Da "Umanità Nova" n. 17 del 12 maggio 2002
Ammazzato di botte
30 anni fa la polizia assassinò Franco Serantini
Sono ormai trascorsi trent'anni da quel 7 maggio 1972, quando Franco Serantini
veniva ucciso dallo Stato. Aveva vent'anni. Era nato in Sardegna. Non avendo
famiglia, e soffrendo di "assoluta carenza affettiva", visse fra brefotrofi e
istituti di rieducazione. A Pisa era in semilibertà: doveva mangiare e
dormire nell'istituto di rieducazione in piazza San Silvestro.
Semilibertà è una parola grottesca: la libertà non si
dimezza. Franco, la libertà, la voleva tutta intera: diventò
anarchico.
Incominciò a guardare il mondo con occhi diversi e ad avvicinarsi,
nell'autunno del 1971, al gruppo anarchico "Giuseppe Pinelli" che ha la sede in
via S. Martino al numero civico 48.
Il 5 maggio 1972 partecipa al presidio antifascista indetto da Lotta Continua a
Pisa contro il comizio dell'On. Giuseppe Niccolai del Movimento Sociale
Italiano. Il presidio viene duramente attaccato dalla polizia; durante una
delle innumerevoli cariche, Franco viene circondato da un gruppo di celerini
sul lungarno Gambacorti, e pestato a sangue. In seguito viene trasportato nella
caserma dei carabinieri, infine nel carcere "Don Bosco" di Pisa, dove il 6
maggio fu interrogato. "Chiesto all'imputato in che cosa crede, risponde: -
Sono anarchico". Disse anche: "Fui arrestato mentre scappavo. Mi giunsero
addosso una decina di poliziotti e mi colpirono alla testa. Accuso infatti
forti dolori al capo ancora attualmente". Fu messo in cella di isolamento.
Il 7 Maggio, due giorni dopo l'arresto, viene trovato privo di sensi nella sua
cella, muore alle 9:45, poco dopo essere stato trasportato al Centro Clinico del carcere.
Ai funerali del 9 maggio 1972 vi fu una grande partecipazione popolare. Al
cimitero Cafiero Ciuti, un anziano militante anarchico, tiene l'ultimo discorso
di commiato.
In piazza S. Silvestro il 13 maggio del 1972 ci fu una grande manifestazione
indetta da Lotta Continua con un comizio conclusivo di Gianni Landi per gli
anarchici e di Adriano Sofri per Lotta Continua. Terminato il comizio venne
apposta all'ingresso del palazzo Tohuar, l'ultima abitazione di Franco, una
lapide in suo ricordo. Le manifestazioni e le iniziative per ricordare
Serantini si rinnovano anno dopo anno: a Torino gli viene dedicata una scuola,
nel 1979 a Pisa nasce la biblioteca omonima e nel 1982 in piazza S. Silvestro,
ribattezzata nel frattempo piazza Serantini, viene inaugurato un monumento
donato dai cavatori di Carrara.
Le indagini per scoprire i responsabili della morte di Serantini affogano nella
burocrazia giudiziaria italiana e nei "non ricordo" degli ufficiali di PS
presenti al fatto. I sessanta uomini del Secondo e del Terzo plotone della
Terza compagnia del I Raggruppamento celere di Roma, che sono i protagonisti
della vicenda, scompaiono nelle nebbie delle stanze della magistratura. Ma la
vicenda dell'anarchico Serantini rimane all'attenzione dell'opinione pubblica
attraverso una costante campagna stampa dei giornali anarchici, di Lotta
continua e dei comitati "Giustizia per Franco Serantini".
Grande aiuto alla memoria fu dato da Corrado Stajano con il libro "Il
sovversivo. Vita e morte dell'anarchico Serantini", uscito nel 1975, grazie
al quale si è potuto conoscere e mantenere in vita il ricordo di un
ragazzo assassinato in una strada dell'Italia dei primi anni Settanta che
credeva nella libertà, nella giustizia e in un mondo migliore.
La vicenda di Franco Serantini, massacrato di botte dalla polizia intenta a
difendere un comizio del Movimento Sociale Italiano, rimane dolorosamente nella
nostra memoria, anche di chi, come me, allora non c'era.
Franco è assieme a tanti altri (Giannino Zibecchi, Claudio Varalli,
Francesco Lo russo, Giorgiana Masi, Fausto e Jaio, Carlo Giuliani ecc...)
una vittime della repressione.
Una delle poche e sintetiche considerazioni che si possono trarre da questa
vicenda è che "di Stato si muore"
Nessuna giustizia, nessuna pace. Contro la repressione non si tace.
Gaetano
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