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Da "Umanità Nova" n. 16 del 5 maggio 2002

25 aprile antifascista
Nessuna pacificazione!

Benevento
Ora e sempre resistenza!
A Benevento siamo scesi di nuovo in piazza per manifestare in nome di una liberazione ancora non realizzata e per debellare il revisionismo di una destra sempre più prepotente.
Mercoledì scorso circa 400 compagni, i disoccupati, gli sfrattati, i lavoratori precari, gli studenti ed i compagni organizzati (anarchici, disobbedienti, commercio equo, centro sociale, FIOM, giovani comunisti, PRC) hanno sfilato attraverso le vie principali e nei vicoli della città ,per ricordare che il 25 aprile 1945 fu soltanto l'inizio dell'insurrezione armata contro i nazi-fascisti.
Oggi, grazie anche alla compiacenza dei partiti "democratici e antifascisti", l'opera di normalizzazione contro tutte quelle componenti politiche e sociali che combattono su posizioni di radicale opposizione al capitalismo e allo stato continua con ogni mezzo: dalla repressione poliziesca delle lotte di tutti coloro che si oppongono alla "globalizzazione neoliberista" alle stragi di stato, dalla convergenza d'interessi con la mafia alla distruzione del sindacalismo di classe, dalla manovalanza neofascista alla creazione di strutture "parallele", dal controllo dei mezzi d'informazione al revisionismo storico degli ultimi giorni.
In Italia non c'è mai stata una reale de-fascistizzazione: la vittoria della destra, sul piano economico e su quello culturale, è avvenuta da tempo grazie proprio ad una sinistra riformista che, per paura di perdere le proprie posizioni di potere, si è resa garante della pacificazione nazionale e del controllo sul movimento operaio.
È stato un corteo allegro e rumoroso, dietro uno unico striscione - "Ora e Sempre Resistenza", firmato dagli Antifascisti Sanniti. Durante la manifestazione sono intervenuti i disoccupati, gli sfrattati e comuni cittadini, i resistenti di oggi, per raccontare le loro ragioni e la loro esperienza.
Non sono mancati pregevoli interventi di pura disobbedienza: l'affissione di una lapide in Piazza Matteotti, per ricordare il martire della violenza squadrista (la piazza è stata ribattezzata Piazza Santa Sofia dalla attuale amministrazione fascio-forzitaliota); in Piazza Castello è stato posto un enorme preservativo a protezione dei fasci littori che "adornano" la statua del "milite ignoto", il palazzo comunale e la sede della Confindustria sono state delimitate con bande bianco-rosse ed avvertimenti (zona defascistizzata).
In serata i fasci hanno emesso un comunicato stampa nel quale vituperavano gli "atti di vandalismo", compresa la rimozione di un fascio littorio che adornava un lampione: "se fanno così bisogna chiudere i centri sociali", è stato il commento.
Nel pomeriggio, a causa della pioggia, la manifestazione è stata trasferita presso il CSA "Depistaggio" con dibattiti, mostre, musica.
Un esperimento importante per una città come Benevento dove purtroppo regnano profondi ed ancestrali dissidi nell'ambito di una sinistra antagonista troppo pronta a mostrare le proprie differenze e poco propensa ad arricchirsi delle reciproche diversità.
Se questo è l'inizio di un movimento, appare un buon inizio.

27 aprile: gli abbiamo rovinato la festa.
Il 27 aprile a Benevento l'amministrazione di destra, con a capo il sindaco AN, ha inaugurato Piazza Santa Sofia, ex piazza Matteotti.
Già da mesi era in corso un vivace dibattito circa la evidente azione revisionista messa in atto dal comune che, con la scusa di una vecchia delibera risalente ad oltre 10 anni fa, aveva stabilito di rinominare la piazza in occasione della sua inaugurazione, dopo i lavori di ristrutturazione.
Doveva essere un giorno di gloria per i fasci locali, adorni dei loro politici più rappresentativi e invece...
Le compagne ed i compagni sono affluiti in massa nella piazza con cartelli e striscioni, raccogliendo immediatamente il consenso di gran parte del pubblico presente che già aveva manifestato timidamente il disaccordo quanto meno sulle scelte estetiche degli amministratori.
I fischi, i canti, gli slogan hanno coperto gli amplificatori ed i "festeggianti" si sono dovuti stringere in un angolo, protetti dalla polizia ed "assediati" dai manifestanti, che erano più del doppio di loro.
Volevano un giorno di festa, specie dopo lo smacco politico dello scorso 25 aprile, ma gli è andata male anche questa volta.
Gli anarchici di Benevento

