Da "Umanità Nova" n. 18 del 19 maggio 2002
Questura di Napoli
Di nuovo tutti al "lavoro"
Se non fosse irrispettoso per tutti i lavoratori, si potrebbe osservare che gli
otto agenti di pubblica sicurezza della questura di Napoli sono stati riassunti
- potendo così felicemente ritornare a lavorare, questo lunedì 13
maggio - dopo che erano stati sospesi lo scorso 26 aprile per essersi
dimostrati troppo ligi nel compiere il proprio dovere. E a leggere la stampa
nazionale, l'impressione che quanto sia accaduto nel capoluogo campano il 17
marzo dell'anno scorso in occasione della riunione del global forum, rientri
nella tradizionale dialettica degli scontri di piazza fra manifestanti e forze
dell'ordine, appare - e apparir sempre più - una realtà del
tutto normale e (passatemi il termine) pacifica.
Eppure così pacifica non sembrava del tutto essere, non soltanto per le
percosse, le lesioni e le aggressioni ampiamente documentate dalle immagini
registrate e trasmesse (sebbene in forma ridotta e selezionata) dalla
televisione pubblica e privata, ma soprattutto per il fatto che l'arresto
domiciliare degli otto agenti a più di un anno dai fatti contestati - fra
i quali anche il sequestro di persona - aveva palesemente mostrato un attrito
fra Procura e Magistratura inquirente locale che si inseriva nei difficili
rapporti fra i poteri esecutivo e giudiziario su scala nazionale che l'ascesa
di Berlusconi al potere ha felicemente tradotto in una resa dei conti dove
difficile é il credere che ci potranno esser prigionieri.
Certamente si potrà anche discettare attorno alla responsabilità dei
singoli, come il dibattito politico a seguito dell'arresto degli agenti di
Pubblica Sicurezza ha cercato di inscenare al fine di ribadire la fiducia e la
stima nei confronti della Polizia; e il fatto che gli stessi siano stati
"liberati" dalla Magistratura dovrebbe perlomeno - secondo i presupposti
iniziali - far credere che di fronte alla legge tutti sono uguali: poliziotti e
manifestanti. Perchè se fosse stato l'esatto contrario la Magistratura
avrebbe dimostrato chiaramente la propria parzialità; non tanto
perchè avrebbe fatto valere le ragioni dei manifestanti (che sono
semplicemente uno dei tanti casus belli) , quanto perchè avrebbe
marcatamente difeso il proprio potere nei confronti della Polizia, secondo
l'abitudinario refrain: "voi fate soltanto quello che vi diciamo noi!"
Sennonché a dire quello che le forze dell'ordine devono fare e svolgere
in occasione delle manifestazioni dei movimenti no-global sembra non più
essere la Magistratura o il Governo del singolo Paese, ma - se effettivamente
cerchiamo di comprendere perchè il comportamento degli apparati di
sicurezza degli stati si sia dimostrato omogeneo e univoco sia a Praga,
Goteborg, Barcellona, Napoli, Genova... sembra ben altro. Quel "ben altro" che
in occasione dei summit internazionali, non può certo limitarsi a delegare
alle polizie locali la responsabilità della sicurezza ed incolumità
dei "potenti della terra", anche se si trattasse di difenderne soltanto
l'immagine mediatica.
Non é certo, come potrebbe apparire, fantapolitica; bensì la
realtà di una politica che se sul piano economico vuole essere globale,
non può non esserlo sul piano della sicurezza. Di modo che la "mano
pesante" esercitata dalle forze dell'ordine nei confronti delle manifestazioni
a carattere internazionale, non richiama tanto ad un presunto stato di polizia
- perchè non é più una polizia di stato, vale a dire agli ordini
di un potere nazionale (sia questo politico o giudiziario) - quanto riflette
comportamenti ed indirizzi che sono transnazionali e che - probabilmente -
ricevono ordini da oscuri Stati Maggiori.
Che poi ci sia sempre la personalizzazione di un Agostino Cordoba, che della
"responsabilità dei singoli" la sa ben lunga "ohè, simme a
Napule paisà".
Jules Èlysard
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