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Da "Umanità Nova" n. 24 del 30 giugno 2002

La Spezia
Sommergibili nucleari nel Golfo dei Poeti

La presenza di sommergibili nucleari nelle acque del golfo di La Spezia non è mai stato un segreto per nessuno: non soltanto le autorità portuali erano regolarmente avvertite ad ogni passaggio, ma la stessa popolazione non poteva fare a meno di vedere il transito di quei bestioni neri che navigavano nelle acque del golfo. Ma la verità ufficiale non li ha mai presi in considerazione.

Lo scandalo è scoppiato all'inizio del 2000, quando sulla stampa nazionale è emerso che alla Spezia - uno dei dodici porti italiani che ospitano abitualmente navi a propulsione nucleare - non c'era un piano di emergenza in caso di incidente nucleare. O meglio, un piano esiste ma è destinato solo al personale della Marina Militare (è reperibile su Internet all'indirizzo www.verdi.it). Per i civili, cioè per tutti gli altri, niente.

Eppure per legge le "autorità" avrebbero l'obbligo di informare i cittadini dei rischi nucleari e delle procedure per farvi fronte. In base al Decreto Legislativo n. 230 del 1995, addirittura, le informazioni "devono essere fornite alle popolazioni senza che le stesse ne debbano fare richiesta"(!) e "debbono essere accessibili al pubblico sia in condizioni normali, sia in fase di preallarme o di emergenza" (art. 129). E il successivo art. 130 specifica che "la popolazione che rischia di essere interessata dall'emergenza radiologica viene informata e regolarmente aggiornata nelle misure di protezione sanitaria ad essa applicabili".

È evidente che a La Spezia questa normativa resta lettera morta: basti pensare che piano di emergenza è "fuoriuscito" dai cassetti ufficiali in modo poco chiaro. Risultato: si conoscono solo gli aspetti "militari" della questione, mentre si sa ben poco delle misure di protezione dei civili in caso di incidente nucleare. Sempre che queste misure esistano.

Ma cos'è veramente il "piano di emergenza per le navi a propulsione nucleare in sosta nella base della Spezia"?

Si tratta di un lungo e a tratti anche comico documento ufficiale. Elementi di divertimento non mancano: come il risibile codice che dovrebbe essere usato per comunicare gli incidenti nucleari (se ci sono stati morti si dice "falce", i feriti diventano "fievole" mentre per la dispersione di sostanze radioattive non si è trovata parola migliore di "fungo"). A parte queste banalità da 007 di scarsa immaginazione, la lettura del testo mette in luce parecchi punti preoccupanti.

Intanto, i controlli. Il piano prevede il prelievo di acque e fanghi intorno al sommergibile; i campioni vengono analizzati dal Cisam, il Centro Interforze di Pisa. E i risultati? Top segret. Alla faccia del diritto di informazione, previsto dalla legge italiana. Inoltre gli unici controlli sono quelli effettuati a breve distanza dall'unità militare. Non è previsto alcun monitoraggio delle acque del Golfo per accertare la presenza di soglie di radioattività eccessive.

Come si è già detto, nessun cenno al destino dei "civili" in caso di incidente. Si parla soltanto di un Centro di raccolta e decontaminazione che dovrebbe essere organizzato dalla Usl n.5 presso lo stadio Picco, ma è chiaro che questa misura potrebbe essere applicata solo al personale militare dato che lo stadio, da solo, non può ospitare la nassa di persone che dovrebbe essere evacuata nel caso di un serio incidente nucleare.

È proprio la città nel suo insieme che è assente dal Piano, come se il mondo finisse al di là del muro dell'Arsenale Militare. Bisogna tenere presente che i sommergibili sono attraccati, nella maggior parte dei casi, al molo Lagora; in pratica, davanti al centro di La Spezia. Ma anche se venissero tenuti alla fonda, si troverebbero in ogni caso all'interno di un golfo chiuso, dalle rive densamente popolate.

