unlogopiccolo

Da "Umanità Nova" n. 25 del 7 luglio 2002

Voce dal sen rapita
Scajola, le lettere di Biagi, i DS e la CGIL

"Non fatemi parlare: fatevi dire da Maroni se era un figura centrale. Era un rompicoglioni che voleva il rinnovo del contratto di consulenza"
Claudio Scajola

Un mio amico, anni addietro, mi diceva che quando era giovane aveva maturato un deciso disprezzo nei confronti del della classe dominante, in generale, e del ceto politico, in particolare, e che, invecchiando e valutando in maniera equilibrata la questione, era pervenuto al convincimento che da giovane era stato troppo buono. Fuor di burla, la recente affermazione del buon Scajola sembra una prova, se ve ne fosse bisogno, che la qualità intellettuale ed umana del ceto politico berlusconiano non è tale da indurre in noi alcun senso di inferiorità.

Eppure, ritengo giusto spezzare un cerino a difesa del pover uomo. Quando Scajola manifesta il suo disprezzo nei confronti dei tecnici che lavorano per il governo e preparano lo scenario di una società nel quale i diritti dei lavoratori sono carne di porco dice, per l'essenziale, la verità.

È, certo, suggestivo rilevare che un cattolico come Scajola ha dimenticato il motto "de mortibus nisi bono" ma abbiamo già notato come anche i cattolici di destra non siano più quelli di una volta e come, in particolare, siano stanchi della tradizionale untuosa attitudine diplomatica che caratterizzava i loro maestri. Oggi si è affermato uno stile hard che non risparmia nulla a nessuno.

Che, poi, la sinistra parlamentare cerchi di usare questa disavventura per mettere in difficoltà il governo e che i settori meno beceri della destra siano imbarazzati e infastiditi è normale e fa parte del gioco.

Per parte nostra, basta rilevare che Scajola non ci ha deluso e che il nostro giudizio su di lui non muta.

È, invece, interessante notare che questa idiozia ha a che vedere con le difficoltà di gestione, da parte della sinistra, della divaricazione fra CGIL, da una parte, e CISL e UIL, dall'altra, e con il rapporto fra governo e sindacati.

Come è noto, infatti, appena pochi giorni addietro i rapporti fra DS e CGIL hanno subito un raffreddamento che sembrava aver riportato la situazione ad un anno addietro e cioè all'emergere di esplicite tensioni fra la direzione della CGIL e la maggioranza dalemiana dei DS.

Se vogliamo porre l'accento sulle ragioni politiche dello scontro, si tratta dell'opposizione fra un'ipotesi liberale "di sinistra" stile Blair (new labour) incarnata dalla maggioranza dei DS e un'ipotesi laburista un po' old labour incarnata dalla CGIL. Dietro gli schieramenti, diciamo così, ideali, è facile cogliere quello fra una nomenclatura sottogovernativa consolidatasi negli anni del governo di sinistra, una nomenclatura che gestisce quote consistenti del potere locale e della stessa struttura economica (Lega delle Cooperative, Unipol, Conad solo per fare alcune alcuni esempi) e una nomenclatura sindacale preoccupata della propria marginalizzazione e consapevole di non avere un'adeguata rappresentanza politica nello stesso partito di riferimento che, fra l'altro, ha fatto il pieno di iscritti fra i tesserati UIL e dintorni. Non a caso da qualche mese si parla di un possibile nuovo partito del lavoro che potrebbe avere come leader Sergio Cofferati e che potrebbe avere come azionista di maggioranza l'apparato della CGIL. Un partito del genere, la cui nascita è tutt'altro che certa viste le mediocri performance dei precedenti tentativi di dar vita a partiti su base sindacale (basta pensare la triste fine del povero Sergio D'Antoni e della sua Democrazia Europea) assorbirebbe la sinistra DS e la gran parte del PRC e si porrebbe come alternativa credibile agli stessi DS per l'egemonia sulla sinistra.

Che questo partito nasca o meno non è oggi possibile prevederlo, quello che conta è il fatto che la CGIL è oggi il soggetto di maggior peso della sinistra statalista e riformista e che è in rotta di collisione con la componente di maggioranza dei DS su questioni rilevanti sia per quel che riguarda la politica della sinistra che per quel che riguarda il tipo di soggetti partitici che costituiscono la sinistra stessa.

La scelta della direzione DS di non votare un ordine del giorno a sostegno della CGIL, l'avere affidato a un dirigente UIL il compito di bocciare questa stessa mozione sono segnali precisi delle difficoltà che i DS stessi incontrano divisi come sono fra la necessità di ricostruire un radicamento sociale sfibratosi negli anni passati e quella di porsi come soggetto politico affidabile per il padronato nazionale ed internazionale. La pubblicazione delle lettere di Biagi e la confusa situazione che si è determinata a causa di questa pubblicazione sono state, per i DS e la Margherita, assolutamente utili. Di colpo, la discussione si è spostata dal merito delle questioni sindacali alla polemica nei confronti del governo, polemica che permette ai DS ed alla Margherita di presentarsi come avvocati del buon Cofferati senza doverne sposare le posizioni. La pubblicazioni di lettere la cui autenticità è, inevitabilmente, dubbia o, meglio, che sono, per loro stessa natura, manipolabili ha, infatti, messo in imbarazzo prima Cofferati e poi il governo in un colpo solo.

Sull'attacco che la destra ha condotto alla CGIL non ritengo vi sia molto da dire. L'accusa di oggettiva contiguità con il terrorismo utilizzata come una clava contro gli avversari politici e sindacali , infatti, non è proprio una novità, come ben sappiamo. A voler essere, non troppo, carogne potremmo dire che la CGIL sperimenta un trattamento che ha riservato sin troppo spesso alle forze dell'opposizione sociale e non ci stupisce troppo, per diretta esperienza, che non ne tragga un eccessivo piacere. Si tratta, comunque, di un fatto grave e che ci conferma nella valutazione che i gruppi sociali dominanti avranno ancora meno che in passato remore nell'utilizzo della calunnia, del falso, della repressione per colpire chi si oppone alla politica del governo e del padronato e lo fa su posizioni radicali.

Se non sono tutelati i compagni di merenda del governo di pochi mesi addietro, certo non lo sono quelli che, come noi, compagni di merenda non lo sono stati mai né intendono esserlo per il futuro.

D'altro canto, credo che l'opposizione sociale in generale e la sua componente libertaria abbiano maturato una consapevolezza della natura di manovre di questo tipo che permetteranno di reggere a campagne governative basate su meccanismi analoghi. Per tornare all'oggi ed al quadro sindacale, mentre il governo si trova a gestire una situazione, diciamo così, imbarazzante, CISL e UIL si avvicinano alla firma dell'accordo sull'articolo 18 e approfittano della situazione per chiedere qualche ulteriore concessione marginale sulle questioni sulle quali è aperta la trattativa (fisco, sud ecc.) in modo da potersi presentare come le vere salvatrici, apolitiche, per carità!, degli interessi dei lavoratori.

La CGIL sta gestendo, un po' stancamente, per la verità, una serie di scioperi regionali e non è intenzionata ad aprire lo scontro sull'assieme della politica sociale del governo. Ed è proprio a partire dalla natura generale di questa politica e dalla necessità di sviluppare un'iniziativa adeguata che si aprirà, a breve, la vera partita.

Cosimo Scarinzi



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