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Da "Umanità Nova" n. 21 del 9 giugno 2002
Articolo 18: l'accordo separato di CISL e UIL
Alla tavola di Berlusconi
Dal punto di vista dell'annedottica il momento più
suggestivo dell'accordo separato fra CISL e UIL e governo sull'articolo 18 pare
sia stato quello nel quale Berlusconi ha esibito le fotocopie già pronte
di un testo che, sulla base delle sue stesse dichiarazioni, si sarebbe dovuto
stendere assieme con CGIL-CISL-UIL. Lo stesso impassibile Cofferati pare abbia
avuto una reazione lievemente infastidita di fronte all'impudica riesibizione
del patto della lavanderia steso a primavera fra Fini e Pezzotta.
Non sta ovviamente, a noi, scandalizzarci per il più che probabile
lavorio che nelle scorse settimane ha determinato il riaccostarsi fra destra
sindacale e governo, si tratta, infatti, di una vicenda annunciata. Si apre la
trattativa sull'assieme del riassetto della spesa pubblica e della politica
sociale e i sindacati istituzionali devono trattare su materie che riguardano,
questo va da sé, noi in quanto lavoratori salariati ma, e non è
questione secondaria, la loro partecipazione alla gestione del welfare ai tempi
della destra. Il gruppo dirigente della CISL aveva già affermato che non
si sarebbe tagliato fuori dalla contrattazione su argomenti di questo rilievo e
la UIL, come l'intendenza del proverbio, segue.
Che la CGIL non potesse accettare, pena il suicidio in diretta, era altrettanto
evidente. Basta pensare al fatto che, nei primi mesi del 2002, la mobilitazione
contro la "riforma" dell'articolo 18, ha determinato una crescita delle ore di
sciopero di oltre il 1300% rispetto allo stesso periodo del 2001. Piegarsi alla
pretesa del governo di tenersi le mani libere sulla materia avrebbe comportato
il perdere l'immenso credito conquistato in questi mesi e il riconoscere una
sconfitta campale oltre che l'inutilità della mobilitazione.
La scelta di CISL e UIL, d'altro canto, sta già comportando tensioni
fortissime in questi sindacati e si sono dissociati dalla linea di Pezzotta ed
Angeletti le federazioni industriali più sensibili sia alla pressione
della base che alla concorrenza della CGIL.
Ritengo, ovviamente, difficile fare previsioni sulla tenuta della linea del
governo e su quella dei sindacati, il governo spera, evidentemente, che il
costo degli scioperi dal punto di vista dei lavoratori sia stato tale da
impedire una seconda ondata di mobilitazioni di portata pari o superiore e,
evidentemente, i vertici di CISL ed UIL fanno valutazioni analoghe.
La CGIL si trova in una situazione delicata, per un verso ha la
possibilità di rimettere in angolo CISL e UIL e di garantirsi in maniera
solida l'egemonia sul movimento sindacale in questo paese, per l'altro rischia
una sconfitta frontale se non riuscirà a piegare il governo.
Se deciderà, e non sembra possibile che la cosa sia evitabile, di
schierare di nuovo le truppe, si porrà il problema, fra l'altro, di
piattaforme sia a livello categoriale che intercategoriale assolutamente
inadeguate alle esigenze dei lavoratori e sproporzionate, al ribasso, rispetto
alla mobilitazione messa in campo.
Questa dinamica complicata si intreccia, per fare un solo esempio, ad una
vertenza FIAT di una durezza senza precedenti negli ultimi due decenni ma non
vanno sottovalutati nemmeno i contratti del pubblico impiego, in scadenza
dall'inizio dell'anno.
Va anche posto l'accento sul fatto che il movimento di primavera ha visto la
massiccia discesa in campo di una nuova leva di lavoratori giovani, sovente
precari, anomali, deregolamentati e di settori importanti di lavoratori
immigrati e, nello stesso tempo, la crescita di influenza e di radicamento del
sindacalismo indipendente e di base.
Se lo sciopero del 15 febbraio ha dimostrato che la mobilitazione non era
frenabile da parte dei sindacati istituzionali, quello del 16 aprile ha reso
evidente che non era nemmeno riassorbile con facilità, anzi, da parte
loro. L'apparato della CGIL deve tener conto anche di questo dato. Il tenere
una linea dura lo espone all'isolamento rispetto ai suoi tradizionali soci di
volo, il ripiegare rischia di comportare lacerazioni importanti nei suoi
settori più militanti.
Per parte nostra, si tratterà di sviluppare, nei prossimi mesi, la
massima presenza possibile nelle mobilitazioni e, soprattutto, una
capacità di iniziativa adeguata alle dimensioni di uno scontro sociale
che ha tutte le caratteristiche si una sfida dall'esito della quale
dipenderà la tenuta o la disfatta del movimento di classe.
Cosimo Scarinzi
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