unlogopiccolo

Da "Umanità Nova" n. 22 del 16 giugno 2002

inform@zione

Roma il corteo contro la FAO
Circa 40mila persone hanno sfilato per le strade di Roma contro la FAO
La manifestazione parte alle 16:30 da piazza della Repubblica. In testa gli organizzatori (Altragricoltura e RSF), con i tantissimi gruppi di agricoltori provenienti da tutto il mondo, poi c'erano le realtà politiche che partecipano al "controvertice" al Palaeur, i Disobbedienti seguiti dagli ambientalisti (WWF, Greenpeace, Verdi, legambiente ecc...), i Cobas e i vari partiti di sinistra.
Presente in piazza anche un forte spezzone anarchico, formato da: O.AC.N./F.A.I., USI, il comitato contro il carcere G.Faina e il Gruppo Anarchico Contropotere. Diffuse molte copie di Umanità Nova e del giornale anarchico Contropotere.
L'unica violenza, questa volta, è arrivata dall'alto. Un ragazzo ha lanciato, sul corteo, una bottiglia di vetro dal 5 piano di un albergo. Per una questione di CULO nessuno si è fatto male.
Il corteo, preceduto e scortato da una imponente presenza di forze del dis-ordine (poliziotti, carabinieri, finanzieri e blindati), è sfilato su via Cavour, poi su via dei Fori Imperiali. Dopo circa tre ore si è arrivati a piazza Venezia, per approdare davanti alla sede dell'Onu dove è stato allestito un palco per gli interventi di quattro rappresentanti di associazioni internazionali di contadini e pescatori e un palestinese. Per concludere, il concerto alla Bocca della Verità.
Molte persone hanno ripetuto prima, durante e dopo la manifestazione di Roma che il movimento è morto, che sta subendo un periodo di forte crisi. Certo, questo è davanti agli occhi di tutti ma non bisogna fare generalizzazioni; personalmente, non vedo questa depressione nel movimento anarchico anzi noto in esso un periodo di timida crescita. A Roma ci siamo trovati uno spezzone anarchico, nato spontaneamente, formato da realtà tutte diverse tra loro, ma accomunate dall'esigenza di lottare contro ogni forma di autorità, contro ogni galera, contro tutti i padroni, per un mondo senza stati ne confini.
Anarchia libera tutti

Sestri: benvenuti nel mondo del lavoro flessibile!
Mercoledì 5 giugno una dozzina di compagne/i, facente riferimento all'area degli occupanti del Ex mattatoio di Sestri Levante, si è presentato presso la sede della Adecco di Chiavari (GE) con l'intenzione di consegnare all'interno dell'agenzia un volantino contro le nuove forme di caporalato e lo sgretolamento dei diritti del lavoro.
All'arrivo del gruppo gli impiegati hanno chiuso i locali e dopo aver ricevuto il volantino si sono allontanati; sul posto sono arrivati i media locali (TV e stampa), che hanno ascoltato le ragioni dei manifestanti, e le forze dell'ordine che, senza una motivata ragione, non hanno perso tempo ad effettuare qualche identificazione. Nel volantino distribuito intitolato "dal "pacchetto" Treu ai Maroni, alcune riflessioni sul lavoro nel Tigullio" si sosteneva che: "Nel Tigullio è abbastanza facile trovare lavoro; i metodi di reclutamento sono parecchi e fantasiosi.
C'è chi offre contratti di lavoro solo dopo aver ottenuto una firma del lavoratore su una lettera di licenziamento a cui manca solo la data.
Nell'entroterra è facile essere assunti come contabili anche se sul contratto si è lavoratori agricoli.
In alcuni enti di assistenza a tossicodipendenti o a ragazzi "difficili", accade non di rado di essere assunti con contratto di formazione per due anni, alla scadenza dei quali, puoi essere reclutato da un'agenzia interinale per occupare, a tempo determinato, magari poche settimane, lo stesso posto di lavoro, e venire poi riassunti con il contratto di formazione, finché si ha l'età.
Porcate a norma di legge, che accadono in luoghi dove il sindacato non entra, dove il ricatto è regola, dove la parola "garanzia" fa ai padroni e ai padroncini lo stesso effetto che fa a Berlusconi la parola "magistrato".
La liberalizzazione del mercato del lavoro ha molte facce:

  • quella che ha smantellato molte sicurezze per chi il lavoro ce l'ha (dall'abolizione della scala mobile, alla limitazione del diritto di sciopero sancito dalla legge 146, fino al famigerato "pacchetto Treu", approvato dalla maggioranza di centrosinistra con Rifondazione, che introduce la flessibilità nei contratti di lavoro);
  • quella che impedisce ai lavoratori più giovani di vedere tutelati i più elementari diritti perché sono strangolati da contratti di collaborazione, ricattati da contratti brevi che sperano di veder rinnovati, costretti alla "riconoscenza" per essere stati assunti in qualche modo, magari attraverso patti territoriali che consentono deroghe alle condizioni stabilite nei contratti nazionali e che, parole del segretario DS Piero Fassino, sono ispirati "a un principio molto giusto: stabilire una relazione fra l'esigenza di flessibilità delle imprese e tutela di diritti dei lavoratori"!
    In questo contesto si inseriscono il libro bianco di Maroni e gli incentivi per far emergere le aziende che lavorano "in nero" con contratti d'area e flessibilità in ingresso e in uscita nel Mezzogiorno e con flessibilità in uscita al Nord, cioè con l'abolizione dell'articolo 18 e con molte grazie da chi ha fatto fesso il fisco.
    I risultati sono sotto gli occhi di tutti: aumento dei ritmi di lavoro, aumento degli incidenti sul lavoro, divisione fra i lavoratori, diffuso senso di precarietà. Insomma ci stanno regalando un futuro di merda laccato oro, dove il lavoro precario diventerà "tipico" e il lavoro garantito sarà "atipico".
    È evidente a tutti il ruolo delle agenzie interinali in questo quadro: è uno degli snodi che regolamentano e favoriscono la liberalizzazione del mercato del lavoro. Esistono dati di fonte sindacale secondo i quali i lavoratori "interinali" che da precari diventano stabili nelle aziende sono circa il 30%. Si vede che siamo stati sfortunati: non ne conosciamo uno!
    Noi, occupanti dell'ex mattatoio, parleremo e riparleremo dell'attacco ai diritti del lavoro e vogliamo uno spazio dove farlo, dove creare una "camera del non lavoro" per dare assistenza legale a chi non è tutelato e dove scambiare esperienze, immaginare forme di lotta, ricostruire legami sociali."
    Gli occupanti dell'ex mattatoio

    Padova 8 giugno: una giornata poco "gaia"
    Delle serie: paradossi della democrazia... Circa 15.000 persone che festosamente manifestano al Gay-Pride, mentre ad un chilometro circa 800 tra militanti di Forza Nuova e del Veneto Fronte Skinheads contro-manifestano indisturbati intonando slogan nazisti e inneggiando a famiglia- tradizione-discriminazione; da parte sua, la sindaco Giustina Destro (Forza Italia) che governa la città anche grazie ai voti di Forza Nuova invia un messaggio di saluto ai partecipanti al Gay-Pride.
    In mezzo blindati e uniformi antisommossa impegnate ad evitare contatti e a tenere tutti lontani dalla chiese.
    Questa in sintesi la giornata del 9 giugno a Padova e forse basterebbe questo.
    La manifestazione del Gay-Pride, numerosamente significativa e ben accolta dalla cittadinanza, che ha visto anche la partecipazione di tutte le sinistre possibili (DS, CGIL, ARCI, Lega Ambiente, Rifondazione Comunista, Comunisti Italiani, Associazione per la Pace, Partito Umanista, Disobbedienti, Ingovernabili...), ha fatto finta d'ignorare il fatto tutt'altro che normale rappresentato da un corteo come quello indetto da Forza Nuova che altrove - ultimamente a Torino - ha sempre incontrato l'opposizione che meritava.
    Invece Forza Nuova, col segretario Fiore in testa, stavolta ha mantenuto le promesse ed è riuscita a sfilare nella città "degli autonomi", portando da tutto il nord Italia svariate centinaia di giovanotti orgogliosamente bianchi ed etero (anche se la pressoché totale assenza di donne faceva pensare ad un'adunata per soli uomini), sventolanti vessilli fascisti per tutti i gusti e persino una bandiera padana e alcune venetiste.
    La lugubre sfilata, con tanto di tamburi in testa, partita da Prato della Valle tra il silenzio attonito delle persone che erano là per il mercato, ha percorso appena un chilometro protetta e controllata dalle forze dell'ordine; ma certo ha rappresentato un'ombra e un precedente inquietanti.
    Un pensiero affettuoso a quella gentile signora che ha avuto il coraggio di cantare Bandiera Rossa in faccia a tali replicanti e a quell'anziano signore che per aver espresso la propria indignazione è stato subito democraticamente allontanato dai carabinieri.
    Uno spettatore non divertito

    Pianezza fermiamo il mostro, fermiamo il TAV!
    Che la lotta contro il devastante progetto di Treno ad Alta Velocità in Val di Susa fosse una lotta popolare lo si era capito da anni, in molti ne ritenevano però circoscritta l'iniziativa alle genti della Valle. Da alcuni mesi a questa parte, da quando si è cominciato a parlare di un tracciato che investirebbe anche la cintura nord-ovest di Torino, sono sorti nei nuovi comuni interessati diversi Comitati Spontanei di cittadini determinati ad opporsi ad un'opera che sconvolgerebbe completamente la loro quotidianità a causa dell'impatto ambientale o, peggio, della materiale distruzione della loro casa. È stata l'iniziativa di controinformazione dei Comitati Spontanei sparsi sul territorio a suscitare l'interessamento al problema ed il coinvolgimento di migliaia di cittadini in assemblee pubbliche, presidi di protesta e volantinaggi. Dall'altra parte le istituzioni, tutte amministrazioni di centro-sinistra, hanno nicchiato finché hanno potuto, facendo poco o nulla per informare le popolazioni dei Comuni interessati, (questa è la principale accusa che gli viene mossa dai cittadini), per poi assurgersi a paladini in difesa del territorio e dell'ambiente e ad organizzare la manifestazione che si è tenuta sabato 8 giugno nei pressi di Pianezza, uno dei comuni più esposti al dissesto ambientale. Manifestazione a cui non si poteva mancare e riuscita con la partecipazione di quasi cinquemila presenti distribuiti in due cortei, uno proveniente dalla Valle e l'altro dai comuni vicino a Torino, che si sono incontrati, sotto un diluvio di pioggia senza pari, proprio a simboleggiare l'incontro tra l'opposizione storica con anni di mobilitazione contro il Treno ad Alta Velocità (o Alta Capacità cioè solo per le merci) e le nuove realtà di lotta presenti nella cintura torinese.
    Caratterizzavano principalmente le presenze dei due cortei, a parte i sindaci in testa, gli striscioni dei Comitati Spontanei, di associazioni ambientaliste, dei Cobas, della Federazione Anarchica Torinese, di Rifondazione, dell'Askatasuna e decine di trattori della Coldiretti.
    Dopo questa prima iniziativa di massa alle porte di Torino, ci si trova dinanzi un periodo estivo molto delicato: la tabella di marcia della Rfi (ferrovie italiane) e della Regione Piemonte punta ad una prima Conferenza dei Servizi entro la fine di quest'anno, praticamente il luogo dove ai sindaci delle zone interessate viene mostrata qualche mazzetta sotto il nome di Opera Compensativa, e sappiamo quanto le amministrazioni siano sensibili a quel tipo di attenzione.
    I cittadini interessati al massacro del loro territorio, nella loro semplicità, in ogni occasione hanno ribadito che la cosa da fare è rifiutare questo progetto e la caparbietà con cui hanno sfilato per ore sotto una pioggia da alluvione ne dimostra anche la determinazione. Da parte dei Comitati, organizzati in un Coordinamento anti TAV, la posta in gioco è l'ambiente, i nostri soldi (si perché l'impresa con costi attorno ai 20 milirdi di euro grava sull'erario pubblico) ma anche riuscire a mettere in discussione il modello di sviluppo liberista, uno dei cui tentacoli si chiama proprio Treno ad Alta Velocità/Capacità, e la capacità progettuale in autonomia dalle istituzioni.
    La Lumaca

    La Spezia contro la mostra delle armi navali
    Quello che segue è il documento di intenti sulla mobilitazione dei giorni 18,19,20,21 giugno in occasione della mostra-convegno sulle armi navali- subacquee ("Under Sea Defense") che si terrà a La Spezia. Ci è stato inviato dai compagni del neonato "Circolo Libertario Pasquale Binazzi" aderente allo Spezia Social Forum. Ne pubblichiamo ampi stralci.
    "Si è formato il Coordinamento delle associazioni e dei comitati pacifisti e antimilitaristi della Provincia della Spezia, tra cui: Tavola per la Pace e per la globalizzazione dal basso, Spezia Social Forum, Emergency, Amnesty International, Acli, Arci, Magazzini del Mondo, Coordinamento per la Pace in Medio Oriente.
    Il Coordinamento Contro i Mercanti di Morte ha preso visione delle notizie di stampa: "conto alla rovescia per la kermesse che porterà in città 2000 manager di 104 industrie del settore della difesa sottomarina, a giugno Under Sea Defense rassegna di armi high tech expò internazionale di sistemi d'arma subacquei che si terrà al Palasport dal 18 al 21...". Questa notizia senza perifrasi, colloca la città della Spezia al centro del traffico mondiale nel settore militare industriale. Dopo anni di dichiarazioni sulla necessità di arrestare la corsa agli armamenti, continua con sempre nuovi pretesti l'impegno fattivo delle istituzioni politiche per favorire il rilancio e la diffusione dei sistemi d'arma più sofisticati, e così rilanciare il cosiddetto modello di produzione armiero. Il Coord. richiama l'opinione pubblica sui danni irreversibili che la produzione e, strettamente connessa ad essa, la commercializzazione delle armi determina non solo a livello locale, ma anche a livello mondiale. In campo economico le uniche a trarre profitto da un simile mercato, sono le cosiddette lobby armiere diffuse in tutto il mondo, che determinano le sorti di tutti i popoli. Inoltre, con l'acquisto, spesso imposto, dei sistemi d'armamento, primo strumento di dominio dei governi tirannici, aumenta a dismisura l'ammontare del debito estero. 850 miliardi di dollari. Questa la stima del totale delle spese militari nel mondo nel 2001. Una cifra "astronomica" che possiamo meglio valutare se pensiamo che l'Agenzia ONU per lo Sviluppo valuta in soli 13 miliardi di $ l'investimento che sarebbe necessario ad assicurare cibo, istruzione, sanità di base a tutti gli abitanti del nostro pianeta.
    13 miliardi di dollari che non si riescono a trovare, mentre 51 conflitti in atto nel mondo consumano tale cifra ogni mese, producendo solo morti, feriti, sfollati, disastri ambientali. La riprova matematica, se ce ne fosse ancora bisogno, che le spese in armamenti sono una delle cause principali delle disuguaglianze planetarie e dell'instabilità mondiale; che solo una miope politica interessata al profitto od incapace di andare oltre l'immediato, può pensare che investendo in armi, navi, aerei, missili e bombe "intelligenti" si possa ottenere la pace.
    Su questo fiorente mercato si fa affidamento per armare militari, fanatici e mercenari del mondo disponibili all'innesco di massacri sempre più diffusi ed incontrollabili. Mentre il mondo chiede più diritti per risolvere le ingiustizie e dare ai popoli speranze di pace, noi assistiamo esterrefatti ad una comunità che si crede democratica e civile che ospita una rassegna che volutamente intrecciando le esigenze di sicurezza nazionale con il mercato armiero, rilancia l'affare che tutti gli osservatori del mondo riconoscono come strumento di rovina dei popoli. Il modello armiero uccide sottraendo preziose risorse ai popoli, ed illude che la guerra sia lo strumento di risoluzione dei conflitti. All'evoluzione del sistema economico basato sulle armi, contribuisce attivamente la NATO, quale organo internazionale di repressione costituito da quegli Stati che producono, utilizzano ed esportano le armi esibite alla Spezia anche nelle cosiddette "guerre umanitarie". (...)
    La voragine aperta dai Balcani, al Medio Oriente, dall'Oriente Afgano, al fronte Indo pakistano, inghiotte la vita e le risorse dei popoli come già da decenni avviene in Africa ed in America Latina; l'occidente, come sciacallo, è pronto a lucrare sulla morte dei popoli offrendo la soluzione a tutti i problemi con la vendita di armi. Non mancano i pretesti, i vantaggi e le vittime.
    (...) Il Coord. esprime un totale dissenso rispetto a questa rassegna, ed invita i cittadini e tutte le organizzazioni democratiche ed antimilitariste al confronto nei quattro giorni di mobilitazione, che si intendono attuare anche al fine di riprendere un dialogo interrotto sul destino del nostro territorio, dai problemi dell'occupazione a quelli della difesa dei valori comuni e condivisi.
    Il Coordinamento invita a partecipare alle quattro giornate di mobilitazione così suddivise:
    Martedì 18 giugno: presidio ore 9 di fronte al Palazzetto dello Sport in via C. A. Federici.
    Mercoledì 19 e giovedì 20 giugno: dibattiti ore 21 presso il Centro Allende viale G.Mazzini sul tema Antimilitarismo, Riconversione e Mercato delle Armi.
    Venerdì 21 giugno: manifestazione nel centro città (contro l'incontro dei rappresentanti NATO all'interno dell'arsenale militare). Da definire l'orario e il luogo del concentramento della manifestazione che si terrà presumibilmente nel tardo pomeriggio."
    Da una mail di Andrea del Circolo libertario "Binazzi"

    Bergamo: Silvia è libera!
    Come tutti saprete il 3 di giugno si è tenuto a Bergamo il processo nei confronti della nostra compagna Sivia.
    L'esito del Processo non è stato per nulla favorevole. La pesante condanna a 3 anni si è ottenuta solo grazie alla giovane età di Silvia, al fatto che abbiano accolto le attenuanti generiche e che il processo si sia svolto con il rito abbreviato, che prevede la riduzione automatica di un terzo della pena. L'accusa aveva chiesto la bellezza di 4 annni e 4 mesi di detenzione.
    Subito dopo il processo, Silvia è comunque stata messa il libertà, in attesa dell'appello che i suoi difensori (Mazzali di Milano e Bruni di Bergamo) hanno immediatamente presentato.
    Tenuto conto della sua giovene età, la corte ha comunque deciso che, avendo scontato già otto mesi di detenzione agli arresti domiciliari, la pena rimanente potesse scontarla affidata ai servizi sociali, pertanto si dovrebbe veder svanita la possibilità che trascorra altro tempo agli arresti.
    Silvia è stata ritenuta colpevole di aver commesso l'attentato al ripetitore della Maresana (colle che spalleggia Bergamo), per delle prove alquanto discutibili ed acquisite in modo dubbio. Le prove: 4 bulloni trovati nella perquisizione della sua abitazione, tre dei quali simili ai bulloni che servono per montare le parabole dei ripetitori, e una bomboletta trovata, sul luogo dell'attentato incendiario, appartenente allo stesso lotto di fabbricazione di una bomboletta sequestratale un mese prima dell'attentato, mentre stava scrivendo sui muri del comune di Bergamo.
    Attendiamo comunque che la sentenza sia depositata per poter saperne di più. Comunque in tutta questa vicenda ha pesato un forte pregiudizio nei confronti del pensiero anarchico nella sua intierezza e complessità, pregiudizio che aveva da subito giustificato tanto accanimento giudiziario nei confronti di Silvia, e che è stato fatto notare con qualche successo da parte della difesa.
    La colpa principale di Silvia pare essere comunque stata quella di aver fornito un alibi che non le poteva permettere d'esser scagionata. L'attentato avvenne alle ore 21 del 4 luglio 2001 e la nostra compagna è stata notata ad un concerto circa un'ora dopo (questo è quanto stabilito dagli inquirenti) e questo lasso di tempo le avrebbe permesso di eseguire l'attentato e dalla cima della Maresana scendere in città... Per chi conosce Bergamo l'impresa si può compiere con un mezzo motorizzato che la nostra non possiede.
    La conclusione del processo potrà comunque acquietare i benpensanti locali e segnare una nota di merito alle forze della repressione, che si sono abbattute con una ferocia inaudita su Silvia, accontentandosi di questo capro espiatorio per far trionfare l'ordine e la giustizia in Città. Del resto non poteva essere altrimenti: un miliardo e mezzo di vecchie lire di danni, qualche giorno senza televisione bisogna pur farli pagare a qualcuno.
    Da un comunicato del Circolo Freccia Nera di Bergamo

    Firenze il 6 novembre il processo a 9 anarchici
    Nell'ottobre di due anni orsono si tennero a Firenze due giornate contro le biotecnologie. Il 6 ottobre vi furono svariate iniziative: dall'occupazione di uno spazio per ospitare i compagni a vari momenti di controinformazione in piazza e all'interno di Università e scuole, sino al presidio di fronte alla Menarini, fabbrica all'avanguardia nella sperimentazione e produzione di farmaci biotecnologici. La polizia tenne sotto stretto controllo i manifestanti ma ciò non impedì sia gli interventi all'Istituto Tecnico di Agraria sia il presidio (poi trasformatosi in corteo non autorizzato con blocchi della circolazione e lancio di uova colorate) alla Menarini. Il 7 ottobre nel pomeriggio era previsto un corteo con partenza da S. Maria Novella che la polizia, con il pretesto dei fazzoletti che alcuni compagni si erano messi sul volto per proteggersi dai flash dei questurini, vieta. Il corteo prova ugualmente a partire: la polizia effettua diverse cariche e lancia numerosi lacrimogeni. Il corteo si spezza in più tronconi e parte la caccia all'uomo: numerosi sono i feriti tra i manifestanti. Al termine della giornata 26 persone sono trattenute in Questura: in serata 6 saranno tradotte in arresto al carcere di Sollicciano, dove il giorno successivo viene effettuato un presidio di solidarietà. Il lunedì verranno fermate e denunciate per occupazione tre compagne che si trovavano davanti alla cascina occupata. I 6 arrestati verranno rilasciati nei giorni successivi.
    Il processo per i 9 compagni denunciati nell'ottobre del 2000 inizierà il prossimo 6 novembre a Firenze.
    M. M.



  • Contenuti UNa storia in edicola archivio comunicati a-links


    Redazione: fat@inrete.it Web: uenne@ecn.org