Nel suo studio sui possibili scenari di un incidente che coinvolga un sottomarino a propulsione nucleare, il prof. W. Jackson Davis dell'Università di Santa Cruz in California, avanza due distinte ipotesi:

incendio a bordo e danneggiamento di una testata nucleare

fusione del nocciolo del reattore

In entrambi i casi l'estensione dell'area contaminata dipende prevalentemente del vento e dalle condizioni climatiche. È vasta, comunque, diversi chilometri; forse decine di chilometri e non poche centinaia di metri come assurdamente indica il Piano.

"La maggior contaminazione - scrive il professor Jackson Davis - si avrà in prossimità del luogo dell'incidente ma l'aria e il terreno verranno contaminati entro un'area di cinquanta chilometri, e anche oltre. I danni più rilevanti dovrebbero essere contenuti entro i cinque chilometri. In circostanze sfavorevoli, tuttavia, l'area potrebbe essere vasta molte decine di chilometri".

Secondo stime di Greenpeace sono 220' gli incidenti sui mezzi a propulsione nucleare tra il '54 e l'88. Nessuno di questi ha coinvolto luoghi densamente abitati ma il danno ambientale è comunque enorme e il rischio sempre presente. Solo negli ultimi anni siamo a conoscenza di due gravi incidenti: il primo ha coinvolto il sottomarino russo Kursk affondato nell'agosto del 2000 nel mare di Barent con tutto il suo equipaggio. L'altro, molto meno conosciuto, si è verificato pochi mesi prima (maggio 2000): il sommergibile britannico Tireless ha un'avaria la largo della Sicilia. Si tratta di una crepa nel circuito di raffreddamento del reattore: un tipo di incidente che può provocare la fusione del nocciolo. Il comandante dell'unità militare cerca di attraccare a un porto italiano; il permesso viene negato e il sottomarino si dirige verso Gibilterra, dove rimarrà fermo oltre cinque mesi.

Il guasto è tale che sicuramente una parte del liquido di raffreddamento, radioattivo, si è riversato in mare. Ma gli interrogativi più angosciosi sono altri.

Si è trattato di un evento del tutto imprevedibile o di un difetto strutturale di quel tipo di sommergibili?

A dare una risposta è la stessa marina militare britannica che, dopo l'incidente, ordina a tutti i suoi sommergibili il rientro nelle basi navali e per alcuni mesi li sottopone a riparazioni e verifiche. Sembrerebbe dunque, che il danno del Tireless sia legato a un difetto di progettazione.

Secondo John P. Shannon, ingegnere nucleare americano, anche i sommergibili statunitensi presenterebbero rischi analoghi al Tireless. È l'assenza di un sistema di raffreddamento di emergenza, installato in tutti i reattori impiegati per usi commerciali ma che nei sommergibili manca per ragioni di spazio, a rendere il tipo di incidente accaduto al Tireless così pericoloso: mancando il liquido refrigerante il nocciolo rischia di arrivare al punto di fusione (con conseguente rilascio di enormi quantità di radiazioni).

Una vera e propria mobilitazione per impedire il transito di sottomarini nucleari nelle acque del golfo non è mai stata nemmeno tentata a La Spezia. L'egemonia militare sulla città è fortissima e la prima regola della politica spezzina è quella di non disturbare il manovratore. La posizione di Rifondazione Comunista è un gioiello di ambiguità: dopo aver lanciato due anni fa (a livello nazionale, non strettamente cittadino) la questione, l'hanno accantonata. Adesso la stanno riscoprendo, ma solo per richiedere un "piano di emergenza" anche per i civili.

Dopo la riuscita delle iniziative contro la mostra di armi Undersea defence technology, è probabile che l'ingombrante presenza di queste centrali nucleari galleggianti diventerà uno dei punti più accesi di discussione e di lotta.

Fabio Nardini



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