Pietrasanta
A Pietrasanta dietro lo striscione "Antifascismo Militante" eravamo in parecchi ad esprimere con determinazione una volontà comune di lotta contro vecchi e nuovi fascisti e di rifiuto verso quanti cercano di ridurre il 25 aprile ad una semplice ricorrenza sul calendario. Così, dopo aver percorso il centro cittadino in un corteo vivace e partecipato che in totale ha visto manifestare più di mille persone, lo spezzone che comprendeva varie realtà di movimento ha scelto di terminare la manifestazione in una piazza diversa da quella in cui si sono raccolti tristi esponenti della sinistra istituzionale locale con aggiunta di parlamentari e burocrati sindacali dalla cui politica i lavoratori, i precari, i subordinati in genere hanno tutto da perdere e niente da guadagnare.
Indubbiamente il risultato della giornata è da considerarsi positivo. Coloro che tentano di azzerare la memoria storica ponendo sullo stesso piano vittime e carnefici, chi, come il sindaco e la giunta pietrasantina si diletta con busti del duce e rimuove pugni sgraditi (vedi articolo su UN n.11 del 24/3/02), ha ricevuto la risposta che si meritava. Chi invece si professa antifascista oggi, dopo che non lo è stato ieri e per ottenere un ritorno d'immagine da spendere in campagna elettorale domani, deve mettersi l'animo in pace: la Versilia autenticamente antifascista, anarchica e comunista c'è e cresce ogni giorno di più. Nelle lotte sociali, nelle strade e nelle piazze. E senza bisogno di tutori e patrocinatori interessati.
Giros

Cagliari
In occasione del 25 aprile si è tenuta a Cagliari un'intera giornata di mobilitazione antifascista, iniziata la mattina con il consueto corteo ufficiale, a cui i compagni hanno partecipato con un loro spezzone separato, e proseguito dal pomeriggio fino alla sera con una grande festa autogestita organizzata al Parco del Castello di San Michele.
La festa è stata un grande successo: spettacoli di giocolieri ed acrobati si sono alternati con la distribuzione di materiale militante e la lettura di testi della resistenza italiana e della resistenza Palestinese. La serata è terminata con un grande concerto di quattro ore; i gestori del parco hanno stimato un afflusso di circa 6000 persone e di 2500 spettatori al concerto serale.

Jesi
La festa della liberazione a Jesi è stata una giornata piena per i compagni anarchici della zona.
Per il pomeriggio è stato organizzata dal Centro Studi Libertari "Luigi Fabbri" la presentazione, a cura dell'autore, del libro di Mario Coglitore ("La memoria tradita, ed. Zero in condotta) insieme all'Anpi locale, con l'esposizione di una mostra sulla resistenza nelle Marche. Una buona presenza di pubblico ha sottolineato la riuscita dell'iniziativa. La sera poi c'è stata la festa partigiana con cena sociale e canti antifascisti.
Ma il bello della giornata è stato indubbiamente rappresentato dall'andamento del corteo celebrativo organizzato, come di consueto, dall'amministrazione comunale.
Corteo che prevedeva al termine il comizio finale di un oratore scelto dal comitato organizzatore e che, quest'anno, era impersonato, o meglio impersonata, da una nota figura del locale centro sociale "TNT", legato all'area del Marche social forum, carta, tute bianche, ecc.. Centro sociale che, inoltre, quest'anno ha creato una lista autonoma per candidarsi alle elezioni comunali prossime.
Sembra quasi un assurdo kafkiano ma, mentre in molte altre città il 25 aprile è stato caratterizzato da una "deriva istituzionale" verso destra, impregnata del solito revisionismo antiresistenziale, a Jesi, la questione è stata tutta interna alla sinistra dove l'area antagonista di Rifondazione e del Sincobas mal sopportava l'idea di un comizio tenuto da una ex-tuta bianca, sostenuta quest'ultima dai cossuttiani. Il resto delle forze del centro sinistra, anch'esse critiche sulla scelta dell'oratrice, si adeguavano gioco-forza alla ragion di... comune.
In tale situazione l'indicazione data a sinistra della sinistra era quella che, al termine del corteo, si sarebbe boicottato il comizio finale, sottolineando l'uscita dalla piazza dei "dissidenti" cui, venivano cooptati quasi di conseguenza anche i compagni anarchici i quali, gioco forza si sono trovati con tanto di striscione e bandiere rosso-nere a guidare la (sigh!) testa dello spezzone antagonista, con Rifondazione inclusa, distanziato di una decina di metri da quello ufficiale.
A sorpresa però il corteo non si è concluso subito in piazza, ma ha proseguito verso il municipio, lasciando così ad anarchici, Rifondazione e Sincobas la possibilità di "occupare" momentaneamente la piazza, gremita di manifestanti e cittadini, fare un contro-comizio lampo, e filarsela via tranquillamente lasciando la piazza semi-vuota dove di lì a poco giungeva il sindaco diessino annunciando che in quel momento iniziava il comizio vero, quello ufficiale.
Rispetto al tono e alla tensione di tante altre giornate del 25 aprile svoltesi in Italia, questa descritta ha sicuramente il sapore banale dell'ironia provinciale, ma può essere anche uno spunto per ragionare sul fatto che le diatribe interne della sinistra possono provocare avanzamento della destra e confusione, ma possono creare visibilità ed allargare gli spazi di intervento sul piano politico e sociale a noi anarchici.
Giordano

