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Da "Umanità Nova" n. 25 del 7 luglio 2002
Repressione in Argentina
Uccisi due piqueteros
Il 26 giugno a Buenos Aires la polizia è tornata a sparare e ad
uccidere. Darío Santillán, di 21 anni, e Maximiliano Costeki, di
25 anni, due giovani disoccupati del Coordinamento Lavoratori Disoccupati (CTD)
"Anibal Veron" sono stati assassinati dal piombo di poliziotti in borghese
coadiuvati dai colleghi in uniforme. Nonostante i numerosi tentativi di
occultamento della verità che la polizia di Duhalde ha messo in campo,
numerose testimonianze, fotografie e video dimostrano chiaramente che il
governo argentino ha deciso di reprimere nel sangue la protesta dei
disoccupati, dei pensionati e dei senza-casa per bloccare l'esperienza di
autorganizzazione in atto nel martoriato paese sudamericano sin dalle giornate
di dicembre. Allora la protesta di piazza, quella dei caceroleros e dei
piqueteros, spazzò via il governo dei De La Rua e dei Cavallo le cui
politiche ultraliberiste avevano portato il paese alla fame ed alla
bancarotta.
Nei mesi che sono seguiti, un po' ovunque nel paese e nei vari quartieri della
capitale, sono sorte spontaneamente assemblee popolari di vicinato che sono
divenute autentiche fucine di iniziativa politica autorganizzata dal basso.
L'opposizione alle pretese del Fondo Monetario internazionale, la richiesta di
reddito, servizi, case, la sfiducia totale nel "nuovo" governo del peronista
Duhalde ne sono state il segno distintivo.
Particolarmente incisiva è stata l'azione dei vari Coordinamenti dei
disoccupati, attivi già da alcuni anni ed in questi mesi protagonisti di
un movimento di grande radicalità e radicamento nei quartieri più
popolari, dove la mancanza di un'occupazione, di un reddito, di abitazioni e
servizi minimi raggiungono proporzioni drammatiche. La pratica più
diffusa tra i disoccupati è quella del "piquete", picchettaggio delle
principali vie di comunicazione. Il piquete, bloccando la circolazione delle
merci e rendendo difficoltosa la viabilità, costituisce un'efficace
forma di sciopero e lotta che ha incontrato spesso la dura repressione della
polizia. Spesso i piquete sono stati sciolti dalle cariche, dai gas
lacrimogeni, dalle pallottole di gomma degli agenti dell'antisommossa incuranti
che tra i piqueteros vi fossero intere famiglie con bambini, anziani,
disabili.
Sin dal mese di gennaio l'azione della polizia e di vari gruppi paramilitari
contro i Movimenti dei Disoccupati e le Assemblee di quartiere, specie quelli
più radicali ed indipendenti dai partiti si è intensificata. Vi
è stato un progressivo moltiplicarsi di violenze contro il CTD "Anibal
Veron", lo stesso cui apparteneva uno due giovani uccisi dalla polizia la
scorsa settimana. "Lettera 12", popolare quotidiano di sinistra di Buenos
Aires, in un articolo di Laura Vales del 5 maggio, oltre a riportare la notizia
delle gravissime aggressioni subite da vari disoccupati del Coordinamento, ci
fornisce un efficace spaccato dell'ambiente sociale in cui si è
sviluppato il movimento. "Non è difficile riconoscere il quartiere La
Fe. È nella zona meridionale della città di Buenos Aires, a
fianco di una discarica di rottami e ferraglie. Una montagna di automobili che
vanno ossidandosi al sole, fa da riferimento per chi arriva qui per la prima
volta.
L'insediamento ha un nuovo settore, di casotti in costruzione, ancora per
metà mescolati con i rottami. Qui vive Juan Arredondo, il piquetero a
cui hanno sparato il 15 aprile presso l'entrata della Municipalidad, mentre
partecipava ad un blocco stradale per reclamare che i sussidi per la
disoccupazione venissero regolarmente distribuiti.
Arredondo è l'ultima vittima di una serie di episodi di violenza nella
zona sud contro i disoccupati che mantengono blocchi stradali. Il primo di
questi risale al principio di gennaio, una notte in cui Luis Salazar tornava da
una giornata di protesta al Ponte Pueyrrédon. Due sconosciuti lo hanno
raggiunto a pochi metri dalla sua abitazione affondandogli un'arma nello
stomaco. 'Hai visto come è stato facile?', gli ha sussurrato
all'orecchio uno dei due bulli. 'Se ti colpiamo qui, nessuno ti vede'. Il 6
febbraio scorso, 'un automobilista dai nervi fragili', ha assassinato Javier
Barrionuevo durante una manifestazione, nella località di Esteban
Echeverría. A marzo si è verificato un nuovo attacco, questa
volta contro Orlando Rivero, disoccupato di Solano. Un gruppo di sconosciuti
che si muoveva a bordo di due automobili è sbucato ad un incrocio verso
le 5,30 della mattina, quando il ragazzo si avviava verso la panetteria
comunitaria del Movimento dei Lavoratori disoccupati di Solano. Lo hanno
colpito e avvertito: 'Stai attento a ciò che stai facendo'".
