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Da "Umanità Nova" n. 20 del 2 giugno 2002
Crisi tra India e Pakistan
Sui cancelli del Ladakh
È sempre difficile continuare a parlare
dell'imbecillità umana che si ammanta di supposto raziocinio, che, sotto
l'egida degli stati e dei loro sgherri armati, propone soluzioni intermedie
quali "la guerra limitata" (limited war), il "deterrente nucleare minimo"
(minimum nuclear deterrent), "l'equilibrio attraverso la deterrenza nucleare"
(stability through nuclear detrrence), "colpire il terrore nel cuore del
nemico" (striking terror in the heart of the enemy) e via dicendo. È il
caso, per chi ancora non se ne fosse sufficientemente accorto, delle relazioni
di buon vicinato tra India e Pakistan che, negli ultimi giorni, hanno avuto una
escalation pubblica di tale portata da non poter più essere neppure
ignorate dalla stampa nostrana. Dico questo perché ancora una volta
siamo succubi (non sempre per colpa nostra) dei flussi informativi che ci
giungono dal Potere e siamo in grado di mobilitarci o di esprimere un parere
soltanto quando un affare pubblico assume una risonanza mediatica di un certo
rilievo: mentre la mattanza israelo-palestinese (non certo di poco rilievo)
continuava con il suo novero di morti ammazzati, ai confini del Kashmir le
"scaramucce" tra India e Pakistan provocavano, nei giorni passati, centinaia di
vittime e migliaia di profughi. E il tutto mentre la moderna Russia putiniana e
"de-nuclearizzata" sciorinava di aver accoppato, dal 1999 ad oggi, circa 12.500
ribelli ceceni e di aver perso oltre 3.500 soldati arruolati nelle proprie
truppe.
India e Pakistan, come tutti sanno, sono potenze nucleari e questo significa
che una guerra "a bassa intensità" tra i due stati comporterebbe un
numero spropositato di vittime subito ed un numero imprecisato, ma altrettanto
ragguardevole, di vittime poi. Il tutto condito da devastazioni ambientali di
cui le svariate prove di forza muscolari (leggi test missilistici) non sono che
un mesto anticipo. Molti si chiedono sino a che punto le due potenze militari
saranno disposte a sfidarsi senza utilizzare il potenziale nucleare a loro
disposizione: è una domanda che in linea di massima non può che
farci rabbrividire.
Il luogo a contendere, almeno apparentemente, è il solo, si fa per dire,
territorio kashmiro [1] subordinato allo stato
indiano ed abitato in prevalenza (90%) da musulmani sunniti e forte di un
notevole movimento armato indipendentista e filo-pakistano. Il Kashmir indiano
interessa al regime di Islamabad per almeno due ragioni:
Perché è una delle regioni più ricche e fertili di tutta
l'area: gli enormi ghiacciai della catena Himalayana (il più lungo
è Saser Khangri di oltre 70 km) forniscono assieme ai grandi corsi
fluviali che attraversano la regione un costante approvvigionamento di risorse
idriche essenziali per l'agricoltura e per l'energia elettrica. Non
dimentichiamo che il fiume Indo o Singe Khababs attraversa il "paese degli alti
valichi" del Ladakh per 640 km prima di affacciarsi al territorio pakistano e,
nel suo tumultuoso percorso, incontra altri importanti affluenti come il fiume
Zangskhar presso i cosiddetti "cancelli del Ladakh". Per finire tutta la
regione è caratterizzata da numerosissimi laghi di acqua dolce e salata,
un tempo, nei pianori del Rusphu e del Chang Thang collegati tra di loro.
Perché è uno sbocco a Nord, verso l'"amica" Cina, dopo che il
sud, ovvero l'Afganistan è stato sottratto al controllo di un fedele
alleato, i Talebani.
Oltre a tutto questo si gioca una seconda partita tutta interna al Pakistan: i
gruppi estremisti islamici che si sono opposti al governo di Musharraf durante
l'attacco all'Afganistan e che minano il potere del dittatore militare.
Lavorare sul doppio binario, quello dell'esercito ufficiale contro l'India per
l'indipendenza del Kashmir e quello della repressione interna, nonché
della chiusura (il milione di truppe ammassate al confine servono anche per
questo) dei confini pakistani, consentono a Pervez Musharraf di accreditarsi
presso l'opinione pubblica locale come difensore degli interessi musulmani in
India e di stroncare l'opposizione. L'India, allo stesso tempo, sfruttando
l'ipocrita crociata anti-terroristica mondiale, vuole chiudere la partita con i
musulmani interni e con il Pakistan. Il match è già costato
alcune centinaia di migliaia di morti, ma se dovesse aprirsi al gioco duro,
quello nucleare, conterebbe dai 7 ai 12 milioni di morti. C'è ancora
qualcuno che pensa che i Black Bloc siano dei violenti?
Pietro Stara
[1] Lo stato del Kashmir e Jammu è composto da tre regioni: il Kashnir (prevalenza musulmana), il Jammu (prevalenza induista al 65% seguita da quella musulmana al 30%) ed il Ladakh in prevalenza buddista (oltre il 50%), ma con una buona presenza musulmana sciita
(46%)
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