Trieste
Niente da pacificare!
Ci hanno provato e gli è andata male. Così si potrebbe riassumere il risultato del tentativo della giunta di centro-destra di trasformare la giornata del 25 aprile in una giornata di "riconciliazione e pacificazione tra italiani". Ma andiamo con ordine. Da quando si è installata sugli scranni del comune la giunta, fra le varie nefandezze compiute, si è distinta per una decisa opera di mistificazione storica e culturale sui temi caldi della storia locale. E perciò via a mostre, convegni e cospicui finanziamenti a tutte le iniziative di stampo revisionista e nazionalista. Non a caso, come assessore alla cultura, è stato designato il famigerato capoccia di AN Roberto Menia. Costui (ex. dirigente del Fronte della Gioventù dell'ala dura ma anche delfino di Gianfranco Fini) oltre a svariate dichiarazioni contro gli sloveni e gli omosessuali ha continuato a portare avanti quella riscrittura della storia locale che è stata (ed è ancora) cavallo di battaglia della destra locale. È soprattutto sulla questione delle Foibe e della Risiera (unico campo di concentramento esistente in Italia) che la mistificazione è particolarmente aberrante. Da anni si equiparano questi due avvenimenti così diversi fra loro per poter dire che Trieste è stata vittima di due diversi totalitarismi (quello nazista e quello titino) che hanno avuto come vittime sempre gli italiani. Peccato che le cose non stiano proprio così e sebbene l'ex-regime di Tito non rientri certo fra le nostre simpatie paragonare il massacro sistematico di innocenti avvenuto in Risiera con la violenta eliminazione soprattutto di nazisti e collaborazionisti (a Trieste particolarmente numerosi) avvenuta alle Foibe è cosa aberrante. Dopo decenni il terreno sembrava ormai pronto per il gran salto, e dopo le prove generali avvenute alla giornata della memoria il 27 gennaio (anche lì oggetto di accese contestazioni), il comune e la provincia - entrambi di centro-destra- decidono che il 25 aprile sarà la giornata in ricordo di "tutti gli italiani caduti per la libertà" in un ottica di pacificazione e riconciliazione. A questo punto il Comitato per la difesa dei valori della Resistenza (formato da varie associazioni della sinistra moderata e dai sindacati confederali) insorge e annuncia battaglia. Dopo giorni di polemiche vengono annunciate due distinte manifestazioni in Risiera: alle 11 comune e provincia, alle 12 il Comitato con in mezzo i riti religiosi. Non era mai accaduto. La mattina del 25 la gente inizia a recarsi davanti alla Risiera ben prima delle 11. Quando entrano i papaveri (sindaco, assessori fra cui Menia, il presidente della provincia e altri) la gente fuori non è ancora molta ma già volano i primi fischi e insulti. Dentro la cerimonia ufficiale è desolante: comprese alcune scolaresche i partecipanti sono meno di 200. Nel frattempo fuori si sono già assiepate migliaia di persone di tutte le età. Quando i politicanti della destra escono scoppia la contestazione: fischi, urla, slogan, canti e lanci di monetine e altri oggetti. La polizia deve farsi largo fra la gente inviperita a spintoni. Ci vogliono alcuni minuti perché i papaveri riescano ad andarsene fra gli insulti generali.
In prima fila nella contestazione anche i compagni e le compagne del Gruppo Anarchico Germinal che avevano fatta propria questa scadenza invitando alla mobilitazione. Sul nostro striscione, arrivato a pochissimi metri dalle auto dei politicanti, si leggeva a chiare lettere la nostra parola d'ordine "25 aprile: niente da pacificare!". Dello stesso tenore il volantone redatto assieme ai compagni di "Papillon - foglio anarchico di Gemona" distribuito in centinaia di copie. Nel volantone oltre ad attaccare le destre si ricordavano senza mezze misure le responsabilità del centro-sinistra nell'opera di riconciliazione a partire da quel famoso convegno proprio qui a Trieste fra Violante e Fini sulla riconciliazione. Quello stesso centro-sinistra che alle sue manifestazioni e convegni si commuove per l'inno di Mameli, che costruisce lager per immigrati, che avvalla operazioni di guerra in giro per il mondo.
Finita la contestazione la gente entra in Risiera per l'altra cerimonia: ci sono oltre settemila persone e molti non riescono neppure a entrare. I compagni anarchici coerentemente restano fuori e alcuni si recano davanti alla Questura dove nel frattempo un compagno di area comunista internazionalista era stato portato in seguito alla contestazione. Ne uscirà dopo due ore con una bella denuncia per lesioni a pubblico ufficiale per l'accusa di aver centrato ad una guancia un digossino con una moneta da un centesimo! Come al solito gli sbirri locali si distinguono per viscidezza.
Al di là di questo episodio è stata sicuramente una giornata significativa.
Le migliaia di persone accorse in risiera a contestare la giunta e a rifiutare ogni ipotesi di riconciliazione sono sicuramente un fatto positivo. Il ridicolo numero di persone andate alla cerimonia ufficiale è un altro dato molto positivo, segnale che l'opera di mistificazione della storia non ha ancora raggiunto il suo obiettivo.
Ora occorre mantenere alta l'attenzione per continuare a contrastare ogni forma di revisionismo storico e di mistificazione della memoria.
un compagno

