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Da "Umanità Nova" n. 18 del 19 maggio 2002
Pisa: a 30 dalla morte di Franco Serantini
Lotta per la memoria
Si è svolto a Pisa, venerdì 10 ed il sabato
11 maggio nell'occasione della morte di Franco Serantini un convegno storico,
organizzato dalla Biblioteca Franco Serantini, su "L'età della rivolta".
È stata un'occasione per discutere, da diversi punti di vista, sulle
lotte sociali, i movimenti, le culture politiche che hanno caratterizzato la
storia recente in Italia e non solo.
Le brevi note che seguono scontano il fatto che non mi è stato possibile
seguire in maniera completa i lavori sia per impegni personali che
perché la discussione si è svolta in gruppi tematici su diversi
argomenti: le fonti, le culture, le categorie interpretative.
Se dovessi segnalare cosa mi ha colpito di più, direi che è stato
il rilievo nella memoria collettiva della città della figura di Franco
Serantini e della sua morte. Basta pensare, fra l'altro, al video sugli eventi
curato dal videomaker Giacomo Verde e realizzato grazie al lavoro di diverse
giovani compagne. Si tratta di una raccolta, molto ben curata, di interviste,
spezzoni di filmato, documenti che rendono con uno straordinario impatto
emotivo il clima dell'epoca e la figura del nostro compagno.
La sala dove si è svolta la proiezione era gremita di persone e colpiva
sia la presenza di molti di coloro che avevano partecipato ai fatti del 1972
che quella di giovani interessati a quelle vicende ed alla comparazione,
immediata ma non banale, con la morte di Carlo Giuliani. L'intenso
coinvolgimento suscitato dal video non impediva, anzi, la necessaria "presa di
distanza" intesa non come disincanto ma come assunzione della necessità
di riflettere sui caratteri, i limiti, gli insegnamenti del movimento di quegli
anni.
Si sono intrecciati a Pisa livelli diversi, ma tutti legittimi, di elaborazione
sulle vicende del 1972 dalla diffusione di un manifestino su Serantini e
Giuliani ad opera dei tifosi della locale squadra di calcio a discussioni di
carattere specificamente storico. È mia opinione che si tratti di
"contaminazioni" importanti, la storia militante non può essere intesa
come attività erudita, come un lusso riservato agli specialisti ma non
può che essere ricostruzione critica del passato volta all'azione e come
lotta per la memoria, quella memoria che non è mai scontata, che non
può e non deve essere intesa come ricostruzione "oggettiva" di fatti la
cui interpretazione è luogo oggi, come allora, terreno di scontro a
maggior ragione quando, come oggi, gli eredi diretti di coloro che ebbero la
responsabilità della morte di Serantini operano ad una "riscrittura"
della storia dei movimenti passati.
Il convegno vero è proprio ha visto la partecipazione di studiosi e
militanti di diverso orientamento politico e culturale.
Molto vivace e partecipato è stato il gruppo di discussione sulle fonti
che ha trattato sia della situazione degli archivi che raccolgono il materiale
sulla storia dei movimenti che della periodizzazione che va utilizzata
nell'analisi dei movimenti stessi. Particolarmente interessante è stata
la riflessione sul rapporto fra memorie collettive rappresentate dal materiale
prodotto dalle organizzazioni, dalle riviste, dalle case editrici e memorie
private, rielaborazioni delle vicende passate. Un ciclo di lotte come quello
degli anni '70, che ha visto strettamente intrecciate vicende personali e
collettive, affermazione di nuovi stili di vita e militanza, richiede,
inevitabilmente, strumenti di lettura e capacità di interpretazione
delle fonti adeguati.
La riflessione, sviluppatasi nel gruppo su società di massa e
società dello spettacolo, sul rapporto fra movimenti, avanguardie
artistiche, linguaggi ha ripreso un percorso di riflessione molto interessante
e, a mio avviso, troppo spesso sottovalutato dai "militanti di impianto
tradizionale", come il sottoscritto.
La discussione su classe, genere, generazione, nazione ha dato spazio a
riflessioni, tutte da sviluppare, sulle categorie interpretative che è
necessario affinare per una storia ed una comprensione dei movimenti di
opposizione sociale.
In estrema sintesi, mi è parso che questo convegno, come altri, abbia
dato un interessante contributo ad un necessario lavoro collettivo di
approfondimento storico delle recenti vicende dei movimenti di opposizione
sociale a livello nazionale ed internazionale. Non vi è, in questa sede,
lo spazio per riprendere l'annosa discussione sulla possibilità di fare
storia delle vicende che ci vedono politicamente partecipi. A mio avviso, una
visione non accademica della ricerca storica ci permette di coniugare passione
politica e rigore nella ricerca, tensione critica e disponibilità alla
verifica rigorosa delle nostre affermazioni e dei nostri convincimenti.
Vi è, quindi, da sperare che non mancheranno altre occasioni per
riprendere questi temi e per produrre nuovi ed importanti contributi sia per
quel che riguarda la storia dei movimenti di oppostone sociale che per quel che
riguarda le categorie interpretative necessarie alla loro comprensione.
Cosimo Scarinzi
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