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Da "Umanità Nova" n. 20 del 2 giugno 2002

Dibattito
GNU Global?

Prosegue il dibattito sul movimento no-global avviato sul numero 14 di UN da Salvo Vaccaro con "L'autobus no-global", proseguito poi sul numero 18 con i pezzi di due compagni dell'OACN-FAI di Napoli, che, prendendo spunto da una diversa valutazione del Primo Maggio nella loro città, ci hanno offerto ulteriori motivi di riflessione. Questa settimana proponiamo un articolo del bolognese Oscar Afone. Altri interventi sono in cantiere.

GNU GLOBAL?

L'intervento di Salvo Vaccaro, pubblicato su U.N. del 21 aprile scorso ha riaperto "formalmente" il dibattito sul "movimento dei movimenti".
Nel corso del convegno della Federazione Anarchica, svoltosi a Torino il 20 e 21 aprile, ampio spazio é stato dedicato a questo dibattito ed in particolare al "che fare" in occasione della riunione dell'European Social Forum che si terrà a Firenze agli inizi del prossimo novembre.
Le cronache delle iniziative locali e globali che U.N. pubblica con una certa cura e costanza segnano, a mio avviso, un punto di vista all'interno di questo dibattito. In queste cronache, accanto alle puntuali critiche nei confronti del dominio, si esprimono altrettanto puntuali critiche a quei soggetti politici e sociali che si riuniranno in novembre a Firenze. Gli estensori di queste cronache si ritengono quindi "fuori" dal movimento che contesta il dominio globale? Con ogni probabilità, no!

Ritengo, infatti, che la prima questione da mettere in chiaro sia: é il "movimento dei movimenti" a definirsi tale esprimendo un alto grado di autoreferenzialità. Si può dire che esistano più movimenti contro la globalizzazione o, al massimo, che nel più vasto movimento antiglobalizzazione vi siano più componenti costitutive con specificità tali da non poter essere riassunte in una rappresentazione politica unitaria per quanto assembleare e a democrazia diretta.

Queste specificità: anarchica, antimperialista e democratico-socialista, sono emerse ed emergono ad ogni piè sospinto.
Fin dagli incontri intercontinentali dell'umanità contro il liberismo che possono essere ritenuti gli "stati generali" dei movimenti contro la globalizzazione, queste specificità sono entrate in campo.
Nella prima fase (1996-1999) che si caratterizzava come una fase di costruzione della teoria critica, tali specificità erano, com'è giusto che fosse, delle opzioni teoriche, metodologiche, delle differenti sensibilità che potevano tranquillamente coesistere nel dibattito.

Nella seconda fase (1999-2001) che si é caratterizzata per l'inizio dell'azione sociale di protesta, le specificità hanno dato vita a ben precise modalità di azione e comportamenti che veicolavano contenuti e prospettive tali da differenziarsi nei fatidici "blocchi".

Siamo oggi ad una terza fase che é stata sancita dalle piazze (sia Genova 2001 che Barcellona 2002) e dal dibattito: a Porto Allegre si é svolto il "congresso" globale del movimento con tanto di "controcongresso" organizzato dalla Federazione Gaucha.

È inevitabile che anche nel dibattito "nazionale" ed europeo si riprendano quegli elementi di specificità che sono presenti a livello mondiale.
In particolare, l'appuntamento autunnale fiorentino, sarà il congresso europeo della componente socialista-democratica del movimento Gnu Global. Non vi saranno a Firenze, perché non invitate, perché fuori dalla rappresentanza politica che vi si riunisce, perché estranee alle logiche dell'agenda dei lavori, né la componente anarchica né quella antimperialista. Queste ultime due componenti, forse entrambe minoritarie (sicuramente tali nell'ambito europeo) nel più vasto movimento, non hanno fra loro tavoli formali di discussione e le accomuna più l'estraneità alla rappresentanza che non una comune strategia e modalità d'azione.

Nel suo complesso il movimento contro la globalizzazione ha una caratteristica "riformista". Un riformismo poco nobile che non tende a cambiare (o modificare) le strutture ma a governarle.
Al di là della radicalità della critica, al di là di qualche radicalizzazione delle azioni di protesta, la strada tracciata dal movimento nel suo complesso é quella della riforma degli istituti politici sovranazionali in senso democratico-partecipativo, é quella di rivendicare a sé finanziamenti (dalla pletora della ONG ai "bilanci partecipativi") per esercitare in senso "umanitario" le politiche di governo della globalizzazione.

Nessuna critica, se non del tutto indiretta, al capitalismo ed allo stato. Del modo di produzione si mettono in discussione gli aspetti "disumani" quali il lavoro minorile, determinate tecnologie quali l'agricoltura OGM o le produzioni energetiche nucleari ma si salva, nel complesso, il funzionamento del sistema ed anzi si fa una "grande questione" della tassazione dei flussi finanziari. Tale tassazione raccoglierebbe fondi per finanziare le politiche "umanitarie" di cui i soggetti politici del movimento sarebbero gli attori.

Dell'ordine politico si critica la pratica guerrafondaia e il carattere tecnocratico delle istituzioni mondiali facendo perno sui governi nazionali "amici" per una democratizzazione del governo mondiale. Su questo aspetto si fonda una saldatura con le aree antimperialiste alle quali viene lasciata la copertura dei movimenti nazionalisti delle periferie dell'impero.

Per il popolo di Porto Allegre (rappresentato da noi dall'ESF e dall'ISF) il soggetto che contrasta la globalizzazione e si candida ad un governo mondiale più "umano e più giusto" é la società civile, qui soggetti sociali e politici, cioè, che hanno diritto di parola, che sono già accreditati nel consesso mondiale. Non vi partecipano, non sono accreditati, i miliardi di proletari che proprio la globalizzazione rende tali sia al nord come al sud del pianeta.

Un riformismo "nobile" porrebbe con chiarezza i termini dell'antagonismo e si farebbe portatore di "riforme di struttura".
Che senso avrebbe una elezione dei vertici della Banca Mondiale o del Fondo Monetario Internazionale se non venisse messa in discussione la potestà normativa di questi istituti?

Che senso avrebbe una tassazione dei flussi finanziari se non venisse messa in discussione il diritto di proprietà e la monetarizzazione delle risorse pubbliche che istituiscono il mercato finanziario?

Che senso avrebbe una politica di "pace" se non venisse messo in discussione il ruolo degli eserciti?

Il realismo utopistico del riformismo post moderno impedisce di affrontare queste questioni. Porle all'agenda é indiscutibile perché considerato velleitario. Chi ci ha provato si é trovato all'indice come "violento", "estremista", "incapace di proporre soluzioni concrete", etc.

Non sono forse "storia" le questioni sulle quali ci siamo scontrati all'interno del movimento?

Della questione dei CPT. Prima uniti contro le leggi razziste, poi divisi perché si potevano coogestire ed umanizzare queste strutture (visto che c'erano governi amici); poi nuovamente uniti contro le recrudescenze della destra ed ora nuovamente divisi perché con "altri interlocutori si può trovare un dialogo".

Della questione delle lotte sociali. Le imprese "politiche" hanno privatizzato gli spazi che avrebbero dovuto essere SOCIALI ed AUTOGESTITI. Le conferenze del "terzo settore" hanno prodotto "carte" di intesa con l'associazionismo cattolico e reazionario tese alla spartizione dei fondi pubblici. Visto che i lavoratori non sono soggetto sociale é meglio accordarsi con le burocrazie sindacali e via di codismo nei confronti della CGIL.

Ci sarà chi intenderà queste considerazioni come "settarie".
Sarà!

Afone Oscar



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