Pordenone
L'azione diretta di antifascisti ed anarchici ha rovinato la sfilata dei fascisti in doppiopetto.
Il 25 aprile a Pordenone avrebbe dovuto essere, oltre alla solita ed inutile kermesse patriottica dove una parte della storia drammatica ma allo stesso tempo straordinaria viene messa sottovetro ed imbalsamata, anche la "svolta ufficiale" (quella ufficiosa risale all'anno scorso) della "pacificazione nazionale", ovvero la stretta di mano fra carnefici e vittime, fra un regime dittatoriale alleato al nazismo e i tanti civili che hanno dovuto scegliere di imbracciare le armi per la libertà di tutti e di tutte.
Il circolo libertario E. Zapata ed altri antifascisti/e non ci sono stati.
Finita la cerimonia ufficiale hanno perciò occupato la piazza e motivandone i contenuti hanno annunciato un sit-in di "resistenza" pacifica, sedendosi e invitando i presenti a solidarizzare.
La risposta non si è fatta attendere ed il sit-in si è presto ingrossato, mentre altri si sono accostati per vigilare che la polizia non commettesse violenze.
L'intervento della celere, dopo una mezz'ora d'impasse, non si è fatto attendere ed ha cominciato a trascinare via gli antifascisti strattonandoli per piedi, polsi e vestiti. Hanno tentato più volte non riuscendovi e sotto le urla della piazza che scandiva "vergogna vergogna!".
Al coro di protesta si sono uniti anche partigiani che indicavano alla polizia di occuparsi della trentina di fascisti presidiati dai carabinieri e non d'infierire sui dimostranti.
L'unico modo che la celere ha avuto, dopo più di mezz'ora, per far sfilare AG è stato di blindare il sit-in facendo un cordone e scortandoli.
Ma anche l'ignobile parata è stata sommersa da fischi e slogan, così da buoni camerati hanno subito l'umiliazione come nel più classico dei motti "credere, obbedire, combattere" e cioè a testa bassa, con i carabinieri a fare da scudo.
Anche sei nei quotidiani locali, il giorno dopo, si titolava "tafferugli per il 25 aprile", la protesta come annunciato si è svolta pacificamente, l'intervento della celere ha dovuto progressivamente ridimensionarsi sia per la vigile attenzione della gente e la presenza di telecamere e giornalisti, sia per la determinazione dei compagni e delle compagne che sono comunque riusciti a divincolarsi dalle grinfie pulotte.
L'azione diretta, organizzata dagli anarchici del circolo libertario E. Zapata e da alcuni antifascisti, ha ottenuto il consenso e l'adesione di alcuni presenti, sia del coordinamento no-global locale che di semplici cittadini.
Si è riusciti così a non far passare in silenzio la svolta politica delle istituzioni e della questura nel lasciare spazio a revisionismi quali quelli messi in atto dai Giovani Azionisti di Alleanza Nazionale.
Come da 10 anni a questa parte la prassi antisettaria ed orizzontale del circolo libertario E. Zapata ha saputo coinvolgere e sviluppare conflittualità, lo stesso spirito che ha contraddistinto le iniziative contro Aviano 2000, quelle per gli spazi sociali autogestiti e in solidarietà con tutti i lavoratori migranti.
Testimoniando ancora una volta che non c'è nulla da pacificare con i fascisti di ieri ne con quelli di oggi, la protesta che il 25 aprile continuerà ad innescare è solo conseguenza della scelta di istituzioni (da Violante a Fini) e questure che, con l'uso della forza, vogliono imporre la "falsa pace" dei fascisti ammazzando per la seconda volta i partigiani già morti per la libertà.
Quindi che se ne assumano la responsabilità.
Circolo libertario E. Zapata