I disoccupati aggrediti tra gennaio e maggio vivevano tutti nel municipio di
Lanús, nel quartiere La Fe, feudo del peronista Manolo Quindimil,
l'amministratore più rieletto della storia argentina, abilissimo nel
miscelare populismo e corruzione. A Lanús tutte le strade sono asfaltate
tranne quelle di La Fe, dove le case sono autocostruite dagli abitanti con
fango e rottami su di un terreno che poco a poco viene liberato dalle
immondizie. A La Fe - scrive Luara Vales - "Per avere diritto di accesso a
questi spazi di terreno la popolazione ha dovuto scontrarsi con Quindimil e con
una cooperativa denunciata per truffa. Il loro orgoglio è aver vinto
questa battaglia. Alle undici del mattino risuonano le martellate, i chiodi che
perforano lo zinco e le seghe che tagliano la legna. Il quartiere è
inserito in questo processo di trasformazione che muterà le cassette di
mele in mobili, le lamiere delle più diverse origini ed età in
pareti o tetti, e qualsiasi altra cosa piana servirà per tappare ogni
buco rimasto.
Nell'aria c'è un odore acre, prodotto dai rifiuti chimici sparsi
chissà dove."
La Fe è l'emblema di un ambiente sociale in cui la durezza del presente
si mescola con la speranza e la lotta per un futuro migliore che nel programma
della CTD "Anibal Veron" si riassume nello slogan "Trabajo, Dignidad, Cambio
Social". Per conseguire questi obbiettivi il Movimento dei disoccupati e dei
pensionati mercoledì 26 giugno aveva convocato una ennesima giornata di
lotta, dando vita a "piquetes" in vari punti della città. I picchetti
dovevano essere cinque, tra cui uno al punto di accesso tra Avellaneda e
Baires, dove si erano concentrati i disoccupati della "Anibal Veron" che nel
sud della città sono particolarmente forti. Scrive "Lettera 12": i
piqueteros "si erano riuniti per andare in corteo di fronte alla stazione dei
treni di Avellaneda. Alle 11 e mezza avevano formato una colonna di 200 metri
di ampiezza sulla avenida Hipólito Yrigoyen, tre traverse prima del
ponte.
Un secondo gruppo di manifestanti li aspettava di fronte al Bingo Avellaneda.
C'era sole, e le donne erano occupate a prendere dalle borse il cibo per
pranzare. Nella strada non c'erano bambini. La gente li aveva lasciati a casa
perché esisteva la paura per una eventuale repressione, anche se nessuno
pensava che potesse arrivare nella maniera brutale in cui poi si è
manifestata." "Neanche Dario Santillan, il più giovane dei due morti,
immaginava quello che sarebbe successo. Pagina 12 lo aveva incrociato nello
stesso vicolo dove le piqueteros cominciavano il proprio pranzo. Santillan
aveva accompagnato il giornale poco tempo prima a fare una intervista nel
quartiere La Fe, dove la MTD di Lanus ha una fabbrica di mattoni cotti con i
quali gli abitanti del quartiere vorrebbero rimpiazzare le loro case di
lamiera."
La polizia si inserisce con una squadra in assetto antisommossa tra due gruppi
di piqueteros, cominciano gli spintonamenti, poi parte la prima carica. La
violenza è bestiale: chi cade nelle mani dei poliziotti è
picchiato a sangue, i lanci di lacrimogeni si susseguono ed anche i primi
spari. Le fotografie dimostrano chiaramente che le cartucce esplose, che,
diversamente da quelle di gomma non sono grigie ma rosse, sono di piombo. Altre
foto mostrano l'immagine di un poliziotto in borghese che prende la mira e fa
fuoco per colpire il suo bersaglio. Neka, una piquetera che sta facendo un giro
di conferenze in Italia, ha dichiarato di conoscere bene uno dei due uccisi e
che era sicura che chi aveva sparato non l'aveva certo fatto a casaccio. Dario
Santillan cade nei pressi della stazione. Un testimone riferisce "un ragazzo
(era) trascinato nel posto, sanguinante, la polizia cercava di sollevarlo per
portarlo con sé come prigioniero. ...il ragazzo stava morendo e chiesi
loro di smetterla, perché lo stavano trascinando come fosse un sacco di
patate." Nei pressi della stazione di Avellaneda l'aria è irrespirabile
per i lacrimogeni che la polizia continua a tirare, i manifestanti erigono
barricate e lanciano bottiglie molotov. I piqueteros si disperdono in piccoli
gruppi spesso preda della furia della polizia. Alla fine della giornata il
bilancio sarà di due morti, 90 feriti anche gravi, e circa 160
arrestati. Il commissario Alfredo Franchiotti, esibendo un paio di lividi sul
volto frutto della rabbia dei familiari che lo avevano picchiato all'ospedale
Finocchietto, dichiara "abbiamo agito perché questa gente era disposta a
combattere". Nelle prime ore dopo il massacro al Puente Pueyrredón la
polizia dichiarerà che a sparare fu un elemento impazzito. Le immagini
di Cronìca TV dimostrano che accanto agli uomini in divisa agivano
quelli delle famigerate "patotas", squadre speciali in abiti civili ma con
l'Itaka di ordinanza, un'arma da guerra. Nessuno di loro compare nelle liste
degli operativi: in Argentina da sempre, fanno i lavori più sporchi.
Il giorno successivo migliaia e migliaia di persone manifesteranno in una
piazza de Mayo, trasformata in un fortino quasi inaccessibile da Duhalde,
timoroso che l'esasperazione della gente portasse ad un secondo argentinazo.
Nonostante i vari blocchi alle vie di accesso al centro cittadino ed i numerosi
arresti la manifestazione è imponente.
Maria Matteo
fonti: Indymedia Italia, Indymedia Argentina, intervista a Neka a radio
Ondarossa, comunicati della CTD "Anibal Veron", Lettera 12
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