Da "Umanità Nova" n. 20 del 2 giugno 2002
Elezioni amministrative
Tanto rumore per nulla?
Dal nostro punto di vista la riflessione sui risultati elettorali è, per
evidenti ragioni, di carattere essenzialmente diverso rispetto a quella che
fanno gli esponenti ed i sostenitori dei vari partiti parlamentari. Siamo,
infatti, convinti che il meccanismo elettorale stesso non possa che riprodurre
le attuali strutture e gerarchie sociali e che sia i movimenti collettivi delle
classi subalterne che la quotidiana lotta sui luoghi di lavoro e sul territorio
non abbiano, per la loro stessa natura, "rappresentanza" istituzionale.
I risultati elettorali sono invece interessanti come indicatori dei rapporti di
forza interni al ceto politico e come manifestazione di un generico
orientamento dell'opinione pubblica, costituiscono un elemento, non il
più importante ma nemmeno il meno rilevante, dello scenario nel quale si
sviluppa il conflitto sociale.
Per quanto riguarda le elezioni amministrative appena svoltesi, queste note
vengono stese in mancanza di dati dettagliati e certi e sono, quindi, mere
impressioni che sarà opportuno, quando saranno a disposizione
informazioni più precise, integrare e correggere.
Come è stato rilevato da più parti, il numero degli elettori
coinvolti e il fatto che fossero le prime elezioni di un certo rilievo dopo la
conquista del governo da parte delle destre faceva di questa tornata elettorale
una sorta di sondaggio sul gradimento della politica del governo, sondaggio non
sempre di facile interpretazione visto il peso di fattori locali nella
determinazione del voto stesso.
Alcuni dati generali sembrano emergere:
- il peso dell'astensione. Il carattere 'locale' del voto che dovrebbe rendere
i risultati più interessanti per la vita quotidiana dei cittadini non ha
determinato un'inversione del processo di disaffezione verso la politica
istituzionale che si è manifestata negli ultimi anni
- la scissione fra mobilitazione sociale e partecipazione elettorale. Le lotte
degli ultimi mesi avrebbero potuto, almeno questo sperava la sinistra, ridare
slancio all'opposizione sul piano elettorale. Effettivamente alcune
realtà del nord sembrano aver registrato un buon risultato per la
sinistra ma non vi è stato alcuno spostamento significativo degli
elettori, quello spostamento che avrebbe avuto un significato non equivoco
- il limitato effetto dell''unità' del centro sinistra. La diffusa
alleanza fra Ulivo, Lista Di Pietro e PRC ha, certo, favorito l'opposizione ma
non creato massicci sommovimenti. D'altro canto, qualche bega locale come la
transumanza delle truppe mastellate di Reggio Calabria al centro destra mostra
i limiti di un'alleanza che cerchi di tenere dentro forze eccessivamente
disomogenee
- alcuni segnali di difficoltà per la destra che ha visto diverse aree
di sofferenza a livello locale con liste divise e con tensioni fra gli alleati.
Va rilevato che la metodica occupazione dei media da parte della destra non ha
determinato uno sfondamento elettorale a suo favore anche se è probabile
che la massiccia visibilità del cavaliere azzurro nel ruolo di statista
planetario abbia favorito la Casa delle Libertà.
Insomma, come è normale, entrambi gli schieramenti valorizzano i
risultati favorevoli e danno poco peso a quelli negativi ma si tratta di una
prassi tanto consolidata da non apparire nemmeno scandalosa.
Se una sintetica valutazione generale di quanto è avvenuto si può
fare è quella che le elezioni non sono, né possono essere, il
luogo nel quale i movimenti della società civile e, in primo luogo,
quelli dei lavoratori trovano spazio e rilancio politico. I cittadini
atomizzati delle moderne democrazie industriali votano, ed in questo sono
assolutamente tradizionali, per ragioni e secondo criteri che solo assai
parzialmente hanno a che vedere con la loro collocazione e prassi sociale.
D'altro canto, il periodo elettorale ha catalizzato energie ed attenzione che
meglio sarebbero state spese nel sviluppo del conflitto contro il padronato ed
il governo ma, questo viene da sé, si tratta di un altro discorso.
CMS
|