovrà farsi taglieggiare 465 euro al mese per un'assistenza di due ore al giorno al fine della riabilitazione. L'ineffabile Assessorato alla Sanità della Regione Piemonte, guidato dal Dottor D'Ambrosio (in quota AN), ha subito calcolato che l'applicazione di questo Decreto gli permetterà di risparmiare circa cinque milioni e mezzo di Euro (che, convertitore alla mano, fanno 10.649.485.000 lirette, altro che bruscolini!). Per un assessorato in cronico deficit, grazie alle politiche di investimento clientelari e disastrose, nonché per la gestione "allegra" (vedi il "caso Odasso") dei fondi regionali sanitari, una manna dal cielo. Bene, direte voi, se non paga uno, paga l'altro, mica sono problemi che ci interessano, se la vedano loro! Nemmeno per sogno! I comuni, per bocca dell'Assessore torinese Lepri, hanno già fatto sapere che quei soldi non ce l'hanno. Quindi, saranno i cittadini a dover pagare. Escludendo l'ipotesi che, del tutto a nostra insaputa, sia avvenuto un arricchimento generalizzato della popolazione, i salariati della nostra bella Regione (ma, non crediamo che in Calabria le cose vadano meglio) i soldi da cacciare semplicemente non ce l'hanno. Dopo aver taglieggiato a più non posso le già misere pensioni che psichiatrici e disabili ricevono dallo stato (e già tanto se, oggi, questi soggetti riescono a comprarsi un pacchetto di nazionali al giorno, o un caffè in alternativa), i comuni passeranno a estorcere soldi dai patrimoni di famiglie che già si trovano in difficoltà per la disabilità di un loro congiunto. Ma, a parte la spregevolezza dell'operazione, mica si può cavare sangue da una rapa! La soluzione, come al solito sarà quella di far pagare ai lavoratori del settore questi "risparmi" indecenti: già nel settore pubblico si annunciano tagli di organico, con conseguente spostamento degli operatori a coprire compiti diversi da quelli educativi, blocco delle assunzioni e del turn over, mentre è in arrivo una massiccia dismissione di comunità e centri diurni. Questo, però non vorrà dire che la cooperazione sociale verrà coperta di quattrini, anzi! La previsione, infatti, è quella del ribasso degli appalti, la diminuzione del personale addetto alla cura dell'utenza, tramite la massiccia immissione di volontari e operanti nel servizio civile (gli ex obiettori) e la revisione al ribasso del rapporto numerico operatori-utenti. Anche la composizione del personale educativo subirà drastici mutamenti: sempre meno educatori (che costano di più), sempre più ADEST e OTA (che costano di meno, puliscono culi e non hanno strani grilli educativi per la testa). Infine, last, but not least, le strutture socio assistenziali e socio sanitarie verranno ridotte e accorpate, in modo da mettere insieme quanti più utenti possibili. Insomma, un bel ritorno agli Istituti d'antan, con un educatore ogni venti utenti, chiuso nella sua stanzetta a scrivere inutili piani educativi che nessuno applicherà (però saranno utili a dirigenti e assessori per far vedere al pubblico "l'alta qualità del lavoro"), un numero indefinito di ADEST e volontari a svolgere lavori di bassa manovalanza, e in mezzo, gli utenti del sevizio a brancolare tra la ricerca di una sigaretta e la prossima pulitura di culo! In aggiunta, assessori, dirigenti, psichiatri e mala genia assortita, pontificheranno sui servizi, sulla loro "europeità"e simili amenità, mentre gli attachè delle case farmaceutiche utilizzeranno questo bestiame umano per i loro esperimenti. Ah, dimenticavo, le famiglie dei poveri disgraziati, dovranno pure pagare per questo schifo! Gli educatori fino a ora non hanno ancora avuto il coraggio di mettere i piedi nel piatto a proposito del loro lavoro, preferendo l'allegro sport del reciproco scannamento ("specchio, specchio delle mie brame, chi è l'educatore più fico del reame?"); ci sembra giunta l'ora di iniziare a farlo, costruendo un movimento di lotta trasversale che coinvolga i lavoratori del settore (tutti, vediamo di finirla con lo schifoso corporativismo che vede gli educatori contro gli ADEST, e viceversa), le famiglie e tutte quelle associazioni interessate all'utenza dei servizi. Dobbiamo bloccare l'insieme delle riforme dell'assistenza e della sanità; che nessuno si illuda di trattare per il proprio piccolo orticello qualche vantaggio, e che nessuno si illuda di stringere patti leonini con i sindacati di stato e con le dirigenze cooperative. A questi signori, le nostre condizioni di lavoro, o quelle di vita degli utenti, non interessano minimamente; al massimo potranno interessarsi a spuntare un qualche margine di profitto sul prossimo appalto. Dobbiamo attrezzarci a fare da soli, e presto! Jack Tar
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