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Da "Umanità Nova" n. 21 del 9 giugno 2002

Considerazioni astensioniste
Disertare verso la libertà

Sovente, in tempi di consultazioni elettorali, capita di udire accuse secondo la quale la scelta di non votare farebbe il gioco di qualcuno.

Tale tesi è in realtà abbastanza curiosa perché, a rigore di logica, per non fare il gioco di qualcuno bisognerebbe consegnarsi a qualcun altro.

Infatti sempre meno persone ci credono e le percentuali di diserzione elettorale crescono, anche se sono stati appositamente prolungati i tempi utili per votare.

L'astensionismo anarchico non è rifiuto qualunquistico dei partiti e quindi della politica; infatti di per sé un partito sarebbe semplicemente un'associazione tra persone per realizzare dei fini politico-sociali condivisi, non necessariamente all'interno di questo sistema di potere.

Un tempo persino l'anarchismo organizzato era definito, senza scandalo, un partito, anzi era annoverato tra i "partiti sovversivi".

Per cui, semmai, bisognerebbe criticare il sistema dei partiti così come si è andato storicamente affermando nell'ultimo mezzo secolo, sino al punto di trasformare e stravolgere il significato originale della parola "partito".

Oggi parlare di partiti significa infatti evocare manovre oscure, affari illeciti, abusi di potere e la destra ha buon gioco nel sostenere che la partitocrazia è da combattere e, possibilmente, da liquidare, magari iniziando a ridurre il numero dei partiti. In realtà però i partiti della destra mirano ad eliminare la libertà d'associazione e la pluralità delle opinioni, sognando un solo partito - il loro - coincidente con lo Stato, ossia sognano il modello del regime.

Per cui l'avversione della destra nei confronti dei partiti, non tocca mai l'autoritarismo e l'esercizio del potere, tanto meno mette in discussione l'esistenza di un governo e la sudditanza forzata dei governati nei confronti di dominanti e padroni.

A fianco della sfiducia popolare nei confronti dei partiti, populisticamente cavalcata dalle destre finché non sono andate al governo, vi è quella nei confronti delle ideologie, di tutte le ideologie.

Questa ostilità, da sempre ben alimentata e sfruttata dalle destre, ha però sovente in questi anni trovato inaspettati alleati anche a sinistra, soprattutto dopo la caduta dei regimi socialisti, riuscendo a sfondare e a proporsi paradossalmente come pervasiva e avvelenata ideologia della morte delle ideologie che partendo dalla banalità perversa della "politica che è una cosa sporca" arriva ad invocare una "mano forte" che ci governi e non ci ponga più il problema su da quale parte stare.

Da qui le fortune di forze politiche - vedi la Lega Nord ma anche settori fascisti - che dopo aver sostenuto per anni di essere "sopra" o "oltre" la destra e la sinistra, oggi sono decisamente schierate a destra.

Su questo terreno, come ha scritto David Bidussa (Il mito del bravo italiano), sono state gettate le basi di "un mondo lineare, omogeneo, fatto di 'identici' e in particolare di individui ognuno 'al suo posto'" che risultano essere "un misto di 'perbene' e di 'cinismo', ma anche di 'disincanto'" furbetto verso ogni impegno sociale ed ogni responsabilità politica.

Ogni giorno è possibile incontrare "gente" di questo tipo che accetta di essere connivente con un mondo iniquo, trincerandosi dietro il "tanto è andata sempre così" e il "tanto non ci si può fare niente" che sfocia in un'ammirazione incondizionata per chi detiene potere e ricchezze, senza neppure essere sfiorata da uno scrupolo morale.

Così, dopo aver sostenuto che i politici sono tutti ladri e che la politica è una fregatura, si va non solo a votare per gli odiati partiti ma si vota anche per i politici più ladri, stabilendo tacitamente con essi una sorta di contratto: comandate e rubate pure, ma lasciatemi in pace e difendetemi da chi non ha, la cui sola vista mi disturba.

La recente dichiarazione del ministro Scajola (La sicurezza è più importante della libertà) per questo non ha suscitato alcuna indignata protesta tra la "gente", perché rientra perfettamente in tale contratto.

Tutti, a parole, sostengono di amare la libertà, ma se il potere costituito lascia intendere che limiterà o negherà quella altrui (degli immigrati, dei miserabili, dei nomadi, dei senzapatria...), la maggioranza non ha alcunché da obbiettare, senza rendersi conto che come dimostra la vicenda della proposta di legge sulle impronte digitali, s'inizia coll'attentare alla libertà di qualcuno per poi toglierla, democraticamente, a tutti.

L'astensionismo anarchico, e più in generale quello sovversivo, non è quindi una scelta etica ma la conseguenza di una critica radicale del tutto razionale: se non voglio essere governato non intendo riconoscere il diritto ad alcuno di farlo; se sono convinto nella necessità della rivoluzione sociale contro il dominio del capitale perché dovrei far finta di credere che una scheda possa servire in qualche modo alla liberazione sociale?

ANTI



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