Gragnana: in ricordo di Giuseppe Cenderelli
Nell'estate del 1944, nelle località immediatamente dietro alla Linea Gotica che attraversava l'Italia dal Tirreno all'Adriatico, tedeschi e fascisti lanciarono la campagna dei rastrellamenti volti a far terra bruciata fra la popolazione sospettata di sostenere o anche soltanto tollerare la presenza di "ribelli" partigiani sul proprio territorio. Le vittime civili si contarono a migliaia, donne sventrate, bambini appesi al filo spinato, vecchi, giovani e chiunque capitasse a tiro abbattuti a mitraglia, case incendiate, massacri ovunque. Sul finire di agosto, una ennesima operazione contro la resistenza sulle Apuane vedrà fra i primi caduti a Campo Cecina, un giovane di Gragnana di 19 anni: Giuseppe Cenderelli. Il suo corpo rimarrà senza sepoltura fino a dopo la Liberazione, quando fra la commozione di tutto il paese, verrà raccolto e inumato nel locale cimitero.
Da ormai una quindicina d'anni i compagni del luogo hanno chiesto al comune di Carrara di dedicare una via o una piazza al caduto per la libertà. Negli ultimi tempi si erano quasi spazientiti e finalmente, ottenute le solite vaghe promesse ma nulla di certo, hanno deciso di passare ai fatti con tanto di marmo e ferro saldato.
Quando il comunicato è apparso sulla stampa, il 24, una telefonata giunge dal comune che il sindaco sarà ben felice di portare un mazzo di fiori in omaggio alla targa. Non solo: qualche ora dopo un messo raggiunge un compagno e gli consegna una delibera di giunta in cui tutto risulta perfettamente regolare, datata 17 febbraio. Ma come, se fino al giorno prima era tutto così lasciato nel vago! Potenza del periodo pre-elettorale, ha insinuato qualche mala lingua.
Il mattino del 25, puntuale alle 9, il sindaco si è presentato e, incurante delle trombe che in quel momento suonavano a tutto volume "Figli dell'officina", in raccoglimento davanti alla targa ha ascoltato il silenzio suonato alla cornetta da un componente della banda appositamente convocato.
Ma comunque, fra alti e bassi, la targa è al suo posto.
L'incaricato



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