Da "Umanità Nova" n. 15 del 28 aprile 2002
Prove tecniche di regime
Pisa: 2 arresti per "propaganda sovversiva"
I "reati di opinione" non sono solo quelli che vengono commessi da una persona
(o da un gruppo) che esprime un pensiero divergente rispetto a quello della
maggioranza della popolazione, ma anche un comodo strumento che il potere
adopera da sempre nel modo che più fa comodo.
Nel programma dei "cento giorni" del Governo in carica c'era, tra le tante, la
promessa dell'abolizione di questo genere di reati e, in più occasioni,
l'attuale Ministro della Giustizia, il leghista Castelli, ha ribadito la sua
ferma intenzione di procedere in tale direzione cancellando norme che risalgono
ai tempi del regime fascista.
"Mentre è quasi pronto il ddl per "ridefinire" i reati d'opinione che,
afferma il ministro, "sono ormai usciti dal comune sentire dei cittadini".
(Avvenire on-line, 25/7/2001)
"soltanto riferendosi ai reati di opinione è stato possibile
individuarne una ventina che si potrebbero depenalizzare." (Senato. Quinto
Resoconto stenografico delle comunicazioni del ministro della giustizia sulle
linee programmatiche del suo dicastero, seduta di venerdì 3 agosto
2001)
Salerno. Il Ministro dal palco della Lega. "State tranquilli, perché
stiamo lavorando per abolire i reati d'opinione dal nostro codice penale". (Il
Mattino on-line, 4/3/2002)
La realtà dei fatti però è decisamente diversa.
A Pisa qualche settimana fa erano scattate tre denunce per un volantino
sull'omicidio Biagi dal titolo "È morto un bastardo". Poi, la sera di
lunedì 15 aprile, alla vigilia dello sciopero generale, sono stati
arrestati due studenti colti "sul fatto" mentre affiggevano un volantino di
solidarietà con i denunciati. Il suo contenuto, secondo quanto si
apprende dalla stampa locale, ha fatto scattare l'accusa di "propaganda
sovversiva" (da uno a cinque anni di carcere); uno dei più tipici reati
di opinione creati apposta nel secolo scorso per colpire la propaganda dei
gruppi comunisti ed anarchici e rimasto immutato nel Codice Penale italiano
anche dopo la sconfitta del nazifascismo.
Giovedì 18 i due studenti sono stati messi agli arresti domiciliari e
venerdì 19 il Giudice per le indagini preliminari ha confermato gli
arresti imponendogli l'obbligo della firma due volte al giorno a giorni
alterni.
Che l'episodio in questione sia accaduto a Pisa non è un caso. Negli
ultimi tempi - a più riprese - la stampa cittadina non ha perso
occasione per collegare anche i più piccoli avvenimenti di cronaca
locale ai pericoli di un risorgere della "emergenza terrorismo". E gli effetti
di questa campagna si vedono tutti: il centro storico è pattugliato
giorno e notte da un numero inverosimile, per una città di provincia, di
uomini in divisa appartenenti alle diverse forze del disordine statale e, da
molte parti, si sono già levate le richieste di riempire le strade e le
piazze di telecamere.
Intanto, i commercianti si lamentano continuamente per la "concorrenza" dei
poveri banchetti degli immigrati e i benpensanti strillano come aquile ogni
volta che compare una scritta su un muro.
Che, nel terzo millennio, nell'era della comunicazione globale, due persone
possano essere arrestate solo per aver espresso delle opinioni - per quanto
disgustose possano essere - è un fatto che non accade (per fortuna!)
tutti i giorni ma dovrebbe risultare di una inaccettabile gravità anche
per coloro che credono che la libertà di espressione venga pienamente
garantita dall'articolo 21 della Costituzione.
Essere a favore della libertà di espressione non significa essere
costretti a difendere a tutti i costi idee che magari non ci appartengono, ma
vuol dire ribadire con forza il diritto di non essere arrestati e magari
processati e condannati per aver espresso una opinione, un diritto che non
è solo dei due studenti incarcerati a Pisa ma anche nostro.
Peppe, Robertino e Tiziano
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