Da "Umanità Nova" n. 23 del 23 giugno 2002
Lettera dei Disobbedienti
Lacrime di coccodrillo
La lettera aperta del Movimento delle e dei Disobbedienti sullo stato di salute, la presunta crisi e le prospettive del movimento no-global e dei social forum, merita più di una riflessione, anche se per molti aspetti appare soltanto la fotografia - persino tardiva - di problemi, derive e contraddizioni non certo nuove.
Innanzitutto, tornando indietro di un anno, ci ricordiamo quando le dirigenze del Genoa Social Forum non solo si auto-nominarono rappresentanti e generali del "movimento", avendo persino la pretesa di stabilire coloro che ne facevano parte e chi no, nonché quali dovessero essere i metodi e i livelli di conflittualità.
Oggi, proprio quello stesso ceto politico che solo pochi mesi fa aveva spinto per dare vita ad una sorta di "partito-movimento" quale doveva essere l'Italy Social Forum, adesso con la stessa supponenza mette sotto accusa la "burocratizzazione" che avrebbe paralizzato e tarpato le ali al movimento.
Forse invece, fin dalle giornate di Genova, avremmo dovuto chiederci se davvero eravamo in presenza di un movimento, anche se "dei movimenti", o piuttosto se si erano manifestate e coagulate, solo con una coincidenza di spazi e tempi, opposizioni non solo diverse ma persino contrapposte, senza alcuna sintesi possibile né tantomeno rappresentabili univocamente.
Basta riandare con la memoria a quel magma che fu la manifestazione dei 300 mila in quel torrido sabato 21 luglio a Genova; lo stesso feroce attacco delle forze di repressione che spaccò il corteo apparve tutt'altro che casuale.
Nella prima parte, quella che riuscì ad arrivare pressoché indenne al termine della manifestazione, vi erano componenti molto diverse, ma comunque tutte riconducibili all'interno di un'ottica riformista, secondo la quale un altro mondo è possibile anche senza mettere in discussione l'esistenza del capitalismo; mentre su quell'infernale lungomare lo Stato mirò all'annientamento degli "incompatibili" di varia tendenza.
In Italia il "movimento dei movimenti" non è mai esistito, o meglio, è sempre stata un'invenzione simbolica: questa è la verità.
Basta soltanto prendere in considerazione gli spettri che si aggiravano per Genova, per rendersi conto quanto in realtà fosse insufficiente l'ombrello ideologico del "maggioritario" Genoa Social Forum e questa consapevolezza, ben più dell'azione dei Black Blocs, spiazzò chi aspirava ad assumere la guida dell'opposizione no-global.
Troppi anticapitalisti, troppi antimperialisti, troppi comunisti, troppi anarchici, troppi anarcosindacalisti, troppi rivoluzionari... Meglio quindi parlare di "violenza" e "non-violenza", facendo credere che questa fosse la discriminante.
Se si comprende questo, anche molte altre cose risultano più chiare.
Perché i Social Forum, dopo Genova, hanno accuratamente evitato -anche in presenza dello stato di guerra- di giungere a situazioni di lotta che potevano sfociare in aperta conflittualità?
Per quale motivo si è preferito replicare continue e logoranti processioni tra Perugia e Assisi, piuttosto che manifestare dandosi qualche obiettivo concreto quale poteva essere la base di Aviano?
Perché si è fatto finta di considerare solo spettacolo il summit NATO di Pratica di Mare, accreditando invece il vertice della FAO?
Perché si è scelto di aderire pienamente alla manifestazione nazionale e allo sciopero generale a seguito della CGIL, mentre vi è stata sottovalutazione e disimpegno per le scadenze del sindacalismo di base?
Perché, dopo essere andati in massa a Porto Alegre, le ben più vicine scadenze no-global di Barcellona o di Berlino sono state pressoché ignorate?
Evidentemente, la paura di quei fantasmi è tale da far ritenere preferibile affossare tutto quello che si muove e poi cantarne il lamento funebre.
